Alluvione a Genova: bombe (d’acqua) sulla mia città

Creato il 11 ottobre 2014 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali
di Michele Marsonet. “Genova per noi”, cantavano Bruno Lauzi e Paolo Conte – autore della canzone – anni orsono, fornendo un’immagine del capoluogo ligure che ormai non corrisponde più alla realtà. L’astigiano Conte notava che il viaggio dei suoi compaesani verso la costa assumeva i contorni del mito poiché, da loro, il mare è ignoto e il sole si manifesta rare volte: “un lampo giallo al parabrise”.

Altri tempi e, nel mentre, tutto è cambiato. A volte i genovesi o coloro che, pur non essendo del luogo come chi scrive, abitano nella città, hanno l’impressione di vivere a Bangkok o a Manila, con i tifoni che si abbattono violentissimi in quei Paesi esotici spazzando via interi quartieri (soprattutto quelli più poveri, non a caso).

Colpa dei cambiamenti climatici e dell’effetto serra, senza dubbio. Chi aveva mai sentito nominare le “bombe d’acqua” in Italia? Espressione prima sconosciuta, adesso è entrata nel linguaggio comune, al punto che tutti consultano ansiosi i bollettini Arpal per verificare se esiste il pericolo che una delle suddette “bombe” si abbatta improvvisamente sulle loro zone.
Ma la meteorologia, si sa, non è una scienza esatta. Non lo era ai tempi del mitico Bernacca, quando il tempo manifestava segni d’instabilità assai minori. Figuriamoci dunque oggi, con monsoni, tifoni e quant’altro che compaiono all’improvviso scaricando quantità di pioggia che prima cadevano nel corso di un intero anno. E pure le trombe d’aria, una volta fenomeno raro, adesso sono all’ordine del giorno. Si osservano con apprensione le punte che scendono dai nuvoloni neri ben sapendo che rappresentano l’inizio di un vortice che travolge tutto ciò che incontra sul suo cammino. Quest’anno è accaduto un’incredibile quantità di volte, in Liguria come altrove.

Fatta questa doverosa premessa, e ripetuto che i mutamenti climatici travalicano in buona parte il nostro controllo, credo che qualche considerazione sull’ennesima alluvione genovese vada fatta. Tra l’altro, proprio mentre scrivo, un fenomeno analogo sta flagellando la Riviera di Levante dove abito, e la Ruta – che è poi la vecchia Aurelia romana – sulla quale si affaccia la mia casa, è un torrente in piena, limaccioso e minaccioso, che trascina giù detriti di ogni sorta dalle alture.

Qual è dunque il problema? Presto detto. Tre anni fa, nel 2011, un’alluvione analoga colpì Genova. In quel caso i morti furono sei, questa volta (per ora) solo uno. Accadde che l’allora sindaco del PD Marta Vincenzi fu subito posta sul banco degli accusati. In seguito perse le primarie democratiche (a Genova è pressoché impossibile che il primo cittadino non appartenga alla sinistra) a favore di Marco Doria di SEL, tuttora sindaco con una coalizione per l’appunto di sinistra. La presunta imperizia della Vincenzi nel gestire l’emergenza ambientale fu, a detta di molti, una delle cause principali della sua sconfitta.

Ebbene, adesso ci ritroviamo allo stesso punto. L’attuale sindaco, a volte definito “principe rosso” perché figlio del “marchese rosso” Giorgio Doria, discendente del celebre ammiraglio Andrea, già vice-sindaco PCI e poi passato a Rifondazione comunista, sta passando ore difficili. Gli vengono in sostanza imputate le stesse colpe che probabilmente costarono il posto alla Vincenzi. Come quest’ultima, però, ha subito tirato fuori gli artigli ed è iniziato il gioco dello scaricabarile. La responsabilità sarebbe della Regione che non ha messo in sicurezza i punti critici.

Pronta la replica del governatore Claudio Burlando, già Ministro dei trasporti con Romano Prodi e uomo di grande esperienza politica. Ci sono ben 35 milioni di euro pronti per il cantiere sul Bisagno e altro, ma non possono essere utilizzati perché la ditta che ha perso l’appalto, dopo aver fatto ricorso al Tar e al Consiglio di Stato, è riuscita a bloccare tutto.

Morale della favola? E’ colpa della burocrazia. Tanto, usando un termine così generale si rischia niente. E l’Arpal? Il sindaco Doria, seduto a teatro in prima fila quando la cosiddetta bomba d’acqua è caduta, sostiene di non essere stato avvertito. In parte vero perché la criticità segnalata era ordinaria e non al massimo grado. Tuttavia si è già notato in precedenza che prevedere con esattezza fenomeni simili non è possibile.

Non credo che ai parenti della sventurata vittima deceduta in un sottopasso tutto questo interessi molto. Anche perché la responsabilità del degrado è sì imputabile in gran parte alla politica, ma non ci si può certo limitare all’oggi. Le radici risalgono all’abusivismo edilizio che iniziò nel dopoguerra, alla costruzione di interi palazzi su torrenti dei quali si conosce da sempre e benissimo la pericolosità, alla mancata cura dei boschi e dell’entroterra che ha causato, e continua a farlo, frane senza fine.
Altre sono le colpe imputabili ai politici dei giorni nostri, e due in particolare. In primo luogo il tanto (troppo) tempo speso a parlare di primarie, di dosaggi tra correnti che spesso sono soltanto macchine – o macchinette – atte a supportare l’ascesa di personaggi mediocri, di incarichi da spartire tra i fedeli dei personaggi suddetti. E poi la scarsissima attenzione prestata alle problematiche del territorio, vale a dire l’ambiente in cui i cittadini-elettori trascorrono la vita quotidiana.

Featured image, Genova in una pubblicazione del 1864 (fonte Wikipedia)

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