Magazine Cultura

alessia e michela orlando: BUIO.MISTERIOSE TRACCE DI SANGUE-ORRORI-BRIVIDI-ALESSANDRO NAPOLITANO-LE STREGHE SON TORNATE

Creato il 07 agosto 2010 da Gurufranc

alessia e michela orlando: BUIO.MISTERIOSE TRACCE DI SANGUE-ORRORI-BRIVIDI-ALESSANDRO NAPOLITANO-LE STREGHE SON TORNATE

SEGUENDO LE TRACCE DI UN BRAVO SCRITTORE, INSEGUENDO INCUBI E MALCELATI DESIDERI, SI GIUNGE A BRAVIAUTORI FINALMENTE LIBERI DI PROVARE ORRORE, DI TREMARE

C'è un tipo che scrive: …per dare voce ad alcune persone che conosco.
Li chiamo "amici", sono personaggi irrequieti, con un animo cupo. Molti vivono la strada, contrattano ogni giorno un pezzo di vita. Altri sono emarginati per scelta, consumano piatti caldi in autogrill, dormono negli scantinati.
Tutti loro sfuggono al concetto riconosciuto di normalità, sono schivi e sanno essere violenti.
I miei personaggi non cercano equilibrio e preferirebbero perdere l'identità piuttosto che cercarne una.
Camminano sul filo dell'ombra, attenti a non restare folgorati dalla luce del sole e cauti nell'evitare il baratro delle tenebre.
Le mie storie non hanno nulla di autobiografico, nulla di ciò che narro mi ha mai sfiorato nella vita quotidiana. Io scrivo le storie dei miei amici, con loro spartisco solo lo stesso corpo.

Noi due, talvolta leggiadre indigene di un non luogo quale forse è il web, siamo perplesse. Il web va preso con le pinze, e occorre muoversi mai con la delicatezza di un elefante in un negozio di cristalli; necessario è sapere come tutto ciò che viaggia nell'etere è contemporaneamente delicato e indistruttibile. Basta postare una foto in qualsiasi posto, te ne rendi conto  presto, o forse dopo anni, ma all'improvviso: quella è un'arma che ti si può rivoltare contro. Potrà essere la prova che l'ombra allungata sulla tua coscia apparteneva all'amante della tua migliore amica. E lei, la birbante, la conosce tanto bene, quella labile traccia di essere umano, da chiederti conto di quella carezza lievissima, eppure documentata. Cosa ci dice l'Autore, il reo confesso quindi, di ciò che è scritto in grassetto? Ci narra che scrive per: I- Dar voce a persone sconosciute. Orrenda e criptica affermazione! Chi sono quei bellimbusti? Perché non parlano?

II-Sono irrequieti e hanno l'animo cupo. Vorremmo svanire nel nulla: una ipotesi del genere non l'avevamo mai sperimentata. Quelli, gli amici dell'UOMO NERO (chi altri potrebbe essere?), sono muti eppure si mostrano integralmente nei loro connotati prevalenti: irrequieti e dall'animo cupo. Oh, in che gran guaio ci siamo cacciate. Ma chi ce lo ha fatto fare? Qualche brivido ci conquista, tentiamo di farci coraggio, ma poi arriva il punto successivo.

III-Vivono la strada, la vita se la conquistano momento per momento, scendendo a patti. Con chi? Non riusciamo a fare ipotesi tranquillizzanti; intravediamo ombre maligne e fiamme rosso vivo nelle tenebre della mente. E in quelle dei vicoli di ogni città. Non sono tutti così, ma non è certo una fortuna, giacché gli altri: hanno scelto l'emarginazione, consumano piatti caldi in autogrill, dormono nei scantinati. Qui la mera paura si fa orrore; sentiamo odore di sangue umano; intravediamo denti aguzzi, fauci sempre più spalancate sguardi umani allucinati. Vorremmo fingere di giocare, sdrammatizzare, ridere. Ma qualcosa ci turba ancora di più. E simao al punto IV.

IV-Non sono normali quelle persone; sono schive; sono violente.

Vorremmo fuggire, ma la paura ci attanaglia; le gambe rigide fanno male; i muscoli affaticati avvertono ciò che la mente chiama: MORTE.

V-Non capiterà mai che quelle figure immonde ricaccino il mostro sfuggito dalle profondità delle coscienze; quelli vogliono non essere equilibrate. Preferiscono farsi ancora più mostruose, all'idea di trovare una identità. C'è uno specchio di fronte a noi; tremiamo come fuscelli tra le sferze della bora all'idea di veder riflessi volti ALTRI. E chiudiamo gli occhi.

VI-Non sono immobili quegli indefinibili esseri: si muovono su quel sottilissimo filo, come il taglio di un rasoio, che si colloca tra le ombre e la luce. È l'unico modo per non essere folgorati dall'abbagliare della luce e non cadere nel turbinio dei flutti abissali, nel gorgo che conduce alle tenebre.

Non c'è altro, è qui che finisce tutto. Non c'è lieto fine.

