Magazine Cultura

alessia e michela orlando: L'INDECENTE DECISIONE-BUTTARE VIA LE MASCHERE-GIUNGERE NUDI ALLA META

Creato il 05 agosto 2010 da Gurufranc

alessia e michela orlando: L'INDECENTE DECISIONE-BUTTARE VIA LE MASCHERE-GIUNGERE NUDI ALLA META

A NAPOLI E A TAVOLA NON SI BUTTA NIENTE

E NOI: BUTTIAMO VIA LE MASCHERE!

GIUNGERE NUDI ALLA META-GUARDARE IN FACCIA LA REALTÀ

ANCHE SE SOLO LETTERARIA

LA CRUDA NARRAZIONE DIN UN MONDO-DI GIULIA CARMEN FASOLO

   NOI NON ABBIAMO PAURA-o almeno vorremmo non averne più   

In fondo il libro:

DA V ICINO NESSUNO È NORMALE

IL PUNTO DI NON RITORNO

DI GIULIA CARMEN FASOLO

EDIZIONI SMASHER [email protected]

SI EVIDENZIA: I- Il ricavato delle vendite è devoluto, come specificato in una nota interna al libro, a cooperative di tipo B. Sono quelle che prevedono l'inserimento lavorativo di "persone svantaggiate". II- Edizioni Smasher ha assunto una iniziativa di promozione editoriale con forti sconti sul prezzo di copertina.

 

È una operazione che neppure James Bond saprebbe gestire. È antipatico essere prese in parola. Sarebbe da sprovveduti pensarlo e immaginiamo i commenti: Arrivano queste due Carneade; buttano quattro fesserie nel vento a volte lieve a volte turbinoso dell'etere; si ergono a paladine di qualche malcapitato, quando va bene; ci fanno sentire l'odore della pizza qui e di qualche altra prelibatezza là, senza mai prenderci davvero per la gola; ostentano chissà quale coraggio dietro la parola CULO, dimenticando che sempre e solo di aria fritta si tratta e, tome tome, saltano sul predellino di un'auto o su uno sgabello da cesso, cosa facile da farsi e dirsi a 25 anni, e si mettono a pontificare. Vorremmo proprio vederle nella vita privata, queste due mocciosette! Ma andate a lavorare, andate, andate, andate…

E magari si potesse, tutto ciò. Che fortuna sarebbe. Facendo come il gambero: I- Andare a lavorare con costanza, tutti i giorni, quanto basta; II- Saltare su uno sgabello, che il predellino non ci piace, e dire qualcosa di autentico e rilevante. Ma poi: scendere e attendere che altri, che tutti, lo facciano. Pure quelli afoni, magari con i megafoni o a gesti. Vorremmo tanto ascoltare tutti, senza esclusioni e senza censure. È quello il nostro vero desiderio: veder realizzato il diritto di parola, ma senza infingimenti, senza prevaricazioni, con serenità interiore e nell'ambiente giusto per farlo dicendo tutto, senza ciurlare nel manico e senza censure. III- Prendere per la gola qualcuno: se significa cucinare qualcosa di buono, sapendolo davvero fare, per fidelizzare i lettori e invogliarli a leggere, a conoscere davvero Napoli, Palermo, Roma, Firenze, Bologna…a tentare di conoscere davvero le loro mille anime, a tentare di conoscersi, fino all'ultimo momento, almeno per sapersi dire: questa cosa mi piace; questa era scotta; quello non mi piace; questo è insipido, quello era salato, questo è poco, quello era troppo, ebbene siamo disposte a organizzare un tour eno-gastronomico e cucinare per tutti. E lì, in quelle occasioni, magari chiedere e chiedersi: meglio sotto o sopra? Meglio fottere o comandare? Meglio comprendere questo mondo, con lucidità non legata al bisogno, pensando al futuro che non può non accomunare, concludendo: siamo tutti quali. Quale comandare, quale sotto o sopra, mica tutto si può ridurre all'accomodamento su un materasso e alla sua durezza! Insomma: lo abbiamo detto, lo ripeteremo tra un attimo, togliendoci del tutto la prima maschera. Tra poco, giacché, non possiamo negarlo, anche su questo non siamo state tempestive: è venuta nel nostro mondo, ce l'abbiamo forse tirata, senza trabocchetti, per fortuna non ci servono, una giovane donna, quali pure noi siamo. Ci è venuta, crediamo ci resterà, lo desideriamo, con una prontezza scenica alla Rinaldo in campo: abbiamo visto in qualche scena Domenico MODUGNO, artista italiano del quale purtroppo non sappiamo molto per la solita storia della giovane età, e ci ha colpito la sua irruenza. Le donne non fanno così: le donne si mettono di profilo, ti guardano languidamente con sguardo obliquo, sfiorandoti, muovono con eleganza sempre antica, eppure innovativa, il proprio corpo ed entrano nella tua vita. Senza esimersi dal porsi domande che dimostrano le proprie debolezze. E dunque il proprio coraggio, la propria grandissima e incancellabile forza. Il risultato è identico a quello conseguito da Modugno-Rinaldo: si mettono al centro della scena e tu non puoi più distogliere lo sguardo. D'altronde perché non farlo? Considerazione intelligente: mica è possibile tenere sotto osservazione per tutta la vita tutte le persone (non vogliamo escludere nessuno solo in base al genere)…Il cervello è uno solo.

