Caldo torrido, uscire dall’auto condizionata e fare le scale di casa equivale a scalare una montagna di sabbia.L’umidità mi abbraccia appiccicosa.Arrivo in casa e sento i classici versi da gioco sul tappeto di mia figlia, 9 mesi.Per qualche strano motivo è prona, testa contro il cuscino, gambe dritte e sedere in alto, nel vano tentativo di alzarsi in piedi.Dato che da quella posizione non riesce ad alzarsi le corro in aiuto, butto malamente la borsa la prendo da sotto le braccia e la metto seduta. Scattano l’urlo e il pianto inconsolabile.N: “Ehi, volevo solo aiutarti, com’eri prima non ti alzavi, eri in stallo!” dico pensando guarda te quando si vuol fare del bene.G: “No, mi sto allenando ad essere felice, non mi puoi aiutare”.La tentazione di andare a fare una doccia è tanta ma questa bimba è troppo sveglia, son troppo curioso. Grondo sudore e stanchezza ma mi butto.N: “Non capisco ma ti garantisco che non è mia intenzione privarti della felicità”.G: “lo so, solo che la felicità bisogna allenarla. E io mi sto allenando all’idea di allenamento”.Mi guardo attorno sperando che compaia un mojito in mio soccorso, invece nulla.G: “Vedi, il cervello impara cosa fare, trasforma le buone teorie in comportamento, in abitudini ma non è automatico. Se non ci si allena impareremo le buone teorie ma non le trasformeremo in abitudini e resteranno solo teorie.”N: “E questo lo capisco, ma perché ti vuoi alzare a rovescio?”G: “Perché bisogna imparare a percorrere nuove strade. La vecchia via, il vecchio modo di fare le cose è più facile, il mio cervello è già capace di farlo. La nuova via invece la conosco ma ancora non è una mia abitudine e io devo renderla automatica.”N: “Ok, bene. Non ti avvilire se non ce la fai, in ogni caso”.G: “Questo è il bello: l’allenamento è successo. Sbagliare fa parte dell’allenamento ma ogni volta è più facile, è inevitabile. E se continuo ad allenarmi il mio cervello farà di tutto questo un’abitudine”.N: “Non vorrei smontarti, mi piace il tuo entusiasmo, ma capiterà anche che sbaglierai e che non imparerai”.G: “Guarda mi fai rabbia, forse è il caldo e sei stanco. Allora, pensa alla guida: io quando ti guardo guidare penso che sia difficilissimo, hai solo due piedi e ben tre pedali, solo due mani e mille cose da fare. Anche quando guidi la moto, coordini mani piedi, per me è incredibile”.N: “Anche io da piccolo pensavo fosse impossibile, ricordo che credevo che non avrei mai imparato”.G: “Bene, adesso dimmi quanto pensi alla guida quando guidi”.N: “Niente, penso ad altro, è automatico”.G: “Perché ti sei allenato, ormai è un’abitudine. E, visto che ti sei allenato tanto e con impegno, hai imparato bene. La cosa che può succedere è di allenarsi male, imparando qualcosa di sbagliato.”N: “Ok, ho capito, hai ragione. Non ho capito però perché la felicità. Perché bisogna allenarla”.G: “Perché deve diventare anche lei un’abitudine. Perché voglio che sia per me in modalità automatica. Ci sono tante cose che voglio allenare nella mia vita e ho pensato che se a monte di tutto tengo la felicità non può essere così male.”N: “Beh, direi che hai ragione, se rendi la felicità un’abitudine non può che andarti bene”.G: “E poi mi devo allenare ad allenarmi. Ho pensato che la maggior parte dei buoni propositi falliscono perché la gente trova il proposito, trova il modo di farlo bene ma poi non è abituata ad allenarlo. Manca questo. Quante volte a fine anno si fanno propositi? Sono tutti validi. Uno è sovrappeso e decide di mettersi a dieta. Giusto focus sul problema, giusta soluzione, manca l’abitudine ad allenarsi.”N: “Hai sempre più ragione, allora buon allenamento. Se poi pensi di fare palestra dimmelo”.G: “Ci si allena sul campo, in palestra ti puoi preparare ma l’allenamento è meglio farlo sul campo. Sempre”.N: “Dammi tregua, vado a farmi una doccia, sei tremenda”.G: “Prima mi cambi il pannolino tutto questo allenamento mi ha fatto fare diversi bisogni addosso”.N: “Dai amore, vieni che ci cambiamo, sono allenato”.
