alessia e michela orlando: CHI E' QUELL'UOMO CON I CAPELLI LUNGHI E BIANCHI? QUEL RE E LA SORELLA HANNO UN RAPPORTO INCESTUOSO?-MONNA LISA-MINACCIATO UN ATROCE DISTACCO

Creato il 26 agosto 2010 da Gurufranc

Per dipingere un ritratto come quello

non è sufficiente essere un grande artista:

occorre saper penetrare in tutti i più

riposti segreti del cuore femminile,

vero labirinto di dedalo, matassa che

neppure il diavolo saprebbe sbrogliare.

Ecco qui per, esempio, la si può

giudicare modesta, umile, quieta,

con quelle mani congiunte come una

monacella; eppure, vatti un po' a

fidare, va' un po' a scrutarle

in fondo all'anima!

Re Federico I a Leonardo, additando la Gioconda

  

LEONARDO DA VINCI

LA VITA

DEL PIÙ

GRANDE

GENIO

DI TUTTI

I TEMPI

 

DIMITRI MERESKOVSKIJ

GIUNTI

 

 

Che ci fanno in una notte cupa, su una strada mal selciata, tra rami che sofferenti si torcono sinistramente, due uomini? Chi è quello con i capelli lunghi e bianchi? Dove vanno? E tra quel re, Francesco I, e la sorella Margherita, c'è un rapporto incestuoso? Cosa si dicono in una stanza riscaldata? Perché la donna ha una lacrima sul ciglio?

 

 

 

Un libro fatto di materia incandescente: genio, fantasia, arte alla ennesima potenza, un presunto incesto, raccontata con una potenza narrativa tutta russa, Mereskovskij ha intrecciato il destino del più grande genio di tutti i tempi con i cinquant'anni a cavallo tra XV e XVI secolo: un periodo storico che segna la fine del Medioevo e dell'Umanesimo e lo sviluppo del Rinascimento. I personaggi che danno vita a queste pagine – Savonarola, Cesare Borgia, Machiavelli, Ludovico il Moro, la splendida e misteriosa Monna Lisa del Giocondo – con i loro intrighi amori e battaglie esercitano uno strano potere sul lettore e lo coinvolge in un'atmosfera di misteri, arte, paganesimo e fede cristiana.

 

 

Federico I. nell'occasione in cui dialogò con Leonardo da Vinci, era ammirato: quella immagine lo coinvolgeva e, senza sapere quanto inchiostro sarebbe stato speso per dirne dei pregi e dei misteri incarnati in una immagine bidimensionale di donna, contribuiva ad acuire i presupposti del mistero. Lo guardò e tirò fuori il meglio di se, uomo che le donne amava in ogni occasione possibile; come narra Mereskovskij: le sue campagne militari erano un carosello di dignitari, buffoni, nani, astrologi, cuochi, negri, battitori, ecclesiastici, seguiva il sovrano anche un gruppo di "ragazze allegre" sotto la protezione e la guida di una "venerabile dama", Giovanna Lignières. Partecipavanoa tutte le feste, non escluse le processioni religiose. E la corte si fondeva con quella specie di lupanare ambulante, così che riusciva difficile stabilire una linea di demarcazione tra l'una e l'altra: le "ragazze allegre" erano anche un pochino dame di corte, le dame di corte dal canto loro avevano in comune con l'altro gruppo quel tanto che occorreva per procurare ai loro mariti, tra l'altro, il collare d'oro dell'Arcangelo Gabriele. La prodigalità del re nei confronti delle donne era illimitata. Imposte e balzelli crescevano ogni giorno e nonostante questo il danaro faceva sempre difetto. Quando non fu più possibile nulla al popolo, Francesco cominciò a farsi consegnare dai suoi dignitari gioielli e vasellame prezioso; una volta per batter moneta fece fondere il cancello d'argento del sepolcro del grande santo di Francia Martino di Tours…

È il re Federico I che, nella stessa occasione in cui cerca di dire a Leonardo cosa veda nell'immagine cui sta lavorando, tira fuori il meglio di se auto-citandosi. Usava scrivere versi nei momenti di meditazione e ne aveva scritto anche sulla perfidia femminile. Non aveva usato inchiostro: aveva inciso con un diamante sul vetro di una finestra nel castello nel castello di Chambord:

Souvent femme varie,

bien fol est qui s'en fie!

Leonardo si allontanò dirigendosi verso un angolo dello studio, come volesse defilarsi da un momento di imbarazzo; finse di spostare verso una migliore condizione di luce un altro quadro su cavalletto.