È vero: ognuno ha un solo cervello. Ma dalle potenzialità straordinarie e, poi, mica accade spesso che qualcuno davvero voglia conquistare lo spazio scenico della tua mente. Lo ha fatto, abbiamo descritto i tratti salienti del suo irrompere, GIULIA CARMEN FASOLO, Edizioni Smasher. Noi non vogliamo questa vicenda rivesta i contorni del fatto privato. Non abbiamo problemi a dire che per noi era una perfetta sconosciuta, sul piano del nome e delle cose che ha fatto nei suoi primi 32 anni di vita. L'intenzione era conoscere e far conoscere Edizioni Smasher sneza sapere nulla, ignorando fosse retta da una donna e inserita nell'ambito di una associazione. Resta ancora una sconosciuta, Giulia. Lo sarà sempre, giacché nessuno mai conosce davvero gli altri e, d'altronde, non potremo mai avere una frequentazione amicale quotidiana. Ciò non toglie che si possano fare tratti di strada insieme. Questa considerazione ci porta lontano, ci trascina indietro nel tempo, a quando masse di commercianti, fedeli, avventurieri, crociati, prendevano la strada Romera o, se volete, ma è lo stesso, la via Francigena e, diretti verso lo stesso luogo, con intenzioni diverse, si intrattenevano o venivano intrattenuti dal prete di turno, nell'ascolto di novelle. Ne I racconti di Canterbury, XIV sec., Geoffrey Chaucer  ci dà un esempio di tutto ciò. È una raccolta di racconti scritti, due in prosa, il resto in versi. Tutte le storie, alcune delle quali contenute in una sola cornice narrativa, sono narrate da un gruppo di pellegrini provenienti dal Southwark e diretti al santuario di San Tommaso Becket, situato nella cattedrale di Canterbury. Nell'opera, iniziata intorno al 1387, ogni pellegrino avrebbe dovuto narrare quattro diverse storie, due all'andata e due al ritorno, utilizzando l'inglese dell'epoca, ovvero quello medioevale.

È solo un esempio di genere letterario, antico e attuale, caratterizzato dalla cornice che contiene i racconti; altri se ne potrebbero fare: le Metamorfosi di Publio Ovidio Nasone, in cui sono narrate storie e leggende mitologiche delle antiche Grecia e Roma; Le mille e una notte in cui la saggia Sharāzād tenta di sviare l'attenzione del sultano e indurlo a salvarla dalla condanna a morte raccontandogli vicende affascinanti; il Decamerone di Boccaccio, ambientato nella Firenze appestata, in cui in dieci giorni dei giovani si scambiano racconti. Un esempio straordinario lo troviamo anche nel SUFISMO, dove il linguaggio degli uccelli è un mistico linguaggio angelico: è un poema mistico, di 4647 versi, scritto dal persiano Farid al-Din al-Attar nel XII IL VERBO DEGLI UCCELLI (Mantiq at-tair), che narra le vicissitudini di uccelli partiti alla scoperta di dio. Incontreranno se stessi in un castello, dopo aver ascoltato racconti.

Anche Giulia Carmen Fasolo ci narrato delle storie, inserite in una cornice, il virtuale. Ciò non toglie che le storie nel web possano avere contorni precisi, essere ben delineati. E se talvolta dovesse venire il dubbio, occorrerebbe saper coniugare le vicende della vita, anche recenti, con ciò che accade nel mondo di internet. Questo consente di aggiungere carnalità, sostanza, alle parole scambiate attraverso un video e ridurre il peso delle vicende reali, attribuendo loro la giusta importanza.

La coincidenza che abbiamo rilevato in questo momento, quando già si è fatto più solido il rapporto con Giulia: la morte di ELVIRA GIORGIANNI SELLERIO, la grandissima siciliana che inventò SELLERIO EDITORE PALERMO, che nella prima collana, LA civiltà perfezionata, ospitò Leonardo Sciascia con il suo L'affaire Moro.

