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alessia e michela orlando: BASTA CON GLI SFREGAMENTI -L'INTERVISTA A GIANFRANCO MANFREDI ARTISTA A TUTTO TONDO DIETRO LA VESTE DA LUI MAGGIORMENTE SENTITA: QUELLA DI SCRITTORE

Creato il 17 agosto 2010 da Gurufranc

alessia e michela orlando: BASTA CON GLI SFREGAMENTI -L'INTERVISTA A GIANFRANCO MANFREDI ARTISTA A TUTTO TONDO DIETRO LA VESTE DA LUI MAGGIORMENTE SENTITA: QUELLA DI SCRITTORE

alessia e michela orlando: BASTA CON GLI SFREGAMENTI -L'INTERVISTA A GIANFRANCO MANFREDI ARTISTA A TUTTO TONDO DIETRO LA VESTE DA LUI MAGGIORMENTE SENTITA: QUELLA DI SCRITTORE

GIANFRANCO MANFREDI: SCRITTORE

Ma anche Artista a tutto tondo; qui, in 14 risposte prive di reticenza, schiette quanto magistrali, ci dà: consigli per diventare scrittori; notizie sulla fine di MAGICO VENTO; una visione precisa di cosa occorra fare di fronte a certe emergenze: se minacciano di spararti e ti puoi salvare la vita dando via ciò a cui più tieni: conserva la vita. È come dire: la salute innanzitutto. E, infine: basta con gli sfregamenti di

Lampade di Aladino!

La cosa che un maschio sfrega di più nella vita è il suo pene. L'immaginazione non si sfrega. Il genio non esce, ci possiede da prima, altrimenti che genio sarebbe? Si scrive perché si sogna, non si sogna di scrivere, lo si fa.

L'INTERVISTA A GIANFRANCO MANFREDI

D. Rompiamo il ghiaccio: ecco, osservi bene la foto. Trenta secondi, non di più. Ci fidiamo di Lei. Chiuda gli occhi. Li riapra e scriva ciò che vuole, purché si tratti di un incipit che poi vorrà usare per il prossimo romanzo, per la futura sceneggiatura, per un nuovo eroe fumettistico. O per una canzone.

 

Giallo è il colore di una pergamena. Sulle scale è bene fermarsi a metà, per riflettere e scrivere. Nessuna fretta di arrivare in cima. Dopo, si può soltanto ridiscendere, forse... perché lassù, quell'ombra somiglia troppo a un catafalco.

 

 

D. Abbiamo letto in qualche pagina del web che vuole evitare a MAGICO VENTO la fine di Ken Parker, rimasto sospeso. E che la vicenda terrena del Suo straordinario personaggio finirà nel 2010. È proprio così, o ha cambiato idea?

 

La serie si concluderà a novembre con uno Speciale che la ripercorre dal principio e la completa con un secondo finale. Non si finisce mai di finire.

D. Vorremmo mettere a parte i lettori di almeno parte del contenuto della Sua mail di riscontro alla nostra (è l'unica scrittagli, con lo scopo di segnalare un nostro articolo e chiedere, con pudore estremo, di poterlo intervistare): Lei ha di se l'immagine di narratore. È, dunque, nato con quella camicia…

 

A nove anni i miei temi scolastici, tra l'altro quasi tutti fuori tema perchè scrivevo sempre quello che mi pareva, già stupivano il mio maestro, che si chiamava Bianchi, ed era un uomo colto, sensibile, eppure roso da una segreta frustrazione: disegnava a carboncino degli splendidi ritratti di Louis Armstrong e di altri grandi jazzisti, strimpellava il piano e adorava scrivere canzoni. Le sottoponeva a Malgoni, un noto compositore di musica leggera dell'epoca, il cui figlio era mio compagno di classe, che (ricordo il suo ascolto a un'esecuzione), non le commentava, ma si diceva disponibile a depositarle in SIAE e a presentarle a San Remo. Il mio maestro ascoltava con un'espressione rassegnata avendo già compreso che non se ne sarebbe fatto nulla. Io venivo da una famiglia artistica. Mio padre era un valente pittore, professore d'orchestra (suonava l'oboe) e inarrestabile scrittore di pagine e pagine di teatro, radiodrammi, racconti, romanzi, ricordi di viaggio e di prigionia (in Kenia, sotto il Kilimangiaro). Durante la guerra e nel dopoguerra aveva dovuto abbandonare i suoi sogni per mantenere la famiglia. Faceva il geometra. Ma continuò sempre a dipingere. Sono cresciuto tra visioni africane. Forse, anzi di sicuro, è stata così che è nata la mia vagabonda vocazione, tra musica, immagini, parole. Ma è al maestro Bianchi che devo la consapevolezza di avere un talento particolare per la scrittura. E prima ancora , è alla mia tata Firmina detta Finfo, una contadina analfabeta, che devo la mia passione per la narrazione. Mi raccontava favole macabre e comiche al contempo, spesso di ambientazione storica, evocandomi un mondo fantastico da cui non credo di essere mai uscito.

