Venerdì mattina Mario mi scrive che il giorno dopo ci sarebbe stata l’ultima raccolta di uova del Progetto Marmorata della stagione. Malgrado il poco tempo a disposizione e l’assoluta consapevolezza di non poter essere di nessun aiuto se non come mero bracciante, voglio esserci per fare qualcosa di concreto per i nostri fiumi. Pietro è della mia stessa idea e risponde presente all’appello portando anche Marta. Così sabato mattina siamo al bar per incontrare la squadra.
Qualche breve presentazione, un caffè e poi via. C’è ancora poca luce quando ci affacciamo sulle rive dell’Adda. Siamo in un punto in cui è vietato pescare tutto l’anno. Ci sarebbe da sentirsi bracconieri se non fosse che al posto di canne e mulinelli abbiamo reti, vanghe e bacinelle. Gli esperti vanno a colpo sicuro verso i nidi che un occhio poco allenato faticherebbe a individuare anche mentre ci cammina sopra. Le attrezzature vengono posate, si appronta tutto mentre viene misurato il nido: poco più di 150 cm. Già sogno quale enorme marmorata abbia scavato quella buca ma subito mi spiegano che invece dovrebbe essere opera di una trota sui 50 cm.
Ancora incredulo per la differenza tra mole e lavoro dei salmonidi assisto alla preparazione degli scavi e la posa delle reti. Di qui in avanti sembra di vedere un gruppo di cercatori d’oro come mi immagino lavorassero alla fine del 1800 nel Klondike: piano piano vengono smossi ghiaia e ciottoli del fondo per alzare le uova poste sotto, che finiranno nelle reti poco più a valle. Per un po’ di tempo non si trova niente, poi all’ennesimo colpo di vanga, qualche puntino arancio viene avvistato. Io continuo a non vedere nulla, ma naturalmente mi fido ciecamente dei veterani dell’operazione. L’ittiologo, vista la posizione delle prime uova trovate, dà indicazioni su dove saranno probabilmente le altre. Detto fatto, il filone viene individuato e sfruttato a pieno.
Mentre ancora si alza il greto io mi metto a controllare un paio di palate di ghiaia in una bacinella. Ancora scettico controllo i sassolini e la sabbia quando un particolare sassolino tondo e arancio cattura la mia attenzione, il tanto sperato ovetto. Felice come una pasqua continuo a trovare uova (al massimo una ventina, mentre chi spalava nel fiume ne tirava fuori un centinaio a botta…). Arriva il momento di controllare le reti e, insieme a quello che a me sembra uno sfracasso di uova, è un vero spettacolo vedere quanta vita sia uscita da quei pochi centimetri di riva: ninfe di tutte le specie, gammari, ghiozzi, cobiti e addirittura qualche sanguisuga. A questo punto c’è l’operazione più lunga che consiste nel separare le uova buone da quelle purtroppo già morte o intaccate da muffe e malattie varie. A lavoro ultimato, a occhio e croce, sono state raccolte 1.500 uova. Secondo le statistiche dovrebbero schiudersene il 90% che farebbero 1.350 tenere marmoratine in più nell’Adda!
Simone, l’ittiologo, a un certo punto ci indica molte buche sulla riva dicendo che sono prelievi che hanno fatto loro in altre occasioni. Ma come mai degli esseri viventi non hanno l’istindo di nidificare in punti con acqua assicurata che da più possibilità di schiusa delle uova? Presto detto: le piene naturali durerebbero al massimo una settimana, quelle regolate dall’uomo invece durano molto di più, inducendo le trote a spingersi su porzioni di greto che finiscono inesorabilmente in secca portando alla moria totale di tutte le uova. A nido finito devo salutare i prodi del Progetto Marmorata, dello S.C.I., Pietro e Marta per andare a occuparmi della mia nidiata. Loro proseguiranno su altri letti di frega raccogliendo altrettante uova e controllando altri siti.
Vorrei ringraziare pubblicamente i volontari del progetto e dello S.C.I. che si impegnano da anni nel preservare questo meraviglioso pesce che spesso popola i nostri sogni alieutica più proibiti. Giornate intere rubate al tempo libero, il riposo, la famiglia e, perché no, alla pesca a farsi un culo quadro in nome di una passione viscerale. Fare su e giù per i greti, spalare nell’acqua o stare chini a cercare i pallini arancioni non è uno scherzo. Trasportare le uova nell’incubatoio e poi, a sacco vitellino assorbito, riseminare gli avannotti, nemmeno. Ma sono anni che il progetto procede, dando una speranza a un fiume che purtroppo ha subito e continua a subire una forte antropizzazione. Certo, non è che l’Adda sia tappezzato di trote, ma se la popolazione di marmorata non è ulteriormente diminuita in questi anni è proprio grazie a questo importante progetto.