alessia e michela orlando: QUI PRO QUO, LAPSUS, MALAPROPISMI E ATTI MANCATI

Creato il 03 gennaio 2011 da Gurufranc

Come si sente oggi? Nell' "amplesso" sto meglio.

Da: Capafresca, il sito delle cape fresche; anonimo

LAPSUS MALAPROPISMI E ATTI MANCATI

Accedendo irruentemente e forse un poco stizzite a "CAPAFRESCA il sito delle cape fresche", che è consultabile qui:

http://www.capafresca.com/index.php?option=com_content&view=article&id=88:malapropismi&catid=40&Itemid=53, abbiamo potuto ristorarci, trovare la nostra VITTORIA. Sveliamo subito il senso di questo argomentare criptico e l'arcano: nel nostro recente articolo su Napoli, Bagnacavallo e Alfonsine, c'è un momento, doveva essere forse l'attimo più dotto, in cui parliamo di VITTORIA Gassman; lo si è fatto in un contesto in cui, finalmente, l'Italia è liberata dagli occupanti tedeschi. Ovviamente si diceva dell'attore VITTORIO GASSMAN. Come sempre, ci poniamo un quesito: si tratta di un lapsus freudiano, di un malapropismo o di qualcosa che ha a che fare con entrambi?

Si potrebbe senza problemi tentare di percorrere strade alte per rispondere al quesito, sciogliere il busillis, intervenire sul qui pro quo, che non ha nulla a che fare con Qui, Quo e Qua, anche se è divertente quanto un almanacco del fumetto Walt Disney,Topolino-Paperino, è ovvio. Si potrebbe consultare qualche libro di Freud; ma impiegheremmo una vita a comprendere e divulgare.

Invece ci limitiamo a consultare Wikipedia, la enciplopedia libera che, effettuati un po' di veloci controlli sulla qualità degli scritti, ti consente di fare prima e bene. Naturalmente ciò può bastare, solo se e qualora l'intento sia meramente divulgativo, potendo ritenersi sufficiente il livello di approfondimento in cui ci si imbatte:

Un lapsus (in latino scivolone) è un errore non intenzionale che viene compiuto quando a un movimento o azione mentale volontaria non corrisponde la rispettiva e normale concretizzazione motoria o mentale. Sono esempi di lapsus errori linguistici e vuoti di memoria. Un'espressione idiomatica della lingua italiana, utilizzata in caso di vuoto di memoria, è "ho questa parola sulla punta della lingua", utilizzata quando si cerca di ricordare una parola per utilizzarla in un discorso verbale, ma non la si ricorda.

Due sono le caratteristiche tipiche del lapsus:

  • si manifesta improvvisamente e con frequenza casuale;
  • è puntuale (nel senso che, ad esempio, viene confusa o dimenticata solo una specifica parola).

Nonostante questo, alcune teorie psicologiche (in particolare, la psicoanalisi) affermano che la casualità del lapsus è solo apparente.

Si può, quindi, opinare che: il lapsus non è mai casuale.

Sul malapropismo o paronimia effettuiamo la stessa operazione e scopriamo che:

La paronimia (dal greco pará, «vicino», e ónyma, variante di ónoma, «nome»), chiamata anche malapropismo (dal nome del personaggio di una commedia di Richard Sheridan, Mrs. Malaprop) è lo scambio -voluto o accidentale- di parole somiglianti nella forma, ma diverse nel significato: spiccicare-spiaccicare, infettare-infestare, eccetera.

Malapropismo è infatti termine derivato dall'inglese, dove malapropos (a sua volta derivato dal francese mal à propos) significa "inappropriato" (e "inappropriatamente").

L'uso della paronimia è diffuso nei testi comici. Un esempio si ha in Gomito, un personaggio dell'opera shakespeariana Misura per misura.

(…)Alcuni esempi di malapropismi involontari:

  • ha usato un termine derogatorio (più che altro in questo caso sarebbe opportuno parlare di calco, o addirittura di prestito, dall'inglese "derogatory") (per: ha usato un termine denigratorio)
  • istigare una certa curiosità (per: instillare una certa curiosità)
  • valuteremo nel proseguo (per: valuteremo nel prosieguo)


Alcuni esempi di malapropismi volontari con effetto comico:

  • "L'imbarazzo dell'ascella" (per: "L'imbarazzo della scelta").

Ritornando a Capafresca selezioniamo qualcuno dei malapropismi proposti:

Al ritorno devo fare un "Ketchup" completo (raccolto da Linda Paparo);

Aspettiamo pure le analisi, dottore, ma io ho un cattivo "preservativo" (Anonimo);

Che cos'è la "menta" umana! (Vito Coppa);

C'è stato un terremoto del sesto grado della scala "Hitler" (Mimmo Lauro);

Gli fecero la puntura "lombarda"(Gian-Pietro Guglielmotti);

Gli spaghetti li vuole "ardenti" (Vito Coppa);

Questa estate al mare ho fatto lunghe camminate sul "bagnoschiuma"(Massimo Velotti);

Questa sera andiamo alla festa di "Aulin"? (Dario Barletta).  

L'articolo potrebbe finire qui. Ma non mancherebbero insinuazioni: avete innestato una specie di catena di sant'Antonio; e siete pure laconiche. Aggiungendo, a esempio, ma il busillis che cavolo è?

Giusto. È meglio sfruttare di nuovo Wikipedia:

Busillis è un termine che ha assunto il significato di "problema spinoso e di difficile soluzione", "punto dolente della questione". Deriva da un'errata sillabazione della frase latina in diebus illis (in quei giorni o a quel tempo). Da qui le espressioni "non venire a capo del busillis" o "qui sta il busillis".

Secondo la tradizione, un amanuense che stava ricopiando un testo del Vangelo chiese a Giovanni di Cornovaglia (ca. 1170, John of Cornwall) il significato del termine 'busillis'. Ad un controllo si scoprì che il testo originale recitava "in diebus illis magnis plenæ" ("in quei giorni vi era abbondanza di grandi cose). L'amanuense aveva invece erratamente segmentato il testo in "indie busillis magnis plenæ" ("in India c'era abbondanza di grandi busillis"), dove "busillis" rappresentava l'ablativo plurale di un ipotetico sostantivo maschile.

L'errore dell'amanuense diventa comprensibile se si considera che l'uso di lasciare uno spazio tra le parole è un'acquisizione recente. Non tutte le lingue lo fanno: il cinese ed il giapponese moderni ad esempio scrivono i loro testi senza nessuna interruzione. Gli spazi non vennero usati in latino fino al 600 d.C.800 d.C. circa. Al loro posto si usava il punto mediano.

Oggi il termine è utilizzato nel linguaggio aulico per indicare un gran pasticcio o una situazione di confusione. Con questo significato è stato anche utilizzato da Alessandro Manzoni nel tredicesimo capitolo dei Promessi Sposi.

A questo punto si rischia di non finirla qui. Potrebbe intervenire il curioso di turno: ma come mai, anziché scrivere questa tiritera nonavete modificato l'articolo? Si trattava solo di correggere una a, sostituirla con una o

È vero e, per non rischiare l'accusa di aver posto in essere un ATTO MANCATO, ecco una risposta plausibile: non sarebbe stato così divertente e  tanto utile, giacché abbiamo potuto imparare un po' di cosucce.

Illustrazione: da sinistra a destra Sigmund Freud, Stanley Hall, C.G.Jung,. Fila di dietro: Abraham A. Brill, Ernest Jones, Sandor Ferenczi.



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