D. Lo diamo un consiglio ai giovani scrittori? Anzi infiniti: come possono farsi leggere? È il caso di pubblicare a pagamento? Basta leggere molto, andare all'Università, usare i vari programmi di correzione, farsi leggere e correggere in fasi di editing professionali, per pubblicare cose che forse nessuno mai leggerà? Serve la raccomandazione? È utile andare a bottega?

 

Primo consiglio: leggere. Se non si sa leggere non si sa scrivere. Secondo: non farsi leggere da nessuno, finché non si ha la consapevolezza, a mente fredda, cioé rileggendo molto tempo dopo che si è scritto, di aver scritto qualcosa di quantomeno decoroso. Pubblicare a pagamento? Mai! La scrittura è un lavoro, non si paga per lavorare, si viene pagati. Altrimenti è soltanto un hobby. Lo so che purtroppo oggi molti la concepiscono così, la scrittura. L'anno scorso stavo andando a vedere delle case e la proprietaria di un appartamento mi chiede: "Lei che lavoro fa?" "Lo scrittore". Mi fissa insicura. "Per hobby?" "No, per professione". Silenzio, ma lo so che in quel momento pensava: che professione è? Come si fa a vivere di scrittura? Si fa, si fa. Non servono raccomandazioni del tipo "é un povero ragazzo, però se la cavicchia e andrebbe aiutato". Serve frequentare l'ambiente, andare alle conferenze, conoscere scrittori, editori, altri debuttanti con cui condividere studio e progetti, serve molto aver scritto un bell'inizio, trovare incoraggiamento, qualche editor o lettore di casa editrice che ti appoggi gratuitamente, soltanto perché trova interessante quello che scrivi e come lo scrivi. L'Università serve per studiare e imparare a fare ricerche. Non si ha molto tempo per studiare, nella vita, se non si studia negli anni giusti. La formazione è essenziale. Per scrivere romanzi però non basta, anzi l'Università spesso insegna a scrivere male.

D. Ritiene esista una scrittura creativa? Qualora la risposta sia uno stentoreo e virile SI, l'altra come la si dovrebbe definire?

 

Le Scuole di Scrittura Creativa di solito sono tutto meno che creative. Servono a conoscere persone che stanno seguendo il tuo stesso percorso. Gli insegnanti si dividono in due categorie: quelli che insegnano perché non sanno scrivere, e quelli che scrivono e molto, ma non sanno insegnare. Da qualcuno può arrivare lo stesso qualche illuminazione, ma la creatività se non ce l'hai nessuno te la può dare.

D. Noi, forse con un po' di arroganza, andiamo sostenendo che non esiste una scrittura di genere; che sostenerlo significa perdere la possibilità di farla leggere in ambiti più ampi; che ridurre un romanzo a un genere solo ne svilisce i veri contenuti, la trama, la valenza stilistica, forse anche le intenzioni dell'autore e così via. E ci pare pericoloso: non a caso ci avviamo a fare una polemica con alcuni docenti della Federico II (Università di Napoli) che, aderendo alla impostazione di docenti di Italiano in Canada, sostengono che la nostra letteratura sia noiosa. Siamo certe sia dovuto al fatto che leggono solo quella delle grandi case editrici, quelle che organizzano i concorsi più famosi e che, ovviamente, li vincono. Sosteniamo: c'è una valanga di "cose" ottime in giro: nei blog; tra i cataloghi delle case editrici cosiddette minori; nei cassetti degli scrittori. Si tratterebbe semplicemente di leggerle e farle leggere. Lei si schiererebbe con noi (immaginiamo con altri distinguo) o con i cattedratici?