Per noi questa casualità ha un senso e vorremmo tanto che tutto si compisse in un battito d'occhio, che il Disegno si perfezionasse presto. Accadrà questo: la sicilianità di Giulia, che è universalità, coniugata con il suo potente senso di civiltà e giustizia, sarà anche da altri accostata alla indole e alla figura di Elvira Sellerio. Ciò trascinerà Edizioni Smasher in una dimensione altra e più ampia.

Giulia, alla fine dell'intervista che abbiamo tanto amato e tanto ameremo, ci chiedeva che fine abbia fatto un nostro lavoro in corso: DIABOLIKA. Ebbene, Diabolika è un insieme di racconti racchiusi in una sola cornice, retti da una idea di fondo: il male è diabolico e alligna ovunque, dappertutto e con la stessa crescente intensità. Ci sta portando in mille luoghi, in viaggio orrendo eppure di verità. D'altronde, come rileva William Blake in A Descriptive Catalogue of Pictures, Poetical and Historical Inventions: «I caratteri dei pellegrini di Chaucer sono i caratteri comuni ad ogni epoca e ad ogni paese; un'epoca tramonta e un'altra ne sorge, differente agli occhi dei mortali, eppure identica ad occhi immortali.» 

 

La concezione della malattia mentale in realtà non è mai mutata completamente, neppure dopo la legge Basaglia del 1978. La storia di Giusy Fasolo ce lo insegna, dandoci le colpe che abbiamo, privandoci dei paraventi dietro i quali noi del settore della psichiatria e della psicologia spesso ancora oggi ci nascondiamo. Tracciata, così, la nostra prima colpa.

Il disavanzo tra malattia e umanità, relativamente a due fronti che vedono contrapposti chi ritiene di avere il compito di "sostenere clinicamente la patologia psichiatrica" e chi pensa di dover difendere la dignità di colui che viene etichettato come disagiato, in realtà fa ancora fatica a trovare compensazione, se non una unione concettuale. Vi sono taluni operatori che guardano al soggetto pensando prima alla nomenclatura del suo disagio psichico e poi, eventualmente e se resta tempo, all'umanità calpestata che smette di assumere le forme di dignità, diritto e voce. E qui è necessario assumersi una seconda colpa.

Il malato mentale è spesso considerato - prima ancora di essere una persona - solo un oggetto che procura fastidio, un successo o un non successo terapeutico, una cavia sulla quale sperimentare da un punto di vista clinico e farmacologico, con poca progressione scientifica. Troppo spesso ancora ci si scorda che i colli inclinati, gli occhi fissi e appannati, i dondolii, l'interruzione della parola e apparentemente delle relazioni con l'esterno, sono in realtà molto spesso frutto delle nostre mani e delle nostre firme su fogli clinici, su cartelle, su dichiarazioni di malattia, su farmaci prescritti, su sentenze facilmente rintracciabili in una ortodossia clinica che va smantellata.

Il collo inclinato di Giusy Fasolo contro "lo sporco del finestrino", il suo arresto e la sua infinita notte presso la Caserma dei Carabinieri di Barcellona Pozzo di Gotto, l'etichetta di "bandito in gonnella" sviluppata dai quotidiani locali (Gazzetta del Sud e Giornale di Sicilia), la sua breve permanenza nelle carceri messinesi di Gazzi, il suo lungo (2 anni e 9 mesi) periodo in O.P.G. "Ghisiola" a Castiglione delle Stiviere, la sua odissea familiare e individuale, la solitudine consequenziale, non sono stati sempre e soltanto prodotti della sua patologia psichiatrica: spesso sono stati conseguenze devastanti di un servizio socio-sanitario presso il quale, in realtà, la bandiera della nuova psichiatria tarda ad arrivare. Sono stati prodotti di una somministrazione farmacologica spesso sconsiderata, di una valutazione non ponderata, di una pressione di potere clinico discutibile, di un peregrinare terapeutico che ha riproposto negli anni lo stesso peregrinare subito da Giusy durante l'infanzia quando, per essere allontanata dalle violenze del padre e per darle un blando aiuto comportamentale, veniva alloggiata negli Istituti.

Rappresentando un insuccesso terapeutico, il suo caso veniva "posato", lasciando ad altri un compito impossibile: guarirla. Così, Giusy Fasolo negli anni non è stata seguita, presso i servizi socio-sanitari della sua città, da un solo professionista, ma da diversi. Gli esiti e i risultati ciascuno di noi li conosce bene, li rivede ogni giorno in lei. Chi ha colpa di tutto questo dovrebbe chiedere scusa alla famiglia Fasolo e Panté, poiché i tempi sono maturi da molti anni ormai.

