Alfabeto per un rock disorganico

Creato il 21 luglio 2010 da Allelimo


"It's only rock'r'roll but I like it"
Alfabeto per intellettuali disorganici: è il titolo di un bell'articolo di Umberto Eco apparso su Repubblica un paio di settimane fa, e tratto dal primo numero di "Alfabeta2", in cui si parlava del rapporto tra destra, sinistra e intellettuali più o meno organici.
Bello ed interessante, e quindi riciclo ed adatto, perchè mi sembra che ci siano almeno due/tre spunti utlizzabili per parlare anche di "musica".
Credo che l'atteggiamento con cui "da destra" si tende a svalutare la figura dell'intellettuale, riducendone a ridicole o pretestuose le istanze, sia un atteggiamento che molto ha in comune con il mondo della musica.
Dove, ad esempio, non è così raro trovare fazioni irriducibili, chiuse nel proprio autoreferenzialismo, che bollano tutto ciò che sta all'esterno come "irrilevante", sia questo l'esterno del Circolo Adoratori di Vasco Rossi piuttosto che l'esterno del Circolo Adoratori di Bob Dylan. In entrambi i casi, fanatismo e chiusura sono più o meno allo stesso livello macchiettistico.
Eco cita la massima nazista "quando sento parlare di cultura tiro fuori la pistola", che a me molto ricorda il berlusconiano "noi lavoriamo, non facciamo poesia".
Fare poesia come esemplificazione dell'inutilità dell'arte, e, per traslazione, di tutto ciò che ad essa è assimilabile, di tutto ciò che non è immediatemente "produttivo", tutto ciò che esula dalle necessità basiche di sopravvivenza animale: soldi, cibo, figa.
Gli "utili idioti" di Lenin, le "teste d'uovo" del periodo maccartista, tutte varianti citate da Eco sul tema "sporco intellettuale", la più classica delle critiche alla categoria, inutile appendice al mondo produttivo moderno. Non a caso, il "non facciamo poesia" è frase tipica di una certa mentalità pidiellina/leghista/lombarda, di una certa malintesa cultura del lavoro.
Ha ragione allora chi a quello si limita? Alle cose materialmente utili? E, sempre per traslazione, alla musica più "immediatamente" utile: perchè ci fa ballare, ci fa rilassare, non ci fa pensare?
It's only Rock'n'roll but I like it, allora? E con questo neghiamo l'esistenza di forme diverse del fare e parlare di musica, rifugiandoci nel "nostro" facile, nel "nostro" già sentito? Che non sono poi così diversi dal facile e già sentito che domina le classifiche?
La mia risposta, evidentemente, è no. Di classifiche e storia del rock, se ne è già parlato qui. Non mi interessano. Interessano invece a queste due figure musicali, al "critico organico" e al "musicista organico". Che sono le stesse figure di cui si parlava un paio di post fà, quelli per cui la musica è morta intorno all'inizio degli anni '70. Da allora in poi, repliche o replicanti. Tutto il resto, "non è vera musica".
Ma se Eco individua nel "Grillo Parlante" l'archetipo dell'intellettuale, facciamo lo stesso per la musica: e allora saranno il critico ed il musicista i cui atteggiamenti sono esattamente l'opposto di quelli appena citati a svolgere il ruolo di stimolo. Persone che non si adagiano, che non si sottomettono alla comoda uniformità culturale, rassegnandosi a svolgere un ruolo vuoto, privo di contenuti.
Ne è testimonianza la continua "rivoluzione" musicale in atto dagli anni '50 ad oggi. Da Presley in poi, ogni generazione ha la sua "rivoluzione" musicale. E di solito, la generazione precedente non la capisce.
Organica, invece, è la categoria degli intellettuali/critici/musicisti che fanno marchette. Che è cosa ben diversa dal fare musica brutta o dal non condividere le scelte, critiche o artistiche. "La funzione critica" scrive Eco, "è tale anche se la critica non la si condivide, e a modo proprio è creativo anche chi scrive cattive poesie."
Perchè il buon critico deve dire che una poesia è cattiva, o una canzone brutta, o un film, un libro, qualunque cosa. La marchetta è un'altra cosa, è consapevole rinuncia alla propria integrità.
Quello che conta è non appiattirsi invece sull'organicità, quale essa sia. Dire che [un disco/film/libro] è bello solo perchè l'ha fatto l'artista XYZ, non è un atteggiamento molto diverso (o più perdonabile) da quello ben rappresentato (cito ancora Eco) dalla figura "di quello pseudo-intellettuale che era l'intellettuale organico, talmente organico al proprio partito da poterne criticare solo i nemici, mai il partito stesso".
Rende l'idea, a mio parere: del "Buscadero rock" abbiamo appena parlato nel post precedente, è questo mi sembra esattamente l'atteggiamento su cui riposa l'ascoltatore di quel tipo di musica. Con le sue certezze, incrollabili, indiscutibili, non negoziabili.
Springsteen, Dylan, Petty, e andate avanti voi. Tutto il resto è, per definizione, altro da questo. "Non rock". E chissenefrega se il tempo non si è fermato nel 1972. Basta far finta. Se del caso, dire che esistono bravissimi artisti anche adesso. Basta che siano, come già accennato, repliche o replicanti di qualcosa che esisteva prima dell'anno in cui la storia della musica è morta.
Tanti anni e tante generazioni succedutesi - sembra - inutilmente: ad ogni cambio generazionale sembra inevitabile il ripetersi delle stesse, stanche e trite banalità: nel XII secolo Bernardo di Chartres conia l'aforisma che dice "siamo nani sulle spalle di giganti". E dopo mille anni, ancora lì siamo? A rimpiangere quanto eravamo intelligenti noi da giovani e quanto sono stupidi i giovani d'oggi? Quanto erano belle le canzoni di quando eravamo giovani noi e quanto sono brutte quelle di adesso?
Un po' di sano, vecchio relativismo non farebbe male a nessuno. Come non farebbe male essere un po' più consapevoli di come funziona la storia: perdere la memoria del passato non è mai un bene.
Vediamole allora alcune varianti della frase in epigrafe: per me sono tutte più o meno equivalenti nella loro impossibilità di replica argomentata. Ogni replica è preventivamente svuotata di senso, seppellita dalla banalità del "è roba semplice, ma mi piace. Se non siete d'accordo, peggio per voi". A me, tutto questo non piace. Su questa strada, si può giustificare praticamente tutto, da Boldi/De Sica a Moccia a Gigi d'Alessio a Berlusconi. "Sì, questo film fa un po' schifo, è volgare e mal girato, ma mi fa ridere." "Sì, questo libro è scritto male, volgare e insignificante, ma mi fa passare qualche ora spensierata." "Sì, questo disco è banale, già sentito e facilotto, ma per 4 minuti non mi fa pensare." "Sì, questo governo è fatto di ladri, mafiosi, corrotti e maiali, ma Berlusconi non mi fa pagare l'ICI." "It's only rock'r'roll but I like it".
Zappa qui non c'entra molto, ma mi serviva per iniziare l'ultimo paragrafo. Ma molto più di "It's only rock'n'roll" a me piace la sua "We're only in it for the money" :)


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