Alessandro Riccioni: i colpi del respiro

Da Narcyso

Alessandro Riccioni, PERIMETRIE E DISTANZE, La Vita Felice 2015


Ciò che colpisce di questo libro, è la forte assonanza ritmica. Ritmo e assonanza ci portano in un clima lievemente retro in cui il verso sembra non opporsi alla struttura fortemente vincolata a un battito, quasi a una cantilena.
Necessario è il contenuto di questi testi; , non una raccolta ma un canzoniere costruito intorno a un un’unica sezione, tanto che l’andamento metrico sembra funzionale al pianto, alla pena.
Il fatto che lo stile non sembra un’imposizione meramente formale, ce lo dice anche la centralità delle immagini, spesso chiaramente scolpite per non divagare, per non cadere nell’indicibile.
Così, a me sembra, questa poesia dichiara di voler stare, con i propri occhi, dentro gli occhi stessi del lettore percorrendo le strade della partecipazione, del dramma teatrale in cui persona e personaggio finiscono per riconoscersi in uno stesso destino.

*

Allontanarsi è come urlare
decidere il destino di una frase.

Tu che non credi all’acqua scura
io che non leggo le tue mani.
Restano su di noi
i segni della lotta
il sangue amaro nella luce

per una volta non possiamo nulla
se non tacere, avvicinare il fiato
rincorrere una voce.

Vengono notti chiare da lontano
portano sogni scalzi e una parola
di pietra, mentre un amore nuovo
ci corre addosso, ci illude
ci consola.
p. 23

*

Da un angolo del cielo
piovono linee rosse
quasi un reticolo di sangue
un sollevarsi di dolori
nell’aria sgombra dell’autunno.

C’è un grappolo di vero in quel disegno
un lento rovesciarsi delle cose
come per dire “Ecco, ti sia felice il passo”
un ascoltare pietre accovacciate
in mezzo a un verde acceso, a macchie.

Da un cielo così solo
cade una polvere di sole
come un crepuscolo di lingua
un rivelarsi di stupore
nell’ultimo tepore dell’autunno.
p. 20

*

Continuo a scegliere la sera
e un muro alto, intonacato
per ritrovare il caldo
la veste più preziosa del presente.
Guardare indietro è una sconfitta
a volte, eppure tengo il conto
dei giorni di settembre
degli anni fermi, appesi all’orizzonte.
Perché al domani non c’è fretta
né vale il gioco, l’intervallo
del fiato corto che m’invento.
Oggi ricopio le distanze
l’inchiostro brucia come paglia
i muri, gli intervalli
tra lune rosse, attese e meraviglia.
p.30

*

Resta, se vuoi
ascolta il tuo respiro
mentre rileggi il calendario
di nomi che non hanno padri
un dizionario che non ha confini.

Fame è la tua
e fretta.

Tutto si compie
nella più stanca liturgia
di chi non si dà pace
di chi vorrebbe un mondo
e si ritrova solamente pane
duro
scuro
appena tolto dalla brace.
p. 35

*

Portami in alto
sceglimi tu le foglie
toccami alla partenza
raccontami la strada
per il mio monte di cristallo
contami i passi
i colpi del respiro
dai un segreto nome ai sassi.
p. 45

BLOG di Alessandro Riccioni