Péerez-Reverte è uno scrittore che mi piace tantissimo, anche se ultimamente l’ho un po’ trascurato. Devo ancora trovare il tempo per leggere Il giocatore occulto, Le barche si perdono a terra e il recente Il tango della Vecchia Guardia. Mi sto forzatamente specializzando sul fantasy. È vero che è un genere che amo, ma il fatto di scriverne a volte mi porta anche a leggere opere che mi attirano poco, spinta dalla necessità di rendere ancora più solida la mia cultura di genere. E ovviamente tutto il tempo che trascorro a scrivere è tempo rubato alla lettura. Perciò sto sacrificando altri autori, come Pérez-Reverte, anche se mi è piaciuto tutto quello che ha scritto, con l’eccezione dei romanzi dedicati al Capitano Alatriste.
Bene, La regina del Sud è un fortissimo invito a leggere Il conte di Montecristo, anche se io ricordo che volevo leggere quel libro già da prima. Chissà quando aveva attirato la mia attenzione. Volevo leggerlo e non l’ho letto, per oltre dieci anni. A quanto pare non bisogna mai disperare, le cose possono rimanermi in mente per un arco di tempo davvero molto lungo.
Il fatto di sapere che Edmond Dantès sarebbe evaso comunque non ha tolto nulla alla durezza del carcere. A volte anche conoscere a grandi linee lo svolgimento della storia non ne cancella il divertimento. I fatti non sono l’unica cosa importante, conta anche come sono narrati.
Secondo Umberto Eco il romanzo è scritto male, anche se è appassionante. Io so che è, per usare una definizione inglese, page-turner. Ti spinge ad andare avanti, tanto che alla fine non ti accorgi di aver letto oltre 1.500 pagine in un soffio. È questo che non capiscono tutti quei ragazzi – e sono la maggior parte – che quando devono scegliere quale libro leggere come lettura estiva obbligatoria l’unica cosa che chiedono è che sia il più corto possibile. Puoi leggere – è quel che è successo a me – quattro pagine di Giovanni Verga e rischiare di addormentarti sul libro. E poi puoi leggerne 1.500 di Dumas e dire che ne vuoi ancora. No, per il momento non leggerò altro di Dumas, anche se visto come è andata con Il conte di Montecristo è ovvio che adesso inizierò a fare un pensierino sui Tre moschettieri.
Il fuoco non è al livello del Segreto del millennio. Non lo è e secondo me non lo poteva essere, anche se io l’ho ugualmente divorato. Ci sono parecchie pecche, ma quel modo di costruire la storia, di tratteggiare i personaggi, mi ha comunque riportata alla prima lettura e mi ha inevitabilmente catturata. Fra i personaggi c’è Haidée, figlia di Alì-Tebelen, Pascià di Giannina. Ecco, Haidée compare anche nel Conte di Montecristo. Le differenze fra i due personaggi sono significative, a partire dalla loro età per arrivare alla loro storia e alle loro scelte di vita. Anche se sono lo stesso personaggio, non lo sono davvero. Però le differenze non erano così significative da impedirmi di amare Haidée fin dal primo istante che ho letto il suo nome, o da impedirmi di apprezzare la sua storia pur non dimenticando l’altra.
Non troppo tempo fa Emanuele Manco ha scritto per FantasyMagazine un articolo semiserio sui reboot: http://www.fantasymagazine.it/approfondimenti/19678/l-uomo-d-acciaio-che-non-fu-ovvero-chi-odia-i-re/. Dico semiserio perché a volte il tono è da fan, ma i contenuti sono interessanti. Si può riscrivere la storia e avere ancora qualcosa da dire, anzi la si può riscrivere solo se c’è qualcosa di nuovo da dire. L’Haidèe della Neville non è quella di Dumas, ma io le amo entrambe.
Haidèe per molto tempo rimane sullo sfondo. Compie un paio di azioni fondamentali, ma non è lei la protagonista. L’apparente sparizione del protagonista, durante il carnevale romano, è stata l’unica cosa che mi ha infastidita. La storia di Franz e di Albert mi sembrava lunga e inutile, fino a quando non ha acquisito nuova luce con gli eventi successivi. Sì, c’era anche Montecristo a Roma, ma davvero l’episodio mi sembrava un girare intorno alla vera storia. Poi tutti i dettagli hanno iniziato a incastrarsi, man mano che Montecristo intesseva la sua incredibile rete. Ci sarebbe da perderci la testa se la costruzone non fosse così solida e i fili non fossero tirati davvero alla perfezione.
Davvero un bel libro, sono molto contenta di essere finalmente riuscita a leggerlo.