Al re si avvicinò de Saint-Gélais; curvandosi leggermente e a mezza voce: Non so se la cosa sia vera, Maestà, ma mi hanno assicurato che non soltanto monna Lisa del Giocondo, ma nessun'altra donna è mai stata amata in vita sua da quell'originale che, insomma, sarebbe ancora vergine…

La voce si fece ancora più sommessa e, con un sorriso ambiguo, aggiunse cose sconce sull'amore socratico e la bellezza straordinaria dei discepoli di Leonardo e sui costumi licenziosi dei maestri fiorentini.

Tra i due, con un guardingo, prudente, riservato Michelangelo quale osservato discreto e indaffarato, si sviluppa un dialogo surreale sulla sua arte pittorica. L'attenzione del re viene attratta da un cartone non terminato: E quello cos'è? Il poeta di corte azzardò una risposta: A giudicar dalla corona di pampini e dal tirso, dovrebb'essere Bacco.

E il re: Ah…E quell'altro laggiù?

De Saint-Gélais, dubbioso: Mah…Che sia un altro Bacco?

Francesco, sorpreso: I capelli, il seno, il volto son quelli d'una fanciulla. E somiglia un poco a monna Lisa, guarda: ha lo stesso sorriso.

D e Saint-Gélais: Sarà forse un Androgino.

Stavolta il re non può fare a meno di ostentare la sua scarsa cultura: chiede conto di cosa sia un Androgino. Il poeta di corte può finalmente dispiegare la sua cultura e raccontare la favola di Platone sugli esseri a doppio sesso, più belli e perfetti degli uomini, figli del Sole e della Terra; partecipi di due principi, così forti e presuntuosi che, imitando i Titani, avevano potuto ribellarsi agli dei cacciandoli dall'Olimpo. È qui, in questo esatto frangente, che Giove ebbe il colpo di genio utilitaristico. Riesce a non pregiudicarsi la possibilità che gli siano rivolte preghiere ed eseguiti sacrifici. Con un uso chirurgico delle sue folgori li aveva divisi esattamente a metà. Platone aveva fatto l'esempio delle campagnole che con un filo o con un capello tagliano le uova. Da allora gli uomini e le donne, esseri non più privi di angosce, si cercano in un desiderio amoroso che è, in realtà, tendenza a riunire la primitiva unicità dei sessi.

Torna, in questa vicenda, l'uovo e il concetto che rappresenta, tanto rilevante anche nella Cultura napoletana (basti pensare a Castel dell'Ovo, a Pulcinella…).

Il poeta di corte de Saint-Gélais si inoltra in spiegazioni che lo rendono dubbioso, non arrogante protagonista del dialogo: Può darsi che mâitre Léonard in questa creazione della sua fantasia abbia voluto ridar vita a ciò che più non esiste in natura, ricongiungendo i due principi, maschile e femminile, disgiunti dagli dei.

Francesco non perdeva l'arroganza emersa dal suon sguardo nel guardare monna Lisa e: Risolvi i nostri dubbi, maestro. Chi è Bacco o Androgino?

Leonardo, arrossendo: Né l'uno né l'altro, Maestà. È san Giovanni Battista.

A meraviglia fu lasciata esplodere in una sola frase: San Giovanni Battista? Ma è impossibile! Per carità, che stai dicendo?

Il quadro fu finalmente osservato più attentamente: sullo sfondo scuro c'era una lieve croce di giunco. La testa fu scossa leggermente. Nel misto di sacro e profano, solo apparentemente sacrilego, c'era qualcosa di estremamente seducente. Si rese conto, il re, come non fosse il caso di indagare l'inesplicabile materia che caratterizza la mente di un artista e: Mâitre Léonard, compro i due quadri: Bacco o san Giovanni che sia, emonna Lisa del Giocondo. Quanto ne vuoi?

Leonardo non seppe vincere la sua timidezza e: Maestà, i quadri non sono ancora terminati. E io pensavo…

Il re, interrompendolo: Assurdo! Niente, niente. Puoi finire il san Giovanni, se vuoi posso benissimo aspettare. Ma quanto alla Gioconda, ti proibisco di metterci ancora le mani: tanto non potresti migliorarla certo! E voglio averla subito nelle mie stanze, capisci? Dì pure il prezzo che ne vuoi, non temere, non starò certo a lesinare.

Ciò che segue è un dialogo sempre più imbarazzato di un Leonardo che ormai ha colto come l'epilogo sia un volgare mercanteggiare, un incessante gonfiarsi del prezzo in scudi, che il re vorrebbe imporre, ma con apparente magnanimità. Non aveva mai offerto a nessuno somme come quelle che proferiva, rialzandole senza che l'autore avesse mostrato disappunto da incongruenza. Egli avrebbe voluto lanciarsi ai suoi piedi, piangere, supplicarlo. Non voleva privarsi della Gioconda. La sua emozione intensa dovette essere percepita dal re, ma fraintesa, tanto che lo abbracciò, riabbracciò e: Allora siamo d'accordo eh? Quattromila. Puoi ritirare la somma quando credi. Domani manderò a prendere la Gioconda. E sta' sicuro che saprò sceglierle un posto di tuo pieno gradimento. Ne capisco perfettamente il valore, io, e saprò conservare il quadro alla posterità.