 

La scrittura di genere esiste eccome. E' una scrittura a obiettivo, che a seconda dei diversi generi, scava in un certo tipo di emozioni. Questo suo limite è anche la sua forza. Ma i generi non sono tutto e si sono talmente mescolati ormai, che di generi puri non ne esistono più. Conoscerli però aiuta. Cosa sia noioso e cosa no, dipende dal livello e dalle attese dei lettori, più che dalla scrittura in sé. Io certi bestseller non riesco a leggerli. Crollo addormentato dopo due pagine, perché seguire una serie di frasi brevi e ripetitive, dialoghi sempre e solo diretti, come una compilazione di battute simil-quotidiane, parole abusate e senza musicalità, passaggi di una prevedibilità sconfortante, be' tutto questo mi deprime. E' come quando si guarda un telefilm. Se intuisci quale sarà la scena successiva è meglio che cambi canale. Ma per altri, è l'affidarsi all'abitudine che viene considerato "divertente", è il non doversi mai dire "non ho capito". Per questi, è imbattersi in un passo difficile, insolito o misterioso che annoia. Questi sono lettori che non riescono a leggere un classico, che trovano Boccaccio incomprensibile, Tolstoi di una noia abissale, Salgari infantile. Se i cattedratici si mettono ad assecondare questo genere di lettori è perché gli è rimasta solo la cattedra e hanno smarrito il motivo per cui l'hanno avuta.

D. Qual è il personaggio da Lei inventato che Le ha dato più soddisfazioni?

 

Ned Ellis detto Magico vento, non c'è dubbio.

D. E quale, tra quelli inventati da altri, ha amato particolarmente?

Un'infinità. Non c'è grande narrativa senza grandi personaggi. Dracula, Hyde, Madame Bovary, Adamo ed Eva, Gesù Cristo, Sandokan, Sherlock Holmes, il Barone Rampante, il Conte Ugolino, il Principe Salina, Amleto, il Barone di Munchhausen, Don Chisciotte, Peter Pan, il giovane Werther... ce n'è una folla. Senza di loro saremmo soli al mondo.

D. Qual è stata la prima invenzione letteraria? A che età?

A nove anni, l'ho detto. Un autoritratto allo specchio. Prima e ultima volta in cui ho scritto qualcosa di davvero autobiografico. Poi ho imparato a vedere oltre lo specchio.

D. C'è qualcosa nel cassetto che ancora non ha avuto il coraggio di pubblicare, a cui non riesce ad apporre la parola fine ?

 

No.

D. Quali sono i libri che spedirebbe nell'Universo per dire di questa nostra umanità, sempre in bilico tra grandi scelleratezze e qualche scatto di neo-umanesimo, di un nuovo Rinascimento?

 

Uno solo. La Bibbia.

D. Le giunge notizia che sarà messo al rogo tutto ciò che ha prodotto. Per quale sua opera si farebbe sparare nel petto per salvarla?

Le consegnerei tutte spontaneamente. Non c'è maggior gloria che il rogo. Dopotutto è sempre meglio che salirci di persona.

D. Ci avviamo alla fine. Riteniamo che le parole siano pezzi di cuore. Non i figli. Riteniamo anche: nei personaggi che via via si inventano, quelli che riversano il proprio modo di vedere il mondo nella carta stampata, negli e-book, nelle illustrazioni, ci dicano di loro soprattutto attraverso i difetti e, perchè no, i loro vizi. Non sono questi che rappresentano la parte più interessante di ogni se? Non è lì che si rinvengono le vere differenze, la sincerità, i desideri profondi dei vari personaggi? Non è così anche nella vita reale?

 

Non c'è sé che non sia altro da sé. Chi scrive per sfogo narcisistico non è uno scrittore di vocazione. Un narratore racconta gli altri. Invito a leggere "Il mio nome è rosso" di Pamuk. Un capitolo è scritto dal punto di vista di un cane, un altro da quello di una moneta, un altro ancora da quello di un colore. Se uno scrittore può essere tutto questo, perché limitarsi ad essere se stesso? E poi i miei amati Lakota dicevano: se vuoi trovare te stesso, cammina coi mocassini di un altro.

D. Ultima domanda: un regalo. Ecco la Lampada di Aladino. Funziona ancora perfettamente. Giacché si è occupato e si occupa ben più di tre forme di Arte, non si limiti a quel numero. Sfreghi pure, quante volte vuole, e ci dica. Sa cosa sta per succedere…

La cosa che un maschio sfrega di più nella vita è il suo pene. L'immaginazione non si sfrega. Il genio non esce, ci possiede da prima, altrimenti che genio sarebbe? Si scrive perché si sogna, non si sogna di scrivere, lo si fa.

Le foto: la nostra Salire Affannoso che ha ispirato la prima risposta A Gianfranco Manfredi.

La seconda: copertina libro Ultimi vampiri, Extended version



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