Alessio I, i Peceneghi e la questione pauliciana 01 (di Mirko Pazienza)

Creato il 28 dicembre 2012 da Istanbulavrupa

In alcuni miei post, pubblicati da Giuseppe lo scorso maggio, iniziai a
parlare delle cause del declino della Romània bizantina, una delle grandi
potenze medievali e continuatrice (sebbene solo in una sempre più ristretta
Pars Orientis) della Romània classica dei cesari.
Ora, nel periodo tra il disastro di Manzikert (19 o 26 agosto 1071) e la
vittoria definitiva sui Peceneghi al Monte Livunio il 29 aprile 1091, la
Romània bizantina fu molto vicina al crollo finale.
Ciò che la salvò, fu la mano ferma di Alessio I Comneno (1081-1118), a mio
parere uno dei più grandi imperatori romani, il quale unendo abilità militare
ad una straordinaria intelligenza politico-diplomatica, riuscì ad evitare il
collasso e a preservare la Romània e il suo prestigio imperiale fino alla
catastrofe del 1204.
E tuttavia Alessio nel fronteggiare le pesanti minacce che gravavano sulla
Romània, commise anche lui, nei primi anni del suo regno, dei passi falsi, che
per poco non provocarono guai più gravi.
Mi riferisco alla questione pauliciana.
Lo scorso anno, agli esordi di questo blog, postai una serie di interventi
sulle ipotesi storiografiche relative alla genesi dell’Alevismo anatolico,
citando recenti studi di armenistica come i lavori di Seta Dadoyan, in cui si
avanzano forti e fondati indizi su almeno una radice pauliciana nella genesi
dell’Alevismo suddetto.
E si rese necessario fare una breve storia dello stesso Paulicianesimo, eresia
armena sorta intorno al 650 d.C., di stampo dualista “manicheo” e diffusasi tra
parte della popolazione armena dell’Anatolia romana, soprattutto nell’area tra
l’entroterra di Trebisonda, come Colonia (oggi Şebinkarahisar), Sivastia
(Sivas) Tefrice (oggi Divriği) e sull’alto bacino dell’Eufrate.
Accennammo anche all’oscillante politica romana tra repressioni antiereticali
sanguinosissime, alternate a editti di tolleranza per fini militari, formando i
Pauliciani, una grossa porzione di soldati di frontiera (akriti) dell’Armenia
romana.
E tuttavia nel 970-975 d.C., l’imperatore Giovanni I Zimisce (969-976) decise
di trasferirne una grossa fetta nei Balcani, a Filippopoli (attuale Plovdiv) e
dintorni, ricreando nella Tracia un nuovo “grenzraum” una nuova frontiera
militare akritica prima in funzione antibulgara, poi in quella antipecenega.

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