Il re abbandonò la scena e Leonardo crollò in poltrona. Il suo sguardo smarrito era stabilmente appuntato sulla Gioconda. Avrebbe voluto risolvere il problema. Come fare? Nascondere il quadro? Spedirlo in Italia con Francesco Melzi? Fuggire con il ritratto e non separarsene?               

L'ora blu si approssimava. Francesco Melzi ogni tanto si accostava prudentemente allo studio. Sbirciava il maestro e non trovava la forza per parlargli. Leonardo era immobile in poltrona. Gli occhi sempre fissi sul ritratto, su quella donna ormai morta. Nelle tenebre il volto emaciato, da morto, era sempre immobile. A notte fonda il maestro Leonardo irruppe nella stanza di Francesco Melzi: Alzati, Francesco. Andiamo al castello. Ho assoluto bisogno di vedere il re.

Francesco Melzi trasalì, ma mantenne la calma: È tardi, maestro. E poi siete stanco, oggi. Vi ammalereste ancora: siete già indisposto…Non è meglio rimandare a domani?

Leonardo: No, subito. Accendi la lanterna e accompagnami. Del resto, è inutile: se non vuoi venire, andrò da solo.

Francesco Melzi zittì. Di lì a poco erano entrambi diretti verso il castello. La strada in salita; mal selciata; Leonardo affaticato, procede lentamente al braccio di Francesco Melzi; la notte è cupa, afosa; i rami torti dalle raffiche del vento, sembrano spaventati; le chiome smosse ogni tanto lasciano intravedere le finestre illuminate del castello imponente; una musica da lì partita giunge alle loro orecchie.

Il re è a tavola; cena con amici: le donne sono obbligate a bere in una coppa di argento. Sul bordo e sul piede della coppa sono sbalzate figure lascive; le reazioni sono le più diverse: ci sono ragazze che ridono, altre che arrossiscono, altre ancora piangono, qualcuna di adira, qualcuna finge di essere mentalmente assente.

C'è anche la sorella del re, la principessa Margherita: la Perla delle perle. Tutti sono affascinati da lei, ma lei ama il fratello. Le sue debolezze sono per lei perfezioni e i vizi sono virtù; il volto faunesco è un volto da Apollo; darebbe la vita per lui e sarebbe disposta a: …non soltanto a disperdere al vento le ceneri del proprio corpo, ma a far totale rinuncia anche alla propria anima.

Il fratello abusava di quell'amore incondizionato: correva voce che i due andassero ben oltre l'amore fraterno. Quella sera doveva esordire nel rito della bevuta dalla coppa una nuova fanciulla: è quasi una bimba, nobile. È stata stanata dalla stessa Margherita in un lontano castello brettone e portata a corte. La bimba non deve fingere alcunché: è davvero spaesata e non sa cosa sia rappresentato nelle scene lussuriose della coppa. Gli sguardi di tutti la imbarazzano. Arrossisce. Sono sguardi espliciti. Il re se la gode e il suo umore è ottimo. All'improvviso annuncio dell'arrivo di Leonardo e di Melzi è sorpreso; decide di riceverlo con la sorella Margherita. Il maestro è imbarazzato, a capo chino. Tutti gli fanno ala, osservandolo con sorpresa e ironia. Egli è alto; emergono i suoi capelli lunghi, bianchi, lo sguardo timido. Trasporta con se un mondo a tutti sconosciuto. Entrano in una stanza riscaldata. Il re vuole offrirgli tutto ciò che ha: carne, anche se sa che non ne mangia, legumi, frutta…Si chiede se la presenza della sorella lo imbarazzi. Ma Leonardo spera che la donna lo appoggi nella sua preghiera. Svela la ragione della visita: il quadro. Finalmente riesce a chiedergli di lasciargli il quadro fino alla morte. Margherita si avvicina al fratello e gli evidenzia come sia evidente l'amore di quell'uomo per quella donna. E il re: Ma se è morta?

Infine cede, gli batte una mano sulla spalla e: Non temere di nulla, amico mio: hai la mia parola che nessuno ti separerà mai dalla tua Lisa.

Mereskovskij ci regala anche una ulteriore immagine: Una lacrima brillò sul ciglio di Margherita. Con un dolce sorriso la principessa porse la mano al vecchio, che in silenzio vi depose un bacio. In quel momento l'orchestra attaccò un ballabile, e le danze s'iniziarono.   



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