All'indomani delle premiazioni piuttosto discutibili, diciamo solo così, ho deciso di proporvi le recensioni di alcuni dei film, anche se vi garantisco, non parlerò solo di quelli che hanno abbagliato la Giuria, perché non sarei corretta nei confronti del CINEMA. Quindi, a poco a poco da oggi, posterò le singole recensioni per dare il giusto spazio a quei titoli che, a mio avviso, non devono andare perduti. Cominciamo con un film di cui già vi avevo accennato, e che, con immenso piacere è riuscito a convincere perfino questa Giuria la quale gli ha assegnato il Premio Speciale e il Premio per la migliore opera prima o seconda.
Giovannesi torna sul red carpet romano dopo aver presentato nel 2009 il film documentario Fratelli d'Italia, nella sezione L'altro cinema. La cosa che più mi interessa dire è che in quel docufilm Giovannesi ci aveva raccontato senza filtri la realtà dei giovani stranieri che cercano di "integrarsi" nel nostro paese. Tra questi, ritroviamo il giovane Nader, ragazzino egiziano che pur di salvaguardare l'amore per la fidanzata italiana non fa che discutere con i propri genitori. Così come "ieri" in Fratelli d'Italia, anche "oggi" a far da sfondo c'è il litorale romano e un Nader più grande con i soliti problemi legati a una religione che non vuole accettare. L'occhio del regista/osservatore segue la vita di Nader e prova a raccontare ancora una volta la borgata romana, tra i banchi di scuola, tra i pomeriggi in discoteca e sulle panchine dei giardinetti che si improvvisano letti nelle notti più fredde. La macchina da presa si posa più di una volta sugli occhi di Nader, un giovane ingenuo ma al contempo ribelle che maschera con delle lenti il suo castano per un azzurro che fa sicuramente più "occidentale", più italiano. Tutto porta a credere che Nader abbia davvero la forza per cambiare qualcosa, di opporsi a quei fastidiosi paletti piantati da una religione che proprio non comprende. Tutto, o quasi. Almeno fino a quando il suo migliore amico Stefano non mette gli occhi su Laura, sorella più piccola di Nader. Scatta qualcosa, forse quel poco che bastava a mettere di nuovo tutto in discussione nella vita di un così giovane uomo alle prese con la propria identità culturale e sociale. Riesce nel suo essere il film di Giovannesi, proprio perché nel corso del suo Alì ha gli occhi azzurri esplode lentamente questa indecisa collocazione di Nader, uno che non vuole affatto essere un "Arabo"(come lo chiama scherzando l'amico), ma non controlla la ragione al solo pensiero che questi abbia potuto sfiorare la sorella più piccola. La naturalezza dei giovani attori (non attori), e questi occhioni azzurri che ad un tratto "si staccano" dal volto di Nader per fare spazio alla fragilità, alle incertezze e alle lotte interiori che probabilmente tormenteranno senza sosta un ragazzino che fa di "tutto" pur di sentirsi "parte di", mi portano a credere che il film di Giovannesi sia un valido titolo da tenere in considerazione non solo nel contesto festivaliero, ma in quello ben più ampio del cinema italiano.Pensando a Pier Paolo PasoliniProfezia, da Alì dagli occhi azzurri. 1964.Alì dagli Occhi Azzurri uno dei tanti figli di figli, scenderà da Algeri, su navi a vela e a remi. Saranno con lui migliaia di uomini coi corpicini e gli occhi di poveri cani dei padri sulle barche varate nei Regni della Fame. Porteranno con sé i bambini, e il pane e il formaggio, nelle carte gialle del Lunedì di Pasqua. Porteranno le nonne e gli asini, sulle triremi rubate ai porti coloniali. Sbarcheranno a Crotone o a Palmi, a milioni, vestiti di stracci asiatici, e di camicie americane. Subito i Calabresi diranno, come da malandrini a malandrini: «Ecco i vecchi fratelli, coi figli e il pane e formaggio!»