T.O.M.: Ciao Julian, e benvenuto su Obsidian Mirror. Iniziamo subito dal principio. Julian Gudowski, scrittore, graphic designer o che altro? Come ti definisci e, già che ci siamo, cosa ti piacerebbe fare da grande?
J.G.: Ciao e grazie a te per l’ospitalità! Dunque, sono un graphic designer con vari interessi e “pulsioni creative”, più o meno velleitarie. Adoro il cinema e la letteratura di genere, in particolare il noir e l’horror. Mi piace scrivere, ma temo che non basti questo per definirmi “scrittore”, allo stesso modo in cui possedere una bicicletta non fa di me un ciclista. Diciamo che ci provo, cerco di fare del mio meglio. Ritengo “L’Osmiza” un piccolo tentativo ben riuscito, che mi ha portato soddisfazioni inaspettate, considerato che sono un self publisher esordiente.
T.O.M.: A conti fatti, per essere la prima esperienza di un self publisher direi che non è andata affatto male. Sulla genesi de “L’Osmìza” hai già speso un paio di parole sul tuo sito, parole che come avrai notato ho già saccheggiato per la prima parte di questo articolo. Perché non ci racconti magari qualcosa di più? Come è nata e maturata in te l’idea di scrivere un horror e quali sono state le tue fonti di ispirazione (non dirmi solo “Non aprite quella porta” perché non ci credo) ^_^
T.O.M.: Avrei scommesso tutti i miei averi che c'era qualcosa di Stephen King nel tuo racconto. Stavo per chiedertelo direttamente, ma ho preferito aspettare che lo dicessi tu, dando quindi certezza a quella che era solo una mia supposizione. Stephen King ha sempre amato inserire i suoi personaggi in un ambiente rurale e, anche qui da noi, si parla tanto ultimamente di “gotico rurale”, definizione che deriva dall’omonimo romanzo di Eraldo Baldini. Tu invece definisci il tuo lavoro come “horror carsico” che, mi sembra di aver capito, è un termine che hai coniato tu stesso. Spiegaci meglio il significato di “horror carsico”: quali sono, voglio dire, le sue caratteristiche? Vedi qualche punto di contatto tra horror carsico e gotico padano?
J.G.: Non conosco l’opera di Baldini, ma immagino che dietro a definizioni come “gotico rurale” (o nel mio piccolo, “horror carsico”) ci sia la volontà di dimostrare che possano esistere buone storie dell’orrore ambientate nella provincia italiana. Un “horror carsico” amalgama nelle giuste dosi gli stilemi dell’horror americano e inglese con le tradizioni e il territorio della provincia di Trieste. Possibilmente senza risultare troppo “provinciale”. Il risultato è un b-movie sul Carso: divertente, estremo e con personaggi sopra le righe.
T.O.M.: Di personaggi sopra le righe se ne incontrano parecchi nell'osmìza di Darko Zagar, a partire dal proprietario stesso fino all'ultimo dei commensali. Tra l'altro ne “L’Osmìza” incontriamo un personaggio che tu chiami “Baba Jaga”, una figura chiaramente presa a prestito dalla mitologia slava. Se non ricordo male era una vecchia mangiatrice di bambini, come la strega di Hansel e Gretel….
T.O.M.: Ti perdoneranno senz'altro, anche se posso confermare che ne hai trasfigurato l'essenza in maniera impietosa. La tua Baba Jaga è tra l'altro protagonista di una delle scene più cruente dell'intero racconto, una scena che mi piacerebbe raccontare, ma non vedo come potrei farlo senza spoilerare. Mi è sembrato, tra l'altro, di vedere in poche pagine tantissima carne al fuoco. Viene quasi da pensare che, per qualche motivo, tu abbia voluto concentrare tutte le tue idee in un solo breve racconto. Significa che hai già deciso che “L’Osmìza” debba rimanere un caso isolato oppure, al contrario, possiedi un serbatoio di idee vasto come il mondo?
J.G.: L’intenzione era omaggiare il genere che amo. L’ho fatto in modo sincero ma forse un po’ ingenuo, con l’ingordigia di un bambino che scorrazza libero in un negozio di caramelle. Penso però che il tono da horror comedy giustifichi questa abbondanza. Spero che “L’Osmiza” non resti un caso isolato, tempo e pigrizia permettendo! Ho in cantiere un nuovo horror carsico di più ampio respiro, ma purtroppo sono ancora in alto mare, per cui è meglio se non mi sbilancio troppo.
T.O.M.: Non diciamo nulla per scaramanzia quindi, anche se devo ammettere che un pizzico di curiosità è riuscita ad infiltrarsi tra i miei bit. Ultimissima domanda e poi, giuro, la smetto di importunarti. Anzi, no. Invece di una domanda facciamo che ti lascio il campo completamente aperto. Questo è lo spazio dove puoi andare a ruota libera, dove puoi raccontarci i tuoi progetti presenti e futuri, dove puoi farti tutta la pubblicità che vuoi, anche in maniera spudorata.
J.G.: Ahimè, al momento non ho progetti degni di nota da spammare (a parte EHI VOI! LEGGETE “L’OSMIZA”!). Dunque mi limito a ringraziarti ancora per aver dedicato un articolo così corposo al mio raccontino. Sono onorato. Tra l’altro, è stata la mia prima intervista! T.O.M.: Sarà sicuramente la prima di una lunga serie. Questo è il mio augurio e, ne sono certo, anche l'augurio di chi si è fermato a leggere questa pagina web. Non mi resta che ringraziarti e, a beneficio di tutti coloro a cui ho (in)volontariamente stuzzicato la curiosità, ricordo che è possibile raggiungerti tramite la tua pagina web ufficiale, sulla quale si trovano anche i link per raggiungerti sui maggiori social network oltre che, ovviamente, il link per l'acquisto dell'ebook "L'Osmìza: Orrore sul Carso".