Allen Ginsberg, Neal Cassady

Da Villa Telesio

Allen e Neal

Neal Cassady era il mio animale: mi ha messo in ginocchio e insegnato I’amor del suo cazzo e i segreti della sua mente

E ci trovavamo e conversavamo, andavamo a passeggio di sera al parco Fino a Harlem, ricordando Denver e Dan Budd, un eroe

E facevamo i turni a chi dormiva comodo a Harlem, dopo una lunga sera, Jack e padrone di casa in letto a due piazze, io mi offrivo per la branda, e Neal veniva volontario nella branda con me, e spogliati ci sdraiavamo. Io tenevo le mutande, boxer, lui gli slip – a luci spente su quel letto stretto io mi voltavo su un fianco, schiena rivolta al suo torace di ragazzo irlandese, mi raggomitolavo in equilibrio sul bordo, tenevo le distanze _ testa senza appoggio e braccio lungo il fianco, appartato

E lui vedendo la mia paura allungava un braccio, mi circondava il petto Dicendo <…> e mi raccoglieva contro di sé: restavo lì tremante e sentivo il suo grande braccio come quello d’un re,

E i pettorali, il tonfo lento del suo cuore contro la mia schiena, e il basso del suo torace, stretto e fatto di ferro, liscio contro la schiena, e la pancia soda in fiamme mi scaldava e io remavo- Quella sua pancia di pugni e fame, quella sua pancia che mille ragazze han baciato in Colorado quella sua pancia di sassi buttati giù dai tetti di Denver, prodezza del salto e dei pugni, il suo stomaco di solitudini,

La sua pancia di ferro arroventato e galere affettuosa al mio fianco: cominciavo a tremare, lui mi tirava a sé col braccio, mi abbracciava a lungo e stretto mi si scioglieva I ‘anima, il riserbo spariva, diventavo Da quel momento aperto, a sua natura come un fiore nello splendor del sole. E sotto la pancia, in bianca mutanda, pressato tra le mie chiappe, I suoi lombi molle contro di me, Iì annidato per compagnoneria, sporto e premuto in me, aperto al mio sentirlo lento cominciava a crescere a, segnarmi di più e più profondo affetto, tenerezza sessuale. Così tenero I’uomo, così dolce il momento, così gentili le cosce rannicchiate contro di me forti pelle liscia, calde accanto alle mie gambe Che il corpo mi rabbrividisce e trema di felicità ricordando – La sua mano s’apriva sulla mia pancia, palma e dita di piatto contro la pelle Gli cedevo, mi voltavo, cambiavo posizione, posavo la faccia sul suo braccio, petto contro il suo, lui mi aiutava a voltarmi, mi teneva stretto traccio attorno alla mia schiena sotto la mia testa, braccio attorno alle mie chiappe tenero che mi teneva a sé, pance accoccolate insieme, lombi che si toccavano insieme, premendo esperti della reciproca durezza. e il mio che sbuca fuori dalle mutande. Poi io mi stringevo più vicino e infilavo una gamba tra le sue,e lui a metà sdraiato su me con le cosce facendomi una cuccia più vicino, carezzando e mi muoveva incontro premendo il cazzo alla mia coscia e il mio alla sua lento,e lenta cominciava una partita d’amore che continua nella mia immaginazione sino a oggi ben dieci anni dopo. Così incontravo Neal e così ci tastavamo la carne c’impadronivamo di corpo e anima I’un dell’altro. Io allora mi sdraiavo sul suo petto braccia avvinghiate attorno al suo collo e la sua guancia contro la mia, Allungavo la mano a carezzare la sua grande schiena per la prima volta, mascelle e pettorali d’acciaio sotto le mie dita, più vicino e più zitto, giù per la schiena di seta ferro fino alla vita, tutto il suo torso ora offerto la mia mano attorno alla vita tremante, aspettava rinviando, poi sotto l’elastico dei suoi slip, per primo toccavo quel monte liscio di chiappe di sasso, setose nella forza, arrotondate in chiavate animali e notti corporee su infermiere e studentesse, Oh culo di lunghe solitudini in macchine rubare, e solitudini su marciapiedi, meditando guancia poggiata a pugno, Culo di mille addii, culo di gioventù, d’amanti di gioventù, Culo di mille solitarie cagate in stazioni di servizio culo di grandi dolorose segretezze degli anni Oh culo di mistero e notte culo di palestre e braghe muscolose culo di licei e masturbazione culo di delizia solitaria, culo d’umanità, così bello e fondo, retaggio di Mente e Angeli, Culo d’eroe, Neal Cassady, lo tenevo in mano: con le dita tracciavo la curva fino in fondo alle cosce. Sollevavo le mie, abbassavo le mutande fino alle ginocchia, mi piegavo per calciarle via, lui mi sollevava dal suo petto, e si tirava giù gli slip allo stesso modo, umile e mansueto e obbediente al suo umore il nostro silenzio, e nudo alla buonora con angelo e greco e atleta e eroe e fratello e ragazzo dei miei sogni disteso coi capelli frammisti ai suoi,lui che mi chiedeva <> – E mi confessò, anni dopo, lui mica pensava che ero culo all’inizio che doveva farmi contento, ciucciarmi e farmi venire, che se però lo ero culo era quel che avrei voluto da un coglione bastardo come lui. Ma io feci il mio primo errore, lo feci ipso facto mio padrone, e abbassai la testa,e tenendogli le chiappe Mi dedicai a quel cazzo duro tenendolo con una mano, sentendolo pulsare e il mio premendogli alle ginocchia e col respiro gli mostrai che avevo bisogno di lui, cazzo, per i miei sogni di insazietà e amor desolato. – E sono qui disteso nudo al buio, sognando

Artico, 10 agosto 1956

(Traduzione di Luca Fontana) Allen Ginsberg, Poesie scelte 1947-1995

(Fonte: Linutile)


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