C'è solo la sclera bianchissima degli occhi di ALESSANDRO NAPOLITANO. Sembra guardare ciò che ha scritto, che porge al lettore imprudente nell'accedere al suo sito:

http://www.alessandronapolitano.it/

Noi siamo imprudenti, non coraggiose; folli, non pazze; folli non prive di capacità volitive, ma perverse: dominate dalla voglia di scoprire cosa questo giovane scrittore riesca a inventare per farci tremare di paura. E vorremmo fuggire, davvero, giacché quella immagine, la sua, di giovane uomo che sottolinea i caratteri bianchi, su sfondo nero,  solo undici righi., è inquietante. O forse no? Lo fa con lo sguardo inesplicabile  e privo di riflessi; con i capelli neri leggermente scarmigliati; con una polo forse bordeaux, a maniche lunghe e girocollo; con labbra prive di sorriso. E non si vedono le mani.

Bellamente conclude: non c'è nulla di autobiografico e nulla di ciò che narra gli è mai accaduto. E subito dopo: Io scrivo le storie dei miei amici, con loro spartisco solo lo stesso corpo.

Meno male che noi lo abbiamo visto solo nel web quel corpo che è comune agli amici di ALSSANDRO NAPOLITANO.

È un ottimo scrittore, Alessandro. Noi che, come sempre, non abbiamo la patente per distribuire patenti, da lui, da ciò che scrive, riceveremo molti insegnamenti per una buona scrittura. E molti brividi mortali e magici.

Quello che segue è un suo brevissimo racconto. Anticipiamo che in un prossimo articolo lo sfrutteremo in una chiave diversa. Altri suoi racconti possono essere letti qui:

http://www.alessandronapolitano.it/racconti.html

Ma leggete prima VIVIANA. Non addormentatevi, non sognate, qualcosa di spaventoso potrebbe ghermirvi. E tremate, che le streghe son tornate.

VIVIANA

Il bagliore del fuoco illuminava la collina, là dove cinque pire si consumavano una accanto all'altra. L'aria della notte era calda, il crepitio del legno si confondeva con i rumori del bosco e la luce della luna era offuscata da colonne di fumo che sembravano sorreggere il cielo.

Viviana chiuse la finestra, raccolse i capelli in un fiocco di stoffa e si avvicinò allo specchio. La frangia rossa copriva la fronte, esaltando gli occhi verde smeraldo.

Presto l'avrebbero trovata, lo sapeva bene.

Accanto a lei, un pentolone panciuto e nero poggiava su quattro tizzoni ardenti e al suo interno decine di bolle d'acqua iniziarono a gorgogliare. Un libro era posato sopra un tavolo di ferro, tra una candela accesa e una ciotola colma di terra.

Sfiorò il tomo, accarezzando il rilievo di un esagramma.

Maria, sua cugina, stava bruciando legata a una di quelle pire. Si diceva fosse una strega, il paese l'aveva dapprima isolata e poi affidata al giudizio della chiesa e con essa a quello di Dio.

Viviana aprì un'ampolla e scelse nove petali di rosa, quattro bianchi, tre rossi e due blu. Sfogliò il libro fino alla pagina centrale, ci posò sopra i petali disponendoli in cerchio. All'interno di esso, spalmò un cucchiaio di miele, versò un bicchiere d'olio di foca, aggiunse due chiodi di garofano, quattro fili di ragnatela, del rosmarino e un pizzico di terra pescata dalla ciotola.

Terra speciale, s'intende, quella usata per seppellire i morti.

Maria avrebbe confessato, non aveva dubbi. Era una ragazza introversa e timida che male sopportava uno scherzo ingenuo, figuriamoci una tortura o un'esecuzione. Avrebbe raccontato di sua cugina e di quando riuscì a fare parlare un gatto. Oppure, di come con un intruglio salvò lo zio da morte certa. I ben pensanti, protetti dalle loro croci d'oro e osannati dall'ignoranza del popolo, non avrebbero esitato a emettere una nuova sentenza. Un altro palo sarebbe stato conficcato sulla collina e altra carne avrebbe bruciato sul rogo.

Viviana si liberò di quei pensieri. Impastò gli ingredienti a mani nude, amalgamandoli con acqua di mare; strappò la pagina del libro, piegandola con premura e senza disperdere il preparato. La tenne sospesa sopra il pentolone e con la candela accesa diede fuoco alla carta.

Avvertì delle grida provenire da fuori, erano a pochi passi dalla casa.

- Circondate le mura, tenete a bada la finestra, quel demonio non ci scapperà.

Era stata previdente. La carta bruciò e la cenere cadde nel recipiente. Con il mestolo girò l'intruglio per tre volte in senso antiorario, chiuse gli occhi e raccolse dell'acqua bollente.

- Sfondate questa porta. Avanti, sfondatela e prendiamo quella bestia. - Urlavano.

La porta tremò sotto un colpo assordante. Viviana portò l'acqua alla bocca e prima di ingerirla pronunciò:

- Natura suprema, regina dell'impossibile, volgi lo sguardo e rendimi invisibile.

La serratura saltò e un tonfo precedette quattro uomini armati di forconi e torce.

L'aria della notte, carica dell'odore acre del fumo, lasciò il posto a una fragranza di fiori.

- Dove sei maledetta strega, esci fuori!

Nessuno rispose.

- Cercate ovunque, deve essere qui.

Viviana sciolse il fiocco di stoffa dai capelli, sorrise nella direzione dello specchio senza che questo potesse riflettere il saluto.

FINE

Questo racconto è dedicato a tutte le streghe. Passate, presenti e future.

Nella foto: una copertina scaricata dal sito di ALESSANDRO NAPOLITANO.



Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :