Alexandre Dumas: Il conte di Montecristo

Creato il 24 settembre 2013 da Martinaframmartino

Ci sono libri intorno a cui giriamo per tanto, tanto tempo. Decidiamo di volerli leggere ma per i motivi più diversi non troviamo mai il momento giusto per farlo e continuiamo a rimandare. Anche per anni. Per me è stato così con Il conte di Montecristo di Alexandre Dumas. Da quanto tempo lo volevo leggere? Nel 2003 ho letto La regina del Sud di Arturo Pérez-Reverte, e ricordo benissimo che la sua protagonista, Teresa Mendoza, adorava quel romanzo.

Péerez-Reverte è uno scrittore che mi piace tantissimo, anche se ultimamente l’ho un po’ trascurato. Devo ancora trovare il tempo per leggere Il giocatore occulto, Le barche si perdono a terra e il recente Il tango della Vecchia Guardia.  Mi sto forzatamente specializzando sul fantasy. È vero che è un genere che amo, ma il fatto di scriverne a volte mi porta anche a leggere opere che mi attirano poco, spinta dalla necessità di rendere ancora più solida la mia cultura di genere. E ovviamente tutto il tempo che trascorro a scrivere è tempo rubato alla lettura. Perciò sto sacrificando altri autori, come Pérez-Reverte, anche se mi è piaciuto tutto quello che ha scritto, con l’eccezione dei romanzi dedicati al Capitano Alatriste.

Bene, La regina del Sud è un fortissimo invito a leggere Il conte di Montecristo, anche se io ricordo che volevo leggere quel libro già da prima. Chissà quando aveva attirato la mia attenzione. Volevo leggerlo e non l’ho letto, per oltre dieci anni. A quanto pare non bisogna mai disperare, le cose possono rimanermi in mente per un arco di tempo davvero molto lungo.

Il romanzo risale a metà del secolo scorso, perciò bene o male conoscevo alcuni degli elementi che compongono la trama: un’accusa ingiusta per Edmond Dantès, una lunga e dura prigionia nel carcere d’If, la conoscenza con l’abate Faria, la fuga (anche se non sapevo come avveniva), la presenza di un tesoro favoloso e la ricerca di una terribile vendetta. La superficie, i fatti principali intorno a cui è costruita la storia, anche se non conoscevo nessun dettaglio.

Il fatto di sapere che Edmond Dantès sarebbe evaso comunque non ha tolto nulla alla durezza del carcere. A volte anche conoscere a grandi linee lo svolgimento della storia non ne cancella il divertimento. I fatti non sono l’unica cosa importante, conta anche come sono narrati.

Secondo Umberto Eco il romanzo è scritto male, anche se è appassionante. Io so che è, per usare una definizione inglese, page-turner. Ti spinge ad andare avanti, tanto che alla fine non ti accorgi di aver letto oltre 1.500 pagine in un soffio. È questo che non capiscono tutti quei ragazzi – e sono la maggior parte – che quando devono scegliere quale libro leggere come lettura estiva obbligatoria l’unica cosa che chiedono è che sia il più corto possibile. Puoi leggere – è quel che è successo a me – quattro pagine di Giovanni Verga e rischiare di addormentarti sul libro. E poi puoi leggerne 1.500 di Dumas e dire che ne vuoi ancora. No, per il momento non leggerò altro di Dumas, anche se visto come è andata con Il conte di Montecristo è ovvio che adesso inizierò a fare un pensierino sui Tre moschettieri.

L’inizio del romanzo è meraviglioso, tutta la prima parte è notevole. Poi, quando Dantès evade, ci si chiede brevemente come Dumas possa portare avanti una storia così lunga. Ingenuamente pensavo a una vendetta più semplice, per la quale bastavano poche pagine e non immaginavo minimamente nulla di così contorto. Se pensate che sia contorto George R.R. Martin provate a leggere Dumas. Sì, gli intrighi nel continente di Westeros in realtà sono più complicati di questi, ma quella è una lotta per il trono alla quale partecipano numerose famiglie, qui è semplicemente la vendetta di un solo uomo. C’era qualche altro motivo per cui nella lettura mi era venuto in mente Martin, ma l’ho dimenticato. Prima o poi mi tornerà in mente, probabilmente quando non avrò il tempo per scriverne. Comunque mi è tornato fortemente in mente un altro libro, Il fuoco di Katherine Neville. Della Neville io amo Il segreto del millennio, è uno dei libri che più mi hanno catturata. I suoi due successivi romanzi, The Magic Circle e A Calculated Risk, con mio grande dispiacere non sono mai stati tradotti. Poi è arrivato Il fuoco, seguito del Segreto del millennio. Non si può dire che Katherine sia una scrittrice prolifica considerando che ha pubblicato solo quattro romanzi in 25 anni.

