I Celtics, dopo il primo anno dei Big Three conclusosi con vittoria del titolo, hanno faticato l’anno scorso e quest’anno a mantenere lo stesso livello d’intensità, anche a causa degli infortuni. Si è quindi deciso di dare una scossa ad un ambiente che sembrava incapace di vincere e convincere come in passato. In questo senso probabilmente ha ragionato il general manager dei Celtics, Danny Ainge, pensando ad un cambiamento nel roster, e Ray Allen è sembrato tra tutti il più “sacrificabile”, in quanto in scadenza di contratto a fine stagione e non certo giovanissimo.
La situazione di Stoudemire è invece differente: era noto che volesse cambiare squadra e che la franchigia lo volesse cedere. Si vedeva più nell’atteggiamento che nelle cifre, (comunque ottime per un giocatore che gioca così bene a fianco di Nash) che mancasse feeling con la squadra a cominciare proprio dal canadese. Steve Kerr, gm dei Suns, ha rivelato che alla fine Amar’e non è stato ceduto per la mancanza di un giocatore di eguale valore in cambio, sebbene le trattative per l’estensione del suo contratto continuino con il suo agente. Come nel caso di Allen, alla chiusura del mercato di febbraio, stabilito che il giocatore dovesse rimanere a Phoenix, questi ha cambiato marcia, le sue cifre sono cresciute, ed è migliorato soprattutto in difesa, dove non si era mai particolarmente applicato, e in generale c’è maggior intesa con il resto della squadra. I maligni dicono perché a fine stagione ha la possibilità di uscire dal contratto e di diventare un free agent, e vuole evitare di farsi la fama di giocatore “difficile”, che non si integra facilmente in squadra, dato che probabilmente non rimarrà in Arizona. Secondo un’altra chiave di lettura, vista l’impossibilità di essere ceduto a metà stagione, ha deciso di “darsi una mossa” e aiutare la squadra a raggiungere la posizione migliore nella stagione regolare (attualmente quarti), per poi giocarsi tutte le possibilità ai playoff. Qualunque siano le ragioni, è indubbio un miglior rendimento, che ha toccato il season-high di 44 punti contro Utah, con una media nel mese di marzo di 28.8 punti.
In entrambi i casi, un presunto e/o sperato cambio di squadra ha influito sul rendimento di un giocatore - in peggio e poi in meglio - a dimostrazione che l’aspetto mentale (che sia la tranquillità di sapere di rimanere in una squadra o la certezza di doverci rimanere fino a fine stagione) nel basket, come in quasi tutti gli sport, è assolutamente fondamentale per performance di alto livello.