Alla ricerca di segnali indiretti di materia oscura

Creato il 21 maggio 2015 da Media Inaf

Un gruppo di ricercatori dello Stanford Institute for Theoretical Physics e del Berkeley Center for Theoretical Physics guidati da Peter Graham alla Stanford University, in California, hanno proposto un metodo che basandosi su osservazioni del cielo ad alta risoluzione spaziale potrebbe fornire, almeno così si spera, la cosiddetta “pistola fumante” per individuare un segnale associato ai processi di decadimento particellare della materia oscura. I risultati di questo studio sono pubblicati su Physical Review D.

La materia oscura costituisce circa un quarto del contenuto materia-energia dell’Universo ma la sua composizione rimane ancora sconosciuta. Le ricerche condotte sia da terra che dallo spazio hanno lo scopo di determinare indirettamente la sua presenza e natura attraverso la rivelazione di fotoni che vengono prodotti nei processi di decadimento o annichilazione. Recenti misure della riga a 3,5 KeV osservata in alcuni ammassi di galassie (vedasi, ad esempio, Raggi X dalla materia oscura? e Quello sconosciuto segnale in banda X) e la presenza di un eccesso di radiazione gamma proveniente dal centro galattico (I raggi gamma testimoni della materia oscura?) sono stati interpretati come possibili candidati di segnali riconducibili alla materia oscura. Ad ogni modo, non è stata ancora esclusa un’origine meno esotica dei segnali che potrebbero essere dovuti, ad esempio, alle pulsar oppure all’emissione degli atomi di potassio.

Le due immagini mostrano i contorni relativi all’effetto del lensing gravitazionale debole e la distribuzione della luminosità X del Bullet Cluster (in alto) e dell’ammasso della Chioma (in basso). Si nota la parziale separazione della materia oscura e della materia ordinaria. Credit: P. Graham et al. 2015

Graham e il suo team suggeriscono che la migliore possibilità per confermare un eventuale segnale associato alla materia oscura potrebbe provenire dagli ammassi di galassie che si trovano nel processo di interazione o di fusione, come nel caso dell’ammasso “El Gordo” di cui abbiamo parlato di recente (Materia oscura fredda e pesante? Non è detto). Durante un merger di due ammassi la materia ordinaria interagisce per via elettromagnetica mentre la materia oscura rimane, per così dire, indisturbata a causa della sua sezione d’urto estremamente piccola, un processo che determina due distribuzioni spaziali di materia ben distinte. Mappe accurate di materia barionica (ordinaria), che possono essere costruite attraverso l’emissione X del gas caldo, e di materia oscura, derivate dal fenomeno della lente gravitazionale, potrebbero aiutare gli astronomi a valutare la significatività statistica del segnale di un fotone dovuto presumibilmente alla presenza di materia oscura.

Dunque, prendendo in considerazione i dati di due ammassi di galassie in interazione, in particolare dell’ammasso della Chioma e del Bullet Cluster, i ricercatori spiegano nel loro articolo come il loro metodo permetterebbe di valutare in maniera non ambigua se l’origine di quei misteriosi fotoni X o gamma sia o meno correlata alla materia oscura. Infine, questo tipo di analisi proposta dal gruppo di Graham potrebbe essere condotta utilizzando i dati ad alta risoluzione degli attuali telescopi che operano in banda X oppure quelli che saranno ottenuti con il prossimo Cherenkov Telescope Array che invece osserverà il cielo a più alta energia.


Physical Review D: Peter W. Graham et al. – Towards a Bullet-proof test for indirect signals of dark matter

arXiv: Towards a Bullet-proof test for indirect signals of dark matter

Fonte: Media INAF | Scritto da Corrado Ruscica


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