Alla deriva

Da Straker

Quando Siddharta Gautama (il futuro Buddha, il Risvegliato) uscì dal sontuoso palazzo in cui aveva trascorso, del tutto ignaro del male, l’infanzia e la giovinezza, si accorse con sgomento dell’esistenza del dolore, vedendo un malato, un vecchio ed una salma.
Siddharta tuttavia si imbatté “solo” nel male di natura ed è già enorme. Come tollerare il male storico, quello radicato nel genere umano e nei suoi controllori? Come si può biasimare chi, di fronte alla malvagità e all’ipocrisia che piantano i loro neri stendardi nel cuore della Terra, è sfiorato dal dubbio di vivere in un mondo alla deriva, abbandonato dal senso e dalla luce? Come può lo spettacolo vastissimo e lacerante della sofferenza lasciare indifferenti?
Lo scrittore Massimo Bontempelli, in un suo racconto, si chiede: “Perché mai l’umanità che, a pensarla tutta insieme, è così ricca di motivi divini, appena la sfiori nei suoi elementi, la trovi carica di veleno?”
Potremmo anche domandarci: per quale ragione un universo mirabile e lambito da suoni celestiali, è questa bolgia spaventosa? Sono interrogativi senza risposta.
Un tempo l’angoscia poteva essere lenita nella contemplazione della natura; oggi lo scempio regna incontrastato in ogni dove.
Siamo esuli, ma l’esilio non è una condizione biografica, bensì ontologica. Siamo orfani di genitori smemorati, distratti? Così siamo naufragati su una gelida e deserta sponda del cosmo ed attendiamo l’alba. Un barlume balugina oltre il confine della notte… ma è lontanissimo.

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