L’Isis è il sospettato numero uno per l’attentato di sabato ad Ankara. E’ questa la convinzione delle autorità turche, che si sono espresse sulla strage che ha portato alla morte un centinaio di civili. Le parole del primo ministro turbo Davutoglu non lasciano dubbi sui sospetti che da qualche giorno serpeggiano in Turchia. “La nostra priorità riguarda le indagini sull’Isis. Siamo convinti che l’attentato di sabato scorso sia una strategia per influenzare le elezioni del primo novembre prossimo”.
L’attentato è avvenuto attraverso due kamikaze. Sono due uomini, uno dei quali piuttosto vicino – pare – allo Stato Islamico. In principio si era ipotizzata anche la collaborazione di una donna, che poi è stata smentita. Così, mentre le indagini intorno all’attentato si fanno sempre più stringenti, la polizia di Ankara ha arrestato una cinquantina di uomini sospettati di militare nell’Isis e di operare in diverse regioni della Turchia.
La strage di sabato scorso avrebbe poi generato nuovi scontri nella giornata successiva. In Turchia per i nuovi scontri sono morte due bambine di tre e nove anni. Mentre nella provincia di Diayarbakir una ragazzina di 12 anni è stata colpita da tre proiettili alla testa, e così pure un bambino di tre anni ad Adana raggiunto da un proiettile vagante. Sono queste le stime di una strage senza fine, che non risparmia neppure le vittime innocenti.
La strage di Ankara è un ennesimo capitolo grigio della storia turca. Qualcuno parla già di ripercussioni politiche non indifferenti. C’è chi afferma che la strage di Ankara potrebbe portare alle dimissioni di Selami Altinok, ministro degli Interni turco. Ma intanto dalla capitale turca non si hanno indiscrezioni convincenti. Soltanto, il ministro Altinok ha fatto sapere che valuterà la possibilità delle dimissioni una volta che il clima politico turco sarà tornato alla normalità. La Turchia è un Paese attonito. La strage di Ankara ha prodotto una serie di manifestazioni di solidarietà per le vittime. Migliaia di turchi hanno manifestato con lo slogan “Fermiamo la vita”, una provocazione per fermare le stragi che stanno insanguinando il Paese. Tra l’altro si iniziano a vedere i primi drappi neri sulle porte delle case, per solidarizzare con le famiglie delle vittime di fronte alla violenza degli uomini. E intanto si annunciano tre giorni di lutto nazionale.
Così, mentre la Turchia è ferita profondamente dalla strage di Ankara, il primo ministro Davutoglu ha confermato le elezioni del 1° novembre prossimo. “L’attentato e la violenza dei kamikaze non devono ostacolare il corso delle elezioni. Si faranno qualsiasi siano le circostanze del momento” ha commentato il primo ministro turco.
Sul fronte del Pkk curdo, si è avuta conferma del cessate il fuoco in Turchia e il desiderio di onorare le vittime della strage di Ankara. Nonostante ciò le tensioni politiche tra il governo e il Pkk rimangono inalterate. Si parla di un attrito serio, che potrebbe comunque degenerare al di là degli attuali propositi. Quale sarà dunque il futuro della Turchia? Cosa cambierà veramente all’indomani delle elezioni del 1° novembre? E poi, si giungerà realmente alle elezioni rispettando il cessate il fuoco? Ankara piange i suoi morti, mentre la Turchia studia nuovi equilibri politici.
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