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Allevamento etico e sostenibile – ”Percorsi di consapevolezza” – Roma, Domenica 19 gennaio 2014

Da Olikos

17 DICEMBRE 2013 AT 23:00

Cosa sono le Panas Pantamas?
Si narra che quando una donna moriva di parto era soggetta a diventare Pana o lavandaia e a tornare temporaneamente fra i mortali con le stesse sembianze che aveva da viva.
La maledizione, inflitta dalla Morte stessa in quanto il decesso era avvenuto in un momento particolare della loro esistenza considerato “impuro”, consisteva nel lavare i panni del parto macchiati di sangue e le fasce della loro creatura, per un tempo che variava dai due ai sette anni.

Le Panas potevano essere scorte lungo i ruscelli posti ai crocevia, fra l’una e le tre del mattino, mentre lavavano e cantavano una tristissima ninna-nanna.
La condanna implicava l’assoluto divieto di parlare o di interrompere il lavoro: se questo accadeva, esse dovevano ricominciare daccapo il tempo della penitenza.
Pertanto, se venivano disturbate da qualcuno mentre erano intente a lavare, le Panas si vendicavano spruzzandogli addosso acqua, che però bruciava come fuoco. Per questo motivo le donne sarde non andavano mai a lavare i loro panni durante la notte e spesso le macchie sul viso, soprattutto di giovani donne, venivano spiegate come una vendetta delle Panas disturbate.

Affinché la puerpera morta non diventasse lavandaia notturna, si usava metterle nella bara un ago con il filo senza nodo, un pezzo di tela, un paio di forbici, un pettine ed un ciuffo di capelli del marito.
Ciò affinche la defunta rimanesse occupata a cucire il corredo per il bambino e tralasciasse così di andare a lavare al fiume.
Si dice anche che tali strumenti servissero per dare alla defunta una scusa legittima da rispondere alle altre Panas, che la inviteranno a recarsi al fiume per lavar le fasce del lattante.
Le Panas le diranno:
“Comà, a benides?”
Ed essa risponderà:
“No no,chi so cosende, no no chi so ispizzende (pettinando) a maridu meu.”

Un’altra leggenda narra che le Panas si recassero alle vasche di campagna alla mezzanotte con uno stinco di morto per battere i panni (sa daedda). Qualche donna racconta di averle vedute e di essersi fatta lasciare da esse sa daedda e solo alla mattina seguente di essersi accorte di avere portato a casa uno stinco di morto.
Sotto consiglio del confessore, riportarono la notte seguente, alla stessa ora, sa daedda alla proprietaria, dicendo:
“Tè sa daedda chi no est sa mia”.
Si dice che si trasformassero in Panas anche le ragazze nubili, rimaste incinte, ed affogate per questo dai parenti in piccoli bacini d’acqua.
In alcune zone della Sardegna col termine “pantaminas” si indicano gli spiriti vaganti e non si fa più riferimento alle donne morte di parto.

Veniamo alle colleghe Irlandesi e scozzesi…

La Bean Nighe, letteralmente “la lavandaia dei guadi” e’ la versione scozzese della Bean Sidhe, altro nome della famosa “Banshee” irlandese.
Vaga nelle notti senza luna vicino ai fiumi dove lava gli abiti intrisi di sangue di coloro destinati a morire di li a poco.
Si dice che le Bean Nighe siano spiriti di donne morte mentre partorivano e che vaghino sino al giorno in cui sarebbero dovute morire conducendo una vita regolare.
Secondo alcune descrizioni la Bean Nighe possiede una narice, un grande dente che sporge abbondantemente, piedi palmati e grossi seni cadenti. Talvolta la si può vedere con l’aspetto di una piccola donna, piegata e anziana.

Morrigan
Un mortale che la avvicini senza farsi scorgere mentre sta lavando e succhi il suo seno può chiederle di esaudirgli un desiderio. ciò è possibile poichè essa crede si tratti di un figlio adottivo.
La lavandaia dei guadi è conosciuta anche con il nome generico di Ban nighechain (piccola lavandaia) o nigheag na h-ath (piccola lavandaia dei guadi).
Il fatto che le Banshee altre non fossero che gli spiriti delle donne morte di parto, sottolinea la connessione profonda fra le acque ed il grembo femminile, simbolo di vita e di morte allo stesso tempo.

Questi esseri fatati sono conosciuti sopratutto per essere annunciatrici di sorte avversa e si narra che per impedire che si verifichi la tragedia che annunciano, occorra vederla prima di essere visti, quindi afferrarla (operazione molto difficile). In questo modo la banshee rivelerà che cosa deve accadere ed a chi ed esaudirà tre desideri.

Il significato di Bean Sidhe (o dal gaelico Bean Si), è quello di “donna delle brughiere”. Ne viene data anche un’altra descrizione che la farebbe apparire come una donna o anziana o giovane e bella, ma triste e con gli occhi arrossati di lacrime.
Loro madre e guida è Aine, che protegge i morti nel loro viaggio verso l’oltretomba e i “feti nel grembo materno”.
Queste creature sono famose per i loro gemiti ed urli,chiamati “Keen”, che attraversano la notte ed annunciano all’udente la morte di un prossimo. Appare o sola o in altri gruppi di banshee.
La presenza di banshee vicino alle abitazioni di malati gravi veniva ancora segnalata nell’Ottocento. Ai loro gemiti dovevano rispondere come un’eco quelli dei parenti addolorati: questa alternanza e sovrapposizione di voci si ritrova nella struttura dei lamenti funebri tradizionali.

Ci sono parecchie analogie tra questi esseri leggendari, e per quel che mi riguarda mi rifiuto di chiamarle coincidenze.
Ho trovato per esempio, particolari identici per quanto riguarda le nostre surbiles, con vampiri della cultura popolare veneta ed addirittura cinese e presto farò un articolo in merito.
Non credo assolutamente che questi esseri siano solo un parto delle paure generate in passato dall’ignoranza del popolo.
Voi cosa ne pensate?


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