ALFABETO NAPOLETANO - 4 "E' gghjuta a pazziella ‘mmane e’ criature"

Creato il 07 marzo 2013 da Ciro_pastore

ALFABETO NAPOLETANO - 4 Quarto appuntamento con la rubrica in cui vocaboli, verbi o proverbi della lingua napoletana sono utili per illustrare il tema del giorno in ambito politico, economico, sindacale o di costume sociale "E' gghjuta a pazziella ‘mmane e’ criature" (trad. “il giocattolo in mano ai bambini”, espressione metaforica usata per indicare una persona adulta che ancora gioca con i giocattoli o l’ uso inopportuno di una cosa di valore lasciata nelle mani di un incapace) Ieri è stata una giornata infernale per il trasporto pubblico nella provincia di Napoli. Molteplici le cause di tale caos, a cominciare dalle condizioni meteo avverse, passando per la frana sulla statale sorrentina e, soprattutto, per finire con l’anomala sospensione del servizio da parte del personale viaggiante di EAV (Circumvesuviana, Sepsa, Metrocampania), molto probabilmente da mettere in relazione con il ritardo nella corresponsione degli stipendi. E il caos di ieri si aggiungeva ad un altro giorno negativissimo per la nostra città: quello del rogo di Città della Scienza e del crollo dell’edificio in Riviera di Chiaia. Napoli è una città che ha sempre brillato per disorganizzazione, disordine, approssimazione, inettitudine, pressapochismo, sciatteria. Le parole d’ordine sono: vabbuò che ffà, po’ verimme, rimane ce penzamme. Insomma, i problemi non fanno mai scopa con le soluzioni. O meglio, tutti si ritengono depositari delle soluzioni (mo vech’ie), ma pochi si prendono la briga di attuarle. Tutto viene lasciato al totale arbitrio del caso e del caos che talvolta produce creatività, ma troppo spesso ci lascia int’ o’ burdelle cchiù esagerate. Mentre facevo queste riflessioni, stamattina venendo in treno a Napoli. e proprio quando lo sconforto stava irrimediabilmente prendendo il sopravvento, ho assistito ad un evento che mi ha restituito un barlume di speranza. Il treno giunto in stazione, con l’ormai consueto notevole ritardo, era come sempre sovraccarico di viaggiatori, un po’ perché la recrudescenza della crisi spinge molti ad abbandonare l’auto e un po’ per la cronica carenza di mezzi rotabili che affligge il servizio Circumvesuviana. Ma ecco appalesarsi quello che non ho difficoltà a definire un “eroe normale”. Qualcuno di voi correttamente sottolineerà che tale improbabile ossimoro non è verificabile nella realtà, non essendo logicamente possibile definire chicchessia allo stesso tempo eroe e normale. Ebbene, come capirete poi, quello che può apparire il mio solito pretestuoso e barocco artifizio retorico, non è altro, invece, che la corretta e puntuale descrizione dell’epifenomeno a cui ho avuto la ventura di assistere. Nel bel mezzo del disordine, del caos, dell’affollamento, insomma nel solito casino di tutte le mattine, si appalesato un capotreno, in completa divisa di ordinanza (berretto con visiera compreso) che, incurante della folla accalcata, ad ogni stazione o fermata che fosse, aveva cura di agevolare l’incarrozzamento dei passeggeri in salita invitando quelli già presenti a bordo ad occupare gli spazi ancora vuoti nei corridoi, ottimizzando così la capacità di trasporto dei sempre più incapienti treni riservati a noi poveri pendolari. Era tale la sua professionalità e la sua cortesia che nessuno dei viaggiatori costretti a serrare i ranghi si è rivoltato alle sue stringenti richieste. Anzi, gli sguardi degli astanti erano una straordinaria ed impensabile miscela di incredulità e gratitudine. Il sorriso di quel capotreno era aperto e sincero, ma allo stesso tempo rassicurante ed autorevole. La sicurezza dei suoi gesti, l’accuratezza delle sue istruzioni, la semplicità del suo linguaggio, mettevano anche i più riottosi nella condizione di eseguire in maniera del tutto naturale quanto gli veniva richiesto. Nel marasma caotico nel quale siamo perennemente immersi, quel piccolo grande eroe si ergeva in tutta la sua normalità. Perché di eroe normale si tratta, infatti. Egli non stava facendo altro che il suo dovere e per questo lo definisco normale. Ma allo stesso tempo, quel capotreno (che ho poi scoperto chiamarsi Russolillo) con il suo comportamento ricordava a ciascuno di noi, quanto sia importante essere capaci di vivere con dignità e serietà la banale normalità di ogni quotidiana attività lavorativa. Il suo “normale” impegno non era zelo, non era esibizionismo, era semplice esecuzione del proprio dovere. Ma tale normalità assume i toni della straordinarietà in una città in cui pochi si preoccupano di svolgere banalmente il proprio lavoro, così come lo prevedono non solo le norme ma, soprattutto, il senso etico individuale. Il piccolo grande eroe sconosciuto insegna, a chi vive la propria attività lavorativa come un peso a cui sottrarsi senza nessuna remora etica, che ciascuno di noi non ha solo un obbligo contrattuale nello svolgere il compito per cui è retribuito, ma anzi proprio nel lavorare con dedizione risiede l’unica maniera per conquistarsi dignità e rispetto. Russolillo, insomma, insegna ai tanti ed alle tante che utilizzano il proprio ruolo per ricavarne benefici non previsti o peggio per sottolineare la propria appartenenza alla casta dei potenti che il lavoro non è solo un mezzo strumentale per procurarsi il tanto idolatrato dio-danaro. Non so quanti russolillo esistono nascosti tra noi, mi auguro che siano tanti. Quello che è certo, invece, è che ci sono molti, troppi bambini/bambine viziati a cui è stato dato come immeritato dono la possibilità di giocare con dei giocattoli troppo grandi e complessi per le loro scarse capacità di comprendere la delicatezza del compito che è stato loro affidato. A qualcuno potrebbe essere sfuggito, infatti, che più sono alte le responsabilità e maggiore deve essere il loro senso di responsabilità. Troppo spesso, invece, allettati/allettate dal costoso giocattolo che si trovano a maneggiare, inconsapevolmente si intestardiscono a voler giocare un gioco molto più grande di loro, in cui inutili esibizionismi e personalismi, finiscono per farci esclamare: "E' gghjuta a pazziella ‘mmane e’ criature”. Ciro Pastore Il Signore degli Agnelli leggimi anche su http://golf-gentlemenonlyladiesforbidden.blogspot.com/2012/12/se-55-vi-sembrano-troppi-in-passato-una.html

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