La dialettica di buona parte delle guide di viaggio presuppone che il lettore sia interessato a scoprire luoghi, pertugi, locali e paesini fuori dai grandi circuiti, dalla folla, dalle code.
L’esperienza di chiunque dice invece sempre il contrario: la gente pare attirare altra gente.
Sempre, ovunque, chi fingendo di non avere altra scelta, chi credendo sinceramente che in fondo sia giusto andare dove tutti vanno – perché in fondo il mondo è venuto così, non certo trovandosi ognuno un suo boschetto dove nascondersi.
E’ ora quindi che si affronti con serenità il senso di colpa che falsa l’inconfessabile desiderio di stare in coda.
La fila ritarda l’atto, e l’attesa colma come le grandi pianure dell’esistenza – che a volte assomiglia a un film troppo lungo, con lunghe fasi in cui non succede assolutamente nulla. Questi e altri potrebbero essere i motivi per i quali pur sapendo dove e quando si verificherà una coda, non si fa nulla per evitarlo e anzi si contribuisce attivamente all’esasperarla.
Una guida a Milano – città che adora come poche altre gli ingorghi, che siano di lamiere o di corpi – non può quindi prescindere da una ristretta e pregna selezione delle migliori code cui poter partecipare e contribuire (altra chiave di successo del fenomeno). Ecco le prime tre.
ENTRARE ALLA MOSTRA SUGLI IMPRESSIONISTI A PALAZZO REALE
Nella terra dei videopoker, del neomelodico e di Checco Zalone che fa la storia del cinema, sarebbe lecito aspettarsi un interesse pressoché nullo per forme espressive che non prevedano lamenti d’amore, buoni sconto o parolacce.
E infatti è quasi sempre così, con buona pace di chi teme un nuovo rinascimento. C’è però a Milano una clamorosa eccezione, vale a dire le grandi mostre di Palazzo Reale, un rito col quale il cittadino paga il suo pegno al minaccioso mondo dell’arte – il sacrificio annuale con cui lavar via una colpa che ci si porta dietro dalle scuole. Succede quindi che ciclicamente il Palazzo Reale proponga una mostra con annessa chilometrica coda, una delle più amate dai milanesi – soprattutto perché la si fa per una causa socialmente percepita come nobile. In particolare, si ama stare in coda per gli impressionisti, uno di quei movimenti che non crea nessuno scontro ideologico o estetico durante la coda (frequente invece in casi di arte astratta o in qualsiasi caso non ci sia un albero, dei monti, il mare o i fiori) oppure per nomi che conoscono anche i gatti e su cui sia possibile fare un minimo di gossip (oh, ma lo sai che Dalì è stato con Amanda Lear?).
PRENDERE UN PANZEROTTO DA LUINI
E’ noto che vi siano specialità culinarie italiane difficilissime da replicare al di fuori della loro terra di origine – anche con gli stessi ingredienti e la stessa ricetta. Milano, ingorda e avara, da sempre invidia al Sud una lunga lista di panzerotti, arancini, sfogliatelle che per qualche motivo i padani non c’azzeccano a preparare.
E così, nel tentativo asintotico di raggiungere l’originale, decide che per ognuna di queste specialità esiste uno e un solo luogo che è giudicato capace almeno di avvicinarsi a come l’ho mangiato giù.
Luini ha vinto da un secolo l’appalto sui panzerotti, e da allora è contraddistinto da una coda quasi sempre davvero importante (o almeno nelle ore in cui si ha fame di panzerotti)– e che viene spesso scusata dai presenti, che si aizzano reciprocamente spiegandosi come mai valga la pena farla nonostante l’azione che la conclude (mangiare un panzerotto) sia piuttosto comune. La posizione, a fianco del Duomo, ne determina ancor più il costante successo: un’ottima soluzione se state facendo una pausa pranzo in centro, avete fame, poco tempo e siete a dieta: un motivo fritto per stare in coda, compagnia assicurata, la sicurezza che abbandonerai entrambe perché devi già andare – e intanto hai risparmiato le calorie del panzerotto.
CODA PER PROVARE UN PEDALINO IL SABATO POMERIGGIO DA LUCKY MUSIC
Lucky music è un negozio di strumenti musicali dove si incontrano il fonico di studio, il padre divorziato che vuole appioppare una chitarra al figlio che caga poco, il metallaro in fasce, il metallaro in armi, le fidanzate dei metallari. Tutti prima o poi ci passano, perché costa meno e c’è tanta roba.
Se siete turisti della coda, Lucky Music ve ne offre una molto caratteristica – contenuta nel tempo ma parecchio impegnativa: la missione, comune evidentemente a tutti i presenti, che genera la coda è il voler “andare a fare un giro da Lucky Music a provare un po’ di cose che probabilmente non comprerai”. Motivi ignoti fanno sì che tutti decidano di provarci il sabato pomeriggio – nonostante la maggior parte dei presenti possa passare o sia passata anche durante la settimana. Se appunto il vostro proposito è di provare quel pedalino lì nella vetrinetta dovrete cercare di attirare l’attenzione dell’uomo con la maglietta del negozio, intercettandolo mentre rimbalza da uno che che sta provando pedalini da ore e un altro che deve decidere se la Squier da 200 euri che ha in mano è lo strumento che fa per lui.
Bloccarlo, pronunciare la frase vorrei provare quel pedalino lì, ottenere una risposta, evitare ulteriori adesso arrivo, riuscire a farsi dare pedalino, chitarra, sedia, cavo e ampli, è già di per sé un’impresa mica da ridere. Mentre fate tutto ciò, sarete in più storditi dalla somma sonora di tutti quelli che stanno già provando qualcosa. Un effetto simile all’orchestra che si accorda, o meglio a una pessima orchestra che non si accorda. Con alcuni grandi classici, tra cui spiccano il chitarrista in erba che è venuto a provare tutti gli esercizi imparati in settimana su una chitarra che non ha intenzione di comprare mentre l’amico chitarrista più indietro tecnicamente guarda invidioso e con falso sorriso, quello che fa male riff storici per cercare di farsi amico la gente intorno (della serie, io non sono come quello là, mentre la provo faccio cose che conoscete) con maggioranza di riff dei deep purple, seguita a ruota da Ain’t Talkin Bout Love dei Van Halen e mezzo catalogo dei Metallica. Quasi una sigla del sabato pomeriggio da Lucky Music è invece Eruption, il pezzo più sborone della storia contenuto nel primo dei Van Halen.
In due varianti: integrale o con il solo tapping finale. Provate a sommare le tre suddette esperienze sonore al ciacerare della gente e a quelli che si urlano le cose che sono da prendere in magazzino. Se e quando riuscirete effettivamente a raggiungere il vostro obiettivo sarete quindi posti davanti al grande quesito: e ora che cosa suono per provare il pedalino? Concludendo appunto che era meglio la coda.