Alla ricerca della scuola perduta

Creato il 09 maggio 2015 da Nicolaief

Alla ricerca della scuola perduta

Caro Amico,
Mi hai chiesto per telefono, forse perché sai della mia passione per l’insegnamento, di scrivere qualcosa sulla « scuola dei miei sogni ».
Ti rispondo in forma epistolare, come a farti una confessione, come a rivolgermi a un buon amico che ancora crede nella bontà del ‘sogno’ suo e degli altri, che non si lascia sopraffare dal ‘realismo’, che spesso non è altro che un camuffamento della rassegnazione nella miseria culturale e morale e dell’opportunismo.
« Nessun maggior dolore, dice il Poeta, , che ricordarsi del tempo felice nella miseria », nella miseria culturale e morale in cui è caduta la scuola italiana, in un modo, temo, irreversibile, almeno in tempi brevi.
La scuola, come sai, è un organismo delicatissimo, sensibile, muta in relazione ai mutamenti di costume, di valori, delle finalità sociali alle quali è chiamata a rispondere.
Ma in ogni epoca, sotto qualunque regime, dall’antica Grecia alle moderne democrazie, la scuola si costituisce e trova la sua intrinseca motivazione in due fondamenti imprescrittibili, senza i quali essa non è più tale :come crocevia di passato/presente/futuro ;come spazio d’incontro, fisico ed umano, tra vecchia e nuova generazione, in un rapporto di presumibile fiducia tra docente e discente.
La scuola è, dovrebbe essere, memoria, sintesi cioè ed interpretazione del passato ;è presente, sguardo attento e perspicace sulla realtà ;è futuro, istanza critica del presente e prospettiva individuale e collettiva di possibile miglioramento, propensioni queste ultime che sono proprie delle nuove generazioni.
Quella che, con termine ingannevole, chiamano da decenni ‘riforma della scuola’, ha frantumato questi principi basilari e con essi la dialettica culturale, il dialogo adulti/giovani, abbandonando alla deriva un’istituzione strategica per l’avvvenire e l’identità di un popolo.Come dire che la scuola italiana è stata svuotata della sua funzione primaria :quella educativa didattica, quella precipuamente culturale.
Ma bando alle tristezze, lasciamoci soverchiare dal , che è anche testimonianza morale e perdurante speranza.
La scuola dei miei sogni, caro Amico, è serena, gioiosa, palpitante di vita, ricca di affettività e di vivace creatività.Dove ti può capitare che gli alunni abbraccino il professore perchè lo amano, lo riconoscono competente ed esperiente, figura che nel quotidiano della vita scolastica non tradisce le loro aspettattive;oppure, che il professore si pone in attento ascolto, prende in seria considerazione i dubbi, le domande, le eventuali fanciullaggini, o anche le “confidenze” esistenziali tipiche dell’età adolescenziale.
Questo clima di simpatia umana ed intellettuale è parte importante, deve essere parte integrante, ma non decisiva delle finalità educative.
Il ruolo docente/discente va nettamente distinto perchè il rischio è quello di scadere in un sentimentalismo spicciolo, che nel tempo si rivela sciocco, inutile, dannoso.
Io vedo, al contrario, un docente come guida discreta, sensibile, fortemente consapevole della grande responsabilità nei riguardi della crescita anche sentimentale dei giovani, per cui sa essere di volta in volta severo o indulgente, irremovibile o comprensivo in relazione alla funzione pedagogica primaria e prioritaria :quella di educare alla riflessione, alla conoscenza di se stessi, al gusto per le cose belle e buone, al senso di appartenenza ad una società dalla quale ciascuno riceve, alla quale ciascuno responsabilmente deve dare.
Per dirla in sintesi, e sull’esempio della scuola di Barbiana di don Milani, del quale, tra l’altro, si ricordano le solenni sfuriate ad ogni mancanza d’impegno, i giovani vanno educati a considerarsi portatori di diritti e di doveri, quelli che fondano l’uguaglianza, la dignità, il vivere civile tra gli uomini.
Non vorrei, caro Amico, dietro queste ultime affermazioni, essere frainteso, come se stessi parlando di una forma, ridicola e praticamente inutile, di sovrapposta educazione civica :il fulcro della scuola che io sogno è lo studio, la ricerca, l’entusiasmante scoperta, quella che emerge, nel tempo e nello spazio, da altre culture, da altre e varie esperienze di vita, da altri valori o disvalori, lontani o vicini, coi quali instaurare un confronto, sui quali interrogarsi, dai quali assumere o rifiutare, a seconda delle inclinazioni personali, pensieri, sentimenti, stili di vita.
Dai quali, in ogni caso, trarre la convinzione che per capire meglio se stessi, il proprio ruolo, il mondo in cui si vive, è necessario guardare agli altri, a ciò che è diverso, ad averne conoscenza e comprensione.
La scuola dei miei sogni, caro Amico, lo confesso, è un tempio, da dove è escluso tutto ciò che è profano, tutto ciò che non è compatibile o che distrae dall’impresa oltremodo difficile della formazione delle nuove generazioni :una scuola composta, raccolta, rassicurante, ma disposta ad ironizzare su se stessa, allegra, gratificante di risultati ;dove poi, all’occorrenza, sarebbe l’irruenza dei giovani a violare questo clima.
Ed anche questo deve essere accolto come parte non secondaria della vita scolastica.
E l’insegnamento, confesso anche questo, dovrebbe essere una forma di sacerdozio, una dedizione, un offrirsi interamente non solo come docente, ma anche come uomo, il quale fa partecipi i suoi allievi di tutto quello che sa o che mano a mano apprende, e non esclude le possibili sue emozioni di fronte ad una poesia bella e profonda.
Come vedi, ti sto parlando di un rapporto maestro/discepoli, dove discepolo significa ascoltare, accogliere, verificare, discutere, fare;dove maestro significa migliorare se stesso, sbagliare e correggersi, considerare preziose le singole personalità dei discepoli, importantissima la funzione alla quale ha scelto di dedicarsi.
Ne nascerebbe, tra maestro e discepoli, un’amicizia perdurante nel tempo, che non fa dimenticare, che potrebbe fare dire al discepolo, dopo anni, al di là delle singole materie :« tu mi hai insegnato tante cose che mi mi sono state utili nella vita mia personale e sociale».
Nella scuola dei miei sogni, sul frontone dell’edificio, dovrebbero essere incise le parole di un grande maestro dell’Ottocento, Francesco De Sanctis :
»La scuola sia come un laboratorio, dove tutti, maestro e discepoli, siano compagni nel lavoro, e il maestro non spieghi solo e dimostri, ma ricerchi insieme con loro, sicchè attori siano tutti e tutti siano come un solo essere organico animato dallo stesso spirito ».
NICOLA LO BIANCO


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