Alluvione di mete a Soweto

Creato il 18 agosto 2013 da Rightrugby

The Rugby Championship: South Africa 73 - 13 Argentina

Rimaniamo con le analogie atmosferiche? Un risultato che oscura l'unico passo veramente falso argentino nel primo The Rugby Championship, quel brutto colpo d'incontro in pena esaltazione, il 15-54 inflitto dagli All Blacks a La Plata. Qui abbiamo il maggior divario e punti subiti di sempre nel torneo, includendo tutti i TriNations dal 1996: gli va quasi vicino un 61-22 inflitto a Pretoria dal Sudafrica all'Australia nel 1997, poi un paio di più recenti botta e risposta tra le due, un 53-8 all'Ellis Park nel 2008 e il 49-0 a Brisbane nel 2010. Ma stavolta son sessanta di margine, è decisamente peggio.
Le previsioni più fosche si sono rivelate purtroppo vere, questa Argentina col Championship non c'entra proprio più nulla, in nessun campo: sul piano tecnico di squadra, degli skill individuali, della motivazione, della preparazione. Zero. Urge cambiamento imponente. Quel che abbiamo visto è stato un Test Match tra una nazionale First Tier e una Third Tier, avrebbe potuto essere in campo l'Italia versione estiva.
Nove mete contro una consolation try al 79', Morne Steyn che incassa un bottino personale di 28 punti: ma poi i 722 metri corsi contro 255, 63 palle portate contro 23, 128 passaggi contro 56 ...
Tanto a poco, da rendere la partita decisamente ad un altro livello tecnico, ben inferiore a quella di Sydney. Un Test Match come tanti, appunto. Un equilibrio apparente solo fino alla mezz'ora, prima gli Springboks han lavorato ai fianchi gli avversari, apparentemente accettandone il ritmo lento, replicando sornioni come fan sempre con calci al cielo e tutti sotto, ma in realtà confidando primariamente sulle fasi statiche.
L'arma letale che rompe l'equilibrio è ovviamente la rimessa laterale comandata da Juandre Kruger al lancio preciso di Adriaan Strauss, dalla quale innescare le solite maul: i Boks ne hanno eseguite 12, bottino quattro mete (una di punizione, poi Strauss, Willem Alberts, Bismark Du Plessis). La prima come si diceva è di punizione e costa anche il giallo al tallonatore Guinazu: tecnicamente vien punito per un intervento sull'ovale a rompere il gioco ma era la terza maul che gli argentini atterravano malamente, a pochi metri dalla linea di meta sotto gli occhi dell'arbitro Pollock, neozelandese poco avvezzo.
Eh si il rugby come il pugilato può essere un affare semplice ed estremamente lineare se hai il fisico, il coraggio di metterlo in gioco, la tecnica individuale  e quella collettiva. E sai rimanere concentrato e determinato per 80 minuti su ottanta, anche quando il fiato brucia il sangue cola e i muscoli dolgono.
Abbiamo detto di maul atterrate malamente e nel disordine dagli argentini: lo stesso vale per la gestione dell'altra fase statica, la mischia ordinata. Pareva che non si fossero mai allenati assieme men che meno avessero provato le nuove regole (ingaggi anticipati, spinte anticipate, introduzioni storte: tutto il campionario),  oppure come dei novellini che cedono all'emozione e alla forza superiore avversaria. La formazione di emergenza col pilone sinistro improvvisato Figallo e uno destro esordiente Diaz non ha cavato un ragno dal buco, privando gli ospiti dell'ancoraggio principale del loro gioco. Al contrario i Boks han mostrato un buon adattamento alle nuove regole, il migliore visto sinora: che l'introduzione sia loro o meno non cambia, entrano in spinta e conquistano l'ovale di forza senza che il tallonatore interrompa la spinta (la tecnica del cosiddetto "mezzo tallonaggio", introdotta guarda caso dai pack argentini illo tempore). Certo, poi si vede anche "l'europeo" Steenkamp che al "bind" s'attacca alla maglia dell'avversario a livello tetta, altro che ascella, per tirarlo giù: ma persino Pollock lo sgama due volte su tre. Ecco, con le nuove regole d'ingaggio perlomeno si vede tutto molto più chiaramente di prima, poi sta all'arbitro farsi rispettare.
