Giuseppe Floriano Bonanno
Dello scrittore Valerio Massimo Manfredi si è detto e scritto di tutto, lui, da parte sua, ha scritto su tutto e tutti tanto da poter essere considerato uno dei grandi divulgatori della storia antica tra i più letti e seguiti in questi ultimi 20 anni. Tra i suoi lavori più intensi ed appassionanti non possiamo non citare la trilogia dedicata ad Alessandro Magno, il giovane re macedone che nel IV secolo a.C. concepì il disegno della conquista del mondo intero, per poi morire all’età di soli trentatré anni. La bellezza dei lineamenti di Aléxandros ci è già stata tramandata dallo scultore Lisippo ma le sue gesta sono invece diventate leggenda grazie alle opere letterarie, alle sculture, ai monumenti, ai quadri e ai panegirici di cui è disseminata la storia. Raccontare un personaggio di così tale grandezza e complessità è impresa ardua per chiunque, ma non per uno studioso come Valerio Massimo Manfredi che, dopo avere indagato l’antichità in tante sue sfaccettature per restituirci la vita ordinaria di uomini potenti e comuni, ci propone un ritratto credibile ed appassionante di una delle figure più luminose del mondo antico. Il figlio del sogno (Mondadori), primo capitolo di una saga esaltante e avvincente, ci narra i primi passi di un uomo che fu considerato un dio, dei suoi sogni ardenti, delle passioni violente che lo consumarono fino a distruggerlo: dalla sua infanzia presso la corte macedone, ai rapporti con il padre Filippo, la madre Olimpiade (Principessa dell’Epiro) e la sorella Cleopatra, dalla nascita del solido rapporto d’amicizia con un gruppo di ragazzi che lo seguirà ovunque e per sempre, alla formazione culturale e politica con il grande Aristotele. Ma allo stesso tempo ci svela una Grecia mai vista, una civiltà che, pur nota, appare oggi in gran parte sconosciuta e incredibilmente affascinante. Il tutto viene narrato con quello stile asciutto ma vivo, scorrevole ed appassionante, che è da sempre il marchio di fabbrica di Manfredi. Tra le righe inoltre è facilmente rintracciabile la visione politica “moderna” di Alessandro mediata dagli insegnamenti di Aristotele, ma anche il desiderio di conquista appreso dal padre, che fotografa alla perfezione proprio il rapporto di odio-amore con Filippo che ne avvelenerà tutta l’esistenza al quale si accosta la indubbia influenza della madre Olimpiade che gli instilla fin dalla prima fanciullezza l’idea della sua nascita divina e del suo destino di gloria.
Nel secondo libro, Le sabbie di Amon (Mondadori), la protagonista principale diventa l’Asia stessa, culla di leggendarie civiltà, terra sconfinata e misteriosa diventata dominio incontrastato del Gran Re dei persiani. Ma Alessandro e il suo fedele esercito di compagni amano le avventure impossibili e viaggiano tra deserti e pianure, colline e montagne inaccessibili, sconfiggendo gli eserciti nemici in campo aperto, in battaglie, pronti a conquistare una ad una fortezze, città e porti. E dopo un’incredibile odissea nell’altopiano anatolico, coperto di neve, arrivano ad affrontare l’immensa armata di re Dario in quel di Isso dove, con indomito coraggio ed immensa audacia, riescono a spezzarne il poderoso schieramento. Alessandro diventa così il sovrano del più grande impero mai esistito. Ma non gli basta, la sua sete di conquista lo spinge verso l’Egitto dove l’oracolo di Amon gli rivela la sua origine divina e il suo destino di gloria immortale. É proprio in questo libro che Manfredi affronta più in profondità la personalità di Aléxandros, ormai generale invitto e condottiero di moltitudini, e si sofferma sulla disamina psicologica del personaggio evidenziandone virtù e difetti. Il suo senso dell’onore si erge a valore assoluto, calato in un carattere forte e deciso, ma anche profondamente irrequieto e spesso difficile. La leggenda vuole che Alessandro fosse nato con un occhio azzurro ed uno nero e che questo rappresentasse fisicamente il profondo iato fra le sue due anime, una dedita al sapere ed alla conoscenza, l’altra nera come la sua ira incontrollabile.
La trilogia di Aléxandros si conclude con Il confine del mondo (Mondadori), affresco a tinte forti che ci accompagna verso l’epilogo di un’epopea che ha cambiato per sempre la storia del mondo civilizzato, regalandoci l’ultimo mix ben assortito di passioni e di personaggi indimenticabili. L’armata macedone varca l’Eufrate e il Tigri per raggiungere Babilonia. Poi tocca alla reggia di Persepoli, il palazzo più bello del mondo che viene saccheggiato e dato alle fiamme: morte e distruzione diventano il passaggio necessario per concludere la vicenda di un antico impero ed aprire un’era nuova di progresso e pace. Il progetto più ambizioso, quello di un mondo senza greci né barbari e di una sola patria per un solo popolo, è ormai alla portata di Alessandro. Ma dove ci sono gloria, onore e ricchezza albergano anche l’invidia, i timori ed il rancore. Anche un re, ormai onnipotente, quale è diventato Aléxandros, finisce per essere trascinato in un vortice irrefrenabile di violenza e di sangue. Nel perseguire la sua impresa, ormai quasi sovrumana, soltanto un grande amore sembra potergli dare supporto, quello per Roxane. Sarà lei, la più bella, l’incantatrice, la vera regina, a dare ad Alessandro, prima il coraggio di spingersi verso l’India misteriosa e successivamente la forza di rinunciare al sogno, cercando, tra stenti e privazioni, la via del ritorno.
Gli ultimi capitoli della saga sono cupi e forieri dell’immane tragedia che seguirà, l’eroe si trasforma in despota, gli amici in nemici. Il lettore, sballottato dalle forti passioni, intravede l’anima nera sotto lo splendore del semi-Dio, finendo per disinnamorarsi di una figura che lo aveva sedotto ed avvinto. L’elemento cardine su cui pone l’accento Manfredi, dando una chiave di lettura molto originale, è il valore dell’amicizia, l’autore si sofferma compiutamente sulla disamina del legame tra Aléxandros e la corte dei suoi amici, da cui scaturisce un quadro ben preciso che ci rende edotti di quanto egli amasse i suoi compagni e di quanto fosse ricambiato di tale amore, tanto da poter arrivare a sostenere che, forse, senza di loro non sarebbe stato così grande perché in cuor suo era consapevole di poter affidare la sua vita nelle loro mani senza indugio. Un’epopea dunque, quella di Aléxandros, lunga quasi 1000 pagine, avvincente seppur con alcuni inevitabili cali di ritmo in cui si perde un po’ la visione d’insieme, ma che ci introduce in un mondo lontanissimo e così differente dal nostro che in esso affonda le sue radici più profonde in cui i valori erano solidi e a tal punto sentiti da essere disposti all’estremo sacrificio nel loro nome. Il giudizio finale su Aléxandros resta tuttavia sospeso: fu un grande eroe o un despota? Un personaggio positivo o negativo? Come tutte le grandi personalità non si può sintetizzare il tutto in un’unica parola: vizi e virtù, aspetti positivi e negativi, disegnano mille sfaccettature intorno ad una figura che precorse i tempi avendo una visione di insieme sconosciuta ai suoi contemporanei, tanto da finire per essere un uomo fuori dal tempo.
In copertina: Il mosaico di Alessandro (dettaglio). Il mosaico proviene dalla Casa del Fauno di Pompei ed è conservato al Museo Archeologico Nazionale di Napoli.