Pubblichiamo una parte dell’articolo del Corriere della Sera del 9 gennaio 2015 a firma di Riccardo Bruno.
Alla «Santi Bivona» di Menfi 70 insegnanti su 170 si dichiarano malati o parenti di disabili: così hanno diritto a tre giorni al mese di permesso.
La vicepreside attende all’ingresso con un sorriso malizioso: «No, io non ho la 104». Che non è un modello di automobile ma una legge, nata 22 anni fa per tutelare i lavoratori con gravi disabilità o costretti ad assistere figli e genitori in difficoltà. Qualcuno ne ha approfittato. Ad Agrigento è diventata un’epidemia, in questa scuola di Menfi, sulla costa meridionale della Sicilia, l’Istituto comprensivo «Santi Bivona», dove è stato battuto ogni record: 70 casi su 170 tra docenti e bidelli. Oltre il 40 per cento, carte mediche alla mano, sarebbe messo davvero male. «Abbiamo un triste primato, lo so» allarga le braccia la preside, Teresa Guazzelli.
A novembre ha consegnato l’elenco dei beneficiari della 104, come ha chiesto a lei e a tutta la provincia il provveditore, e adesso aspetta di capire cosa fare. «Noi dirigenti non possiamo che prendere atto delle certificazioni. Non abbiamo mansioni investigative, né possiamo valutare le singole patologie».
È evidente che anche a lei questo andazzo non piace, non solo per quel senso civico e di dovere che gli viene da tradizione familiare (il padre, il maresciallo dei carabinieri Giuliano Guazzelli, proprio in queste terre fu ucciso dalla mafia nel ‘92) ma anche per ragioni pratiche. «Gestire tutto questo personale con la 104 pone non pochi problemi organizzativi». La norma dà diritto a 3 giorni al mese di permesso, per curarsi o curare gli altri, soltanto alla Santi Bivona di Menfi sono 210 giornate lavorative che vengono a mancare. «E c’è qualcuno che ti avvisa la mattina stessa che non verrà a scuola» lamenta la preside Guazzelli.