Esattamente 44 anni fa la musica cambiava, cambiava il modo di farla, il modo di interpretarla e anche quello di ascoltarla.... Dopo il dilagare del rock'n'roll e del surf rock tra gli anni '50 e i primissimi anni '60, il centro nevralgico del mondo musicale è oltreoceano, in quegli Stati Uniti patria natìa del blues e del jazz ancora prima che del rock'n'roll, ma soprattutto culla di artisti come Chuck Berry, Jerry Lee Lewis, Bill Haley, Little Richard, Bo Diddley e il grande Elvis. Dall'inizio del decennio '60 però il baricentro comincia a spostarsi sempre più verso il vecchio continente, trainato prepotentemente dalla prima vera British Invasion. Tutto l'underground musicale di sua maestà, rimasto in sordina mentre il ciclone Elvis faceva sfaceli in ogni dove, trova un varco ed esplode letteralmente; sono gli anni del debutto di Beatles e Rolling Stones, Who, Moody Blues, Kinks, Animals, Yardbirds e chi più ne ha più ne metta. Inutile dire che con band come queste la crescita di qualità e diffusione della musica è esponenziale, così questo turbinio porta con sè anche una nuova corrente, che guarda più avanti, sperimenta nuovi modi di suonare, di comporre, di registrare, e di intendere la musica. Da questa nuova corrente nascono il rock progressivo e quello psichedelico, che caratterizzano il periodo tra la metà dei sixties e gli anni '70, ma che in realtà ancora oggi fortunatamente non si arresta....
Ed è qui che arriviamo all'anniversario che oggi voglio celebrare con questo post, perchè sperimentazione musicale significa trovare nuove maniere per suonare gli strumenti vecchi, trovare nuovi strumenti, mettere insieme effetti, sovraincisioni, e chissà cos'altro, ma anche inquadrare la musica a livello più ampio, integrarla con altre forme d'arte, visualizzare la musica, viverla, e non solo sentirla, non limitarsi a vederla come un sottofondo ma sfruttarne tutte le potenzialità psicologiche e in qualche modo sentimentali. Dagli anni '60 ad oggi di passi in avanti la musica ne ha fatti tanti, spesso proprio grazie a chi ha sperimentato dimensioni nuove, ed è nel 1967 che tutto comincia, quando quattro ragazzi poco più che ventenni, dopo qualche anno passato suonando nei locali dell'underground londinese proponendo cover e rivisitazioni principalmente di brani folk e blues, pubblicano ufficialmente il loro album di debutto, forse ancora inconsapevoli che quell'album sarebbe diventato una delle pietre miliari più grandi della storia della musica.... I quattro ragazzi in questione si chiamano Roger Waters, Nick Mason, Rick Wright e Roger Keith "Syd" Barrett, il loro nome è Pink Floyd e tutto il resto è storia....
All'inizio del 1967 i Pink Floyd incidono un singolo intitolato "Arnold Layne" che viene pubblicato qualche mese dopo con un buon riscontro di pubblico, e che sarà seguito da un altro singolo (e che singolo!), "See Emily play". A metà febbraio iniziano le registrazioni dell'album, negli studi di Abbey Road proprio mentre i Beatles stanno registrando "Sgt. Pepper's lonely heart club band" (e scusate se è poco....). Le versioni sull'atmosfera durante le registrazioni sono contrastanti, c'è chi dice che tutto sommato non ci sono stati grossi intoppi e chi invece ricorda quel periodo come una sorta di incubo, e a dire la verità è più probabile la seconda versione, perchè tutto l'album viene registrato sotto la direzione di Syd, che, anche se ancora non era diventato difficilmente trattabile, è un visionario e vuole che le canzoni, quasi tutte scritte e composte da lui, trasmettano tutte le sensazioni che lui stesso ha provato nel comporle, cosa per nulla facile in uno studio di registrazione, ma tant'è, il 5 agosto del 1967 la fatica viene ricompensata....
L'album si intitola "The piper at the gates of dawn", letteralmente "Il pifferaio alle soglie dell'alba", titolo del settimo capitolo del libro "Il vento fra i salici" di Kenneth Grahame, in cui i protagonisti vengono attratti dalla musica del pifferaio. Già il titolo dà l'idea dell'atmosfera sognante e visionaria che c'è nella testa di Syd, e le "stranezze" non si fermano qui, la copertina è un'altra parte importante; a differenza dello "standard" dell'epoca, il titolo non compare, per lasciare spazio alle foto ripetute e sovrapposte dei quattro membri della band e al nome del gruppo scritto a caratteri cubitali, e da questi elementi è già evidente che l'album è tutto tranne che un disco come gli altri....
Vorrei stare qui a parlarvi singolarmente di ogni brano, e avrei da parlare per ore, ma secondo me esiste un confine tra ciò che è un album e ciò che invece va oltre, così come per i concept album non è sufficiente parlare dei singoli brani ma bisogna seguire il filo conduttore che racconta la storia, così per "The piper at the gates of dawn" l'analisi, per quanto ampia, dettagliata o tecnica dei brani è superflua e insufficiente, va vissuto, va ascoltato ad occhi chiusi lasciando scorrere le sensazioni dentro di sè, e tutto quel che Syd Barrett voleva trasmettere diventa chiaro, per poi forse sparire quando il disco finisce, ma lasciando un'indelebile traccia del suo passaggio.... "Piper" è la mente di Syd, con tutte le sue paure, le sue sensazioni, le sue visioni, sparato dritto nella mente di chi lo ascolta, per questo dico che la musica è cambiata da qui in avanti, perchè la curiosità di inquadrare la musica da un altro punto di vista è pienamente soddisfatta quando il punto di vista sono le sensazioni personali di chi lo ascolta, la sperimentazione si ferma alla registrazione, ma quando la puntina tocca il vinile sul piatto le emozioni corrono dirette alla testa e al cuore e per poco più di 40 minuti trascinano in un viaggio indimenticabile senza ausilio di LSD....
E allora, consigliandovi vivamente di ascoltare questo disco se ancora non l'avete fatto, questo è il mio modo di ricordare Syd e la sua opera prima.... Ciao diamante pazzo.... E grazie di tutto questo....