Ho conosciuto Giusy Fasolo e con forza posso affermare che danni evidenti sono stati fatti a carico della sua vita e di quella dei suoi familiari nel corso degli anni. La sua storia dovrebbe servirci da monito, divenendo un richiamo di coscienza per chi deve vedere anche al di là del ruolo che ricopre. Non abbiamo una poltrona e una scrivania per devastare la vita di qualcuno o per gestirla secondo parametri che appartengono a comparti stagni, alle nostre personalissime valutazioni, a manuali diagnostici letti e studiati in malo modo.

Il ruolo che ci viene affidato, nel pubblico o nel privato, dovrebbe assumere il dovere del sostegno, della cura, della prevenzione, del rinforzo della salute mentale, dell'accoglienza e dell'ascolto dei tratti di chi abbiamo di fronte.

Quello che viene definito malato mentale è un uomo, è una donna, è un soggetto che pone in essere di fronte a noi - e alle nostre talvolta falsate evidenze - richieste di nuove attenzioni, di regolazioni migliori nella somministrazione farmacologica, di assenza di contenzione, di azioni ergoterapeutiche programmate, etc. Richiede una rivalutazione da parte nostra di concetti e astrazioni, di nomenclature e aggettivi. Ma che sia una rivalutazione vera, e non solo una formula da convegno.

Ciascuno di noi dovrebbe assumere, umanamente e professionalmente, leggendo questo libro, piena coscienza di quello che è accaduto a chi ne ha consapevole lucidità e profonda paura nella determinazione dei propri diritti. Perché ciascuno di noi poteva essere Giusy Fasolo, così come lo possono essere i nostri figli, i nostri fratelli e le persone a noi care. Ciascuno di noi può assumere domani il ruolo di oppresso, non più di oppressore.

Ciascuno di noi dovrebbe comprendere, attraverso i tracciati di una storia reale come quella di Giusy Fasolo, che si è colpevoli di fronte a tutto questo, che l'insuccesso terapeutico non riguarda la malattia mentale e la sua eventuale inguaribilità, ma soprattutto il nostro modo di porci all'altro, di dare (o di non dare) all'altro quel sostegno che non è sostituzione di personalità, come si fa con i pezzi di ricambio delle macchine, ma equilibro personologico, una riabilitazione psichiatrica concreta, congruente e non pressappochista.

Lasciamo che l'altro possa, con il nostro sostegno, divenire dignità, senza che questo comporti ancora una volta da parte nostra la distorsione della sua vita, dando ad essa la forma che più riteniamo consona.

è vera e risulta evidente sempre di più la chiosa finale: da vicino nessuno è da ritenersi normale. E ben racconta, attraverso le parole di Giusy, la sorella. Donna matura e professionalmente attenta all'altro e all'eventuale disagio che è costretto a vivere. Su questo pongo la mia valutazione di eccellenza nei confronti di Giulia Carmen Fasolo, in umanità e professionalità, poiché ne posso comprovare gli esiti visto che la stessa esce dalla mia scuola di formazione. Donna che ha vissuto, fin da piccola, un peregrinare terapeutico per la sorella con scarsi esiti, ad eccezione del periodo attuale che la vede in cura presso la Comunità Terapeutica Assistita Villa Gaya[1] situata nel Comune di Oliveri. Qui, Giusy sembra aver trovato, grazie all'équipe professionale interna alla struttura, quella stabilità terapeutica (e non solo) di cui da sempre aveva bisogno.

Giulia Carmen Fasolo sa bene che oggi, da adulta, la fama professionale, che ha costruito con tanti sacrifici personali e formativi, la pone di fronte ad un necessario impegno: non fare gli errori che tanti altri hanno fatto con Giusy nel corso degli anni, guardare ciascun essere umano negli occhi per leggerne le sue vive esigenze, senza porlo mai in posizioni secondarie, ascoltarlo e contribuire alla sua libertà e forza mentale. Tutto ciò perché l'uomo ha pari dignità, qualsiasi sia la forma che assume la sua mente, affinché per nessuno ci sia – come per Giusy – un punto di non ritorno.

Chi opera nel campo della psicologia e della psichiatria, del servizio sociale e dei programmi riabilitativi, chi combatte per la dignità umana, chi sostiene la vera salute mentale non può che offrire consensi a queste pagine e al dolore della famiglia che ha subito tutto ciò che ci viene raccontato. E farne tesoro, per non riproporre lo stesso dolore e gli stessi errori in futuro.


Da vicino nessuno è normale.

Giusy e il punto di non ritorno

Edizioni Smasher, 10 euro

ISBN 978-88-6300-005-4

[1] Leggi "Sogno di una notte di mezza estate"

 

 

 

Il ricavato delle vendite è devoluto, come specificato dalla stessa Giusy in una nota interna al libro, a cooperative di tipo B che prevedono l'inserimento lavorativo di "persone svantaggiate".

 

 

 



Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog