Domenica scorsa è scomparso Mino D'Amato, un giornalista televisivo che si fece conoscere perché volle dare alla televisione dei contenuti seri in maniera semplice. Lo ricordo qui perché ci fu un periodo in cui lo seguii molto: fu quando condusse la trasmissione "Alla ricerca dell'arca" su Rai3 il sabato sera. L'impronta era quella della divulgazione scientifica ma differiva da Quark. Il taglio infatti era giornalistico e non mancavano elementi di mistero.
Gli anni 80 stavano finendo e io, insieme al mio amico Luca, eravamo presissimi da Martin Mystere. Il personaggio bonelliano ideato da Alfredo Castelli ci affascinava per il suo sapiente intreccio di scienze, storia e mistero. In particolare ci piacevano le premesse storico-scientifiche molto serie e ben documentate delle avventure del Detective dell'Impossibile. E poi, ovviamente, la soluzione mysteriosa che Castelli dava alla vicenda. Mino D'Amato presentava un po' allo stesso modo gli argomenti: erano solidissime le basi da cui si partiva, e spesso si presentava un mistero, un fatto ancora insoluto, ma in modo concreto e "laico", oserei dire. Niente a che vedere con trasmissioni di oggi come Voyager che fanno del sensazionalismo misterioso il cardine della puntata, infischiandosene della veridicità storico-scientifica.
Ho appreso della sua morte con commozione per due motivi: perché fu un giornalista diverso che all'epoca apprezzai molto e perchè so che poi, nella sua vita, si dedicò ad aiutare bambini malati con una fondazione da lui creata. Un uomo di cui la Tv odierna avrebbe bisogno.