Alessio I, i Peceneghi e la questione pauliciana 01 (di Mirko Pazienza)
Alessio I, i Peceneghi e la questione pauliciana 02 (di Mirko Pazienza)
Alessio I, i Peceneghi e la questione pauliciana 03 (di Mirko Pazienza)
Alessio Comneno, affrontò i numerosi rivali del suo sovrano uno per volta.
Raggiunto anche da un piccolo contingente di Franchi (probabilmente Normanni di
Puglia ostili a Roberto il Guiscardo), il generale affrontò il più forte
Niceforo Briennio a Kalavrye, tra Eraclea (oggi Marmara Ereğlisi) e Rodosto
(oggi Tekirdağ), sconfiggendolo all’ultimo momento, e consegnandolo a Niceforo
III che fece accecare Briennio e poi lo rispedì ad Adrianopoli, dove il vecchio
generale, ritenuto comunque un valido ed esperto veterano, fu trattato con
magnanimità sia da Niceforo III che poi da Alessio I, giocando ancora un ruolo
importante negli anni successivi.
Subito dopo Niceforo Briennio, anche il suo successore nel governatorato di
Durazzo, Niceforo Basilacio, si era come Briennio, rivoltato contro Niceforo
III e autoproclamatosi imperatore, supportato da contingenti Albanesi, Romei e
Slavi, e si era insediato a Tessalonica, attendendo gli eventi tra Niceforo III
e il Briennio (1078-1079). Rimasto il solo rivale di Niceforo III, Alessio
Comneno affrontò Basilacio sul Vardar, sconfiggendolo. Basilacio, tradito dai
suoi stessi soldati fu consegnato ad Alessio, che lo inviò a Niceforo III, che
fece accecare anche costui.
Infine Alessio si rivolse anche contro Leka e Dobromir, i quali, rimasti senza
appoggi furono catturati e anch’essi inviati a Costantinopoli.
E tuttavia nel 1080, Niceforo III Botaniate, per motivi ancora inspiegati,
liberò i due ribelli e li onorò con terre e titoli nobiliari!
Si era ormai alla frutta, e nello stesso 1080, un altro generale Niceforo
Melisseno (1045-1104 c.), appartenente ad una nobile famiglia anatolica di
Dorileo (oggi Eskişehir), fuggì dal suo confino nell’isola di Coo (dove
Niceforo III lo aveva esiliato nell’aprile 1078) e si rese signore di ciò che
restava dell’Anatolia (ancora) in mano romana, tra la foce del Sangario e l’
Egeo.
Come già Botaniate, anche Melisseno cercò e ottenne l’ormai inevitabile
appoggio dei Turcomanni di Suleyman ibn Qutulmish, le truppe del quale vennero
insediate nelle ultime città anatoliche rimaste alla Romània come truppe di
guarnigione.
Secondo lo storico francese Cheynet, questo gesto scaturiva dalla disperata
volontà del nobile anatolico di salvare quanto restava dei propri possedimenti
di famiglia, dalle razzie e devastazioni turcomanne.
E questo spiega forse, il tentativo di Niceforo Melisseno di spartirsi ciò che
restava della Romània tra Niceforo III ( e poi Alessio Comneno) a cui sarebbe
rimasta la Romània balcanica, e l’Anatolia invece a lui stesso, restando però
salva l’unità formale della Romània.
Insomma un progetto di diarchia romana su basi geopolitiche, già comparso al
tempo della ribellione della lobby armena di Cesarea di Cappadocia guidata dai
generali Vartan Sclero e Vartan Foca contro Basilio II (976-1025) e proposta
nel 987 d.C.
Alessio Comneno, spinto da Niceforo, questa volta non intervenne, e invece ai
primi del 1081 si incontrò a Tzurullon (oggi Çorlu) con gli esponenti
principali della famiglia Ducas, con cui era imparentato, avendo sposato nel
1078 l’allora giovanissima Irene (12 anni), figlia di Andronico Ducas, uno dei
responsabili del disastro di Manzikert del 1071.
Anche Melisseno era imparentato con Alessio, il quale dissuase Melisseno dal
progetto di spartizione della Romània, promettendogli un alto titolo nobiliare,
il governo di Tessalonica e soprattutto POSSEDIMENTI TERRIERI nella Romània
balcanica.
Niceforo Melisseno, allettato dall’offerta favorevole di Alessio, e forse
ormai consapevole dell’impossibilità di sbarazzarsi degli scomodi alleati
Turcomanni, abdicò a favore del giovane e brillante generale. Il quale nella
pasqua del 1081, convinta anche la guarnigione di Costantinopoli, composta in
parte da mercenari franchi (Tedeschi) entrò nella Capitale, convincendo anche l’
ormai anziano Niceforo III ad abdicare e a ritirarsi in convento, dove morì
pochi mesi dopo, nel dicembre 1081.