Caldo torrido, uscire dall’auto condizionata e fare le scale di casa equivale a scalare una montagna di sabbia.L’umidità mi abbraccia appiccicosa.Arrivo in casa e sento i classici versi da gioco sul tappeto di mia figlia, 9 mesi.Per qualche strano motivo è prona, testa contro il cuscino, gambe dritte e sedere in alto, nel vano tentativo di alzarsi in piedi.Dato che da quella posizione non riesce ad alzarsi le corro in aiuto, butto malamente la borsa la prendo da sotto le braccia e la metto seduta. Scattano l’urlo e il pianto inconsolabile.N: “Ehi, volevo solo aiutarti, com’eri prima non ti alzavi, eri in stallo!” dico pensando guarda te quando si vuol fare del bene.G: “No, mi sto allenando ad essere felice, non mi puoi aiutare”.La tentazione di andare a fare una doccia è tanta ma questa bimba è troppo sveglia, son troppo curioso. Grondo sudore e stanchezza ma mi butto.N: “Non capisco ma ti garantisco che non è mia intenzione privarti della felicità”.G: “lo so, solo che la felicità bisogna allenarla. E io mi sto allenando all’idea di allenamento”.Mi guardo attorno sperando che compaia un mojito in mio soccorso, invece nulla.G: “Vedi, il cervello impara cosa fare, trasforma le buone teorie in comportamento, in abitudini ma non è automatico. Se non ci si allena impareremo le buone teorie ma non le trasformeremo in abitudini e resteranno solo teorie.”N: “E questo lo capisco, ma perché ti vuoi alzare a rovescio?”G: “Perché bisogna imparare a percorrere nuove strade. La vecchia via, il vecchio modo di fare le cose è più facile, il mio cervello è già capace di farlo. La nuova via invece la conosco ma ancora non è una mia abitudine e io devo renderla automatica.”N: “Ok, bene. Non ti avvilire se non ce la fai, in ogni caso”.G: “Questo è il bello: l’allenamento è successo. Sbagliare fa parte dell’allenamento ma ogni volta è più facile, è inevitabile. E se continuo ad allenarmi il mio cervello farà di tutto questo un’abitudine”.N: “Non vorrei smontarti, mi piace il tuo entusiasmo, ma capiterà anche che sbaglierai e che non imparerai”.G: “Guarda mi fai rabbia, forse è il caldo e sei stanco. Allora, pensa alla guida: io quando ti guardo guidare penso che sia difficilissimo, hai solo due piedi e ben tre pedali, solo due mani e mille cose da fare. Anche quando guidi la moto, coordini mani piedi, per me è incredibile”.N: “Anche io da piccolo pensavo fosse impossibile, ricordo che credevo che non avrei mai imparato”.G: “Bene, adesso dimmi quanto pensi alla guida quando guidi”.N: “Niente, penso ad altro, è automatico”.G: “Perché ti sei allenato, ormai è un’abitudine. E, visto che ti sei allenato tanto e con impegno, hai imparato bene. La cosa che può succedere è di allenarsi male, imparando qualcosa di sbagliato.”N: “Ok, ho capito, hai ragione. Non ho capito però perché la felicità. Perché bisogna allenarla”.G: “Perché deve diventare anche lei un’abitudine. Perché voglio che sia per me in modalità automatica. Ci sono tante cose che voglio allenare nella mia vita e ho pensato che se a monte di tutto tengo la felicità non può essere così male.”N: “Beh, direi che hai ragione, se rendi la felicità un’abitudine non può che andarti bene”.G: “E poi mi devo allenare ad allenarmi. Ho pensato che la maggior parte dei buoni propositi falliscono perché la gente trova il proposito, trova il modo di farlo bene ma poi non è abituata ad allenarlo. Manca questo. Quante volte a fine anno si fanno propositi? Sono tutti validi. Uno è sovrappeso e decide di mettersi a dieta. Giusto focus sul problema, giusta soluzione, manca l’abitudine ad allenarsi.”N: “Hai sempre più ragione, allora buon allenamento. Se poi pensi di fare palestra dimmelo”.G: “Ci si allena sul campo, in palestra ti puoi preparare ma l’allenamento è meglio farlo sul campo. Sempre”.N: “Dammi tregua, vado a farmi una doccia, sei tremenda”.G: “Prima mi cambi il pannolino tutto questo allenamento mi ha fatto fare diversi bisogni addosso”.N: “Dai amore, vieni che ci cambiamo, sono allenato”.
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