Alfredo Panzini, Pisa – Piazza dei Cavalieri

Da Paolorossi

Pisa – Piazza dei Cavalieri

Mi avviai io pure. Non era cosi caduta la sera che alla luce ancora sospesa nell’aria, non distinguessi in una piazzetta, deserta allora, un edificio di nobile fattura antica, da gèmine scalee esterne aggraziato, le quali sul chiuso portone in alto si congiungevano.
Una scritta dicea: Scuola superiore di magistero. Una statua marmorea, guerriera, dominava la solitudine della piazzuola.
«Deve essere — pensai — la simbolica Minerva, dea della sapienza, perché questa è la casa della sapienza. Ve ne sono anche altre in Italia : ma questa è una delle case più pregiate.»
Qui studiò, in fatti, Giosuè Carducci, il quale fu come tu vuoi, o Minerva : cioè fu sapiente e fu guerriero : e anzi voleva che i professori fossero i guerrieri della nuova Italia. Quando morì, l’hanno rivestito di abiti pontificali con gran riverenza; ed ora con grande irriverenza lo vanno spogliando anche delle foglie del santo alloro. Minerva, Minerva immortale, non esiste più la immortalità?»
E mi appressai alla statua marmorea. Ohimè! Non era la divina armata Pàllade Atena. La statua era bensì loricata, ma non era Atena. Era uno dei tanti imbelli prìncipi medìcei, agli ordini di casa d’Austria e di Spagna, che pittori e scultori vestivano, nel Seicento, da guerrieri romani, sì che finivano per essere creduti guerrieri veramente romani.
«Minerva, vedete — mi disse il sedentàrio personaggio marmorio — ha l’inconveniente di inoculare la sapienza agitante. Qui si fabbrica invece la sapienza riposante.»

Pisa – Piazza dei Cavalieri – Scuola Normale superiore


Allora per la gèmina scalea di quella scuola mi parve di vedere salire e scendere una quantità di contributi, saggi, ricerche, congetture: una spècie di un altro cimitero.
Antiquària! Con tutta la precisione dei moderni sistemi; ma antiquària. Mi venne, allora, in mente Giacomo Leopardi quando giovinetto usci dalla biblioteca paterna e si recò in Roma per cercarvi la vita, e trovò, invece, che tutto in Roma era antiquària. Guai a lui se alla gente romana egli avesse detto : «Io son poeta, io son colui che sentì il suon dell’ora e le voci dell’infinito». E se avesse detto : «Io son colui che dall’antiquària dedussi il verso: Io solo combatterò,  procomberò sol io», la gente antiquària di allora avrebbe esclamato: «È pazzo costui!». Eppure per quel verso noi lo chiameremo Liberatore.

(Alfredo Panzini, Viaggio di un povero letterato, pag. 116/118 – Fratelli Treves Editori, 1920)

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