Il fuoco non è al livello del Segreto del millennio. Non lo è e secondo me non lo poteva essere, anche se io l’ho ugualmente divorato. Ci sono parecchie pecche, ma quel modo di costruire la storia, di tratteggiare i personaggi, mi ha comunque riportata alla prima lettura e mi ha inevitabilmente catturata. Fra i personaggi c’è Haidée, figlia di Alì-Tebelen, Pascià di Giannina. Ecco, Haidée compare anche nel Conte di Montecristo. Le differenze fra i due personaggi sono significative, a partire dalla loro età per arrivare alla loro storia e alle loro scelte di vita. Anche se sono lo stesso personaggio, non lo sono davvero. Però le differenze non erano così significative da impedirmi di amare Haidée fin dal primo istante che ho letto il suo nome, o da impedirmi di apprezzare la sua storia pur non dimenticando l’altra.

Quante volte capita che i libri parlino fra loro? Ricordo Adso di Melk (monastero che ho visitato parecchi anni fa) nella biblioteca del Nome della rosa. Si interrogava sui libri, e sul fatto che parlino fra loro. Io sono convinta che il dialogo sia davvero molto intenso. I libri sono dei gran chiacchieroni, e i migliori in qualche modo riescono persino a conoscerci. Tempo fa ho riportato una frase di Guy Gavriel Kay, nella quale lo scrittore canadese affermava “Ogni volta che rieggo Shakespeare, lui sembra sapere tutto quel che è accaduto nella mia vita dall’ultima volta che l’ho letto”. I libri ci conoscono, parlano fra loro e parlano a noi in modi che non siamo in grado di prevedere. E non importa a volte che un personaggio cambi per poterci continuare a parlare.

Non troppo tempo fa Emanuele Manco ha scritto per FantasyMagazine un articolo semiserio sui reboot: http://www.fantasymagazine.it/approfondimenti/19678/l-uomo-d-acciaio-che-non-fu-ovvero-chi-odia-i-re/. Dico semiserio perché a volte il tono è da fan, ma i contenuti sono interessanti. Si può riscrivere la storia e avere ancora qualcosa da dire, anzi la si può riscrivere solo se c’è qualcosa di nuovo da dire. L’Haidèe della Neville non è quella di Dumas, ma io le amo entrambe.

Haidèe per molto tempo rimane sullo sfondo. Compie un paio di azioni fondamentali, ma non è lei la protagonista. L’apparente sparizione del protagonista, durante il carnevale romano, è stata l’unica cosa che mi ha infastidita. La storia di Franz e di Albert mi sembrava lunga e inutile, fino a quando non ha acquisito nuova luce con gli eventi successivi. Sì, c’era anche Montecristo a Roma, ma davvero l’episodio mi sembrava un girare intorno alla vera storia. Poi tutti i dettagli hanno iniziato a incastrarsi, man mano che Montecristo intesseva la sua incredibile rete. Ci sarebbe da perderci la testa se la costruzone non fosse così solida e i fili non fossero tirati davvero alla perfezione.

Dumas era un genio. La sua non sarà letteratura colta, non avrà la profondità di tanti altri scrittori, ma non è che i dubbi finali di Dantès, il comportamento di determinati personaggi, si possano lasciar correre così, senza riflessione. Alcuni aspetti cristiani mi hanno lievemente infastidita, li avrei preferiti meno marcati, ma è vero che il romanzo è dell’800 e bisogna ricordare che la nostra cultura non è quella dello scrittore. E comunque quel po’ non è stato sufficiente a rovinare la lettura.

Davvero un bel libro, sono molto contenta di essere finalmente riuscita a leggerlo.



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