Quando ho scoperto che Shia Labeouf aveva intenzione di farsi una maratona di tutti i suoi film a cronologia inversa, ho pensato quello che hanno pensato praticamente tutti: PERCHE’? Stiamo parlando di 72 ore filate di film, di suoi film, che francamente non brillano per chissà quale contenuto eccelso. Lo sforzo che deve aver fatto per sopravvivere a 72 ore filate deve essere stato qualcosa di sovraumano, e parlo con cognizione di causa dato che nel 2004 partecipai alla maratona cinematografica di 12 ore de Il signore degli anelli con i primi due capitoli in versione extended, uscendo dal cinema vivo per miracolo. Labeouf ha compiuto la sua impresa seduto in una poltroncina dell’Angelica Film Center di New York, affittando una sala a suo esclusivo uso e garantendo l’ingresso libero ai comuni mortali. Entravi, ti sedevi e, in sua compagnia, ti guardavi uno dei 29 film in programma.
Che significato ha questa impresa chiamata #allmymovies? Perchè Shia si punta una telecamera in faccia offrendoci gratis e in diretta streaming la possibilità di guardarlo per tre giorni consecutivi? Nessuno lo sa. Era ovvio che avrebbe ceduto al sonno, alla fame, alla noia, alla risata, alla gioia, all’isteria e tutta quella serie di azioni che di solito vengono mascherate dagli attori per evitare di essere percepiti come umani (sbadigliare, mettersi le dita nel naso, sporcarsi la faccia col cibo, ecc.). In 72 ore questo è lo spettacolo muto che ci viene offerto: lo spettro intero delle emozioni che l’attore prova nella realtà rivedendo se stesso sullo schermo.
Amelie Poulain ne Il favoloso mondo di Amelie faceva esattamente la stessa cosa al cinema: si girava durante la proiezione di un film per guardare i volti delle persone smarrite nella storia. Alcuni ridevano, altri erano seriosi, altri piangevano; ognuno mostrava una diversa emozione nella sua forma più pura, protetta dal buio della sala e dalla solitudine che solo l’esperienza cinematografica può donare. Come se il cinema riuscisse a cavarci dall’anima sentimenti veri, genuini e non costruiti.
Queste sue bizzarrie si susseguono nel tempo già da un po, ad iniziare dal progetto #IAMSORRY, per il quale si chiuse in un museo di Los Angeles per 5 giorni, invitando chi lo desiderasse a sedersi dinnanzi a lui per tutto il tempo desiderato. Non era prevista nessuna conversazione, sul banchetto venivano esposti oggetti richiamanti la sua carriera di attore (nella foto la frusta di Indiana Jones) e un sacchetto bucato con incisa la scritta I AM NOT FAMOUS ANYMORE gli schermava il volto. Lo stesso sacchetto fu già protagonista di dibattito durante la presentazione di Nymphomaniac alla Berlinale del 2014, quando Shia sfilò sul red carpet col volto coperto e in conferenza stampa si limitò a non rispondere alle domande e citare il calciatore Eric Cantona con la frase <Quando i gabbiani seguono il peschereccio, è perché pensano che verranno gettate in mare delle sardine> prima di lasciare la sala nello stupore generale.
Una reale dichiarazione di guerra alla fama da attore di blockbuster maturata nel tempo grazie ai suoi film. Purtroppo Hollywood è permalosa e una volta che la mandi a fare in culo difficilmente ti riaccoglie a braccia aperte (eccezion fatta per Robert Downey Jr). Di seguito vi propongo una simpatica raccolta di gif. animate a testimonianza dei momenti più divertenti di #allmymovies.