A fine del primo tempo è 26-6 per i Boks e partita già da archiviare: i punti fatti con quella meta di penalità, con un break del muscolare JJ Engelbrecht e col piede di Steyn - e poteva essere anche peggio, se l'evidente mismatch in campo non avesse risvegliato una irrispettosa "mentalità Bulls" che trasforma in penaltouch una serie di tre punti quasi certi per i piedi di Steyn. Nel mentre non solo non si vede nulla di nulla che gli ospiti possano contrapporre - individualità, una singola fase, un reparto, niente - ma come succede dovente a chi giochi a un livello troppo diverso, alla fine i peggiori si fanno anche male: nel primo tempo "cadono" le colonne Albacete e JM Hernandez, poi Diaz (esordio da incubo, da dimenticare in fretta).
Nel secondo tempo i Boks continuano a macinare ossa e gioco marcando altre due mete di maul (Strauss e Alberts), poi come fanno sempre attorno all'ora di gioco suonano la carica, alzano il ritmo e non fanno più prigionieri. Il segnale è l'ingresso in campo di Fourie DuPreez in mediana al 54' assieme a piloni freschi e a Bismark Du Plessis. Va ben che non si tratta di test probante - sul 38-6 e ovale mai visto per un quarto intero, il morale dei sudamericani era già abbondantemente sotto i tacchi - ma quel mediano 30enne andato a capitalizzare il suo talento in Giappone, possiede due ottave in più  rispetto a Pienaar: con che autorità, precisione ma anche improvvisazione e fantasia!  Ai suoi antichi estimatori, incluso chi scrive, torna in mente la frase commossa del leone anziano: "Il Re è tornato".
Par quasi il colpo di pistola dello starter: al 55' è intercetto di Jean de Villiers a metà campo e meta (mezza) coast to coast; 62': guizzo di Du Preez sulla linea dopo break di Engelbrecht e Habana; al 65' tocca finalmente marcare anche al Bryan beniamino del pubblico di Soweto; al 69' è la prima meta internazionale di Duane Vermeulen pilastro del pack (nella foto); al 75' tocca a Bismark festeggiare dopo tanto tempo, si allestisce una maul precisa, lui lancia Kolisi atterra e tutto il resto è standard; nel frattempo il nuovo entrato Jan Serfontein semina il panico e si mangia una meta per un offload troppo frettoloso. Mancano pochi minuti alla fine, Bismark li raduna tutti e dal labiale par dire, dài che ne marchiamo altre due. Non smettere di "infierire" è il modo migliore di rispettare il nemico a terra. Che risponde con un tardivo guizzo fortunoso ma voluto, siglato dal migliore dei suoi nel disastro e alla fine autore di tutte e tredici i punti, Felipe Contepomi che in teoria questa partita avrebbe dovuto vederla in pantofole da casa.
Ecco, la considerazione per coach Phelan sorge spontanea: premesso che lo sa anche lui, ma con una terza linea Matera-Senatore-Leguizamon si va (forse) ai playoff della Vodacom Cup e non al The Championship; per non dire di Figallo-Guinazu-Diaz, o di Landajo - Sanchez a gestire il gioco - adatti appunto alla Vodacom Cup. Sarà sufficiente recuperare Fernadnez Lobbe?  o sarà il caso di richiamare dal ritiro con Contepomi anche Roncero? A questa Argentina che ci rifiutiamo di chiamar Pumas manca il ricambio, ci si aggrappa ai soliti onesti lavoratori datati stile Leguizamon, Galarza, Cabello, Bosch, Agulla etc. ma quel che è peggio, nei (semi-)nuovi sembra mancare anche la "garra".
Quanto ai Boks, vedremo alla prova fuori casa se sapranno tenere i nervi saldi. Servono senz'altro per quel gioco "alla Bulls contaminati WP/Cheetahs" che Heyneke Meyer ha impostato, di cui Steyn è interprete fondamentale (ha giocato 80 minuti, Lambie è entrato estremo); c'è la "fase muscolare" ben interpretata da Etzebeth, Alberts e Vermeulen, quella più tecnica guidata da Strauss, Kruger, Louw più Jean Du Plessis e The Beast Mtawarira in prima linea. Tutto semplice e lineare, incluse le accelerazioni al momento debito. Se DeVilliers con Habana dietro sono collaudati, bisogna ora mettere alla prova i ragazzi delle accelerazioni - Engelbrecht, Willy Le Roux, Basson e Serfontein - sotto pressione vera. L'inizio comunque è stato really impressive e dovrebbe dar fiducia.

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