Non so da dove cominciare.
Sono tornata a casa da pochi minuti, ho una valigia da aprire, un grembiule sporco di risotto alla milanese che sa poco di zafferano, una divisa macchiata di bucatini alle sarde malriusciti.
Sono stanca. Sono tremendamente felice.
Sono appena tornata da 5 giorni di full immersion all' ALMA, la Scuola Internazionale di Cucina Italiana di Gualtiero Marchesi. La casa dei cuochi, per intenderci.
Mi è stata data l'opportunità di frequentare la Summer School come "infiltrata".
Ma ho scelto di viverla come allieva. Ho scelto di mettermi una divisa per cinque giorni, insieme ai 40 migliori allievi (20 cucina e 20 sala) uscenti dalle scuole alberghiere italiane. Ho scelto di ascoltare, imparare, cucinare.
Pensavo di saperlo fare, vi dirò.
E invece ho sbagliato un risotto alla milanese e un risotto ai gamberi, ho rifatto più volte un burro acido, ho imparato a fare la meringa all'italiana e la pàte à bombe, come basi per il tiramisù.
Ho così tante cose dentro da raccontarvi, che non so da dove cominciare.
Davanti a me la foto del mio "diploma" con Gualtiero Marchesi e con il presidente dell'Alma.
La guardo e penso che vorrei tornarci, all'Alma. E iniziare il Corso Superiore di Cucina Italiana.
Perché è ben diverso cucinare a casa, ve lo assicuro. Ma già lo sapete.
Sono arrivata all'Alma lunedì mattina con Angela (che in un altro post vi racconterà la sua esperienza) e da subito ho capito che sarebbe stata una settimana intensa di cucina, uscite sul territorio, nuovi ristoranti, grandi docenti e lezioni uniche.
A partire dalla prima, con la Grammatica della Cucina, a cura di Andrea Sinigaglia. E quindi il Saper Fare e il Far Sapere. E la differenza tra Lessico, Morfologia, Sintassi e Retorica.
All'interno del primo pomeriggio di lezioni, dopo aver ascoltato Marino Marini, il grande bibliotecario e punto di riferimento della scuola per tutti i ragazzi (tra libri, film, manuali e "pezzi storici" quella dell'Alma è una delle librerie food più fornite d'Italia), sono intervenuta io con la mia lezione sulla Comunicazione del Cibo. In realtà delle slide si è visto e detto ben poco, perché l'attenzione dei ragazzi è stata "rubata" dall'argomento blog-televisione e dal grande scetticismo in merito.
Diciottenni appena diplomati incattiviti con i messaggi televisivi e con l'idea della cucina come qualcosa di semplice e immediata. "Siamo stati 5 anni a studiare all'alberghiero per poi vedere in tv gente che non sa tenere un coltello in mano?".
Ho parlato con i ragazzi della funzione di un blog, della voglia di raccontare il cibo e del bisogno di avvicinare la figura dello chef a quella del consumatore finale, molte volte confuso e scettico.
Ma questo sembrava non arrivare, ai ragazzi. C'era un muro, tra me e loro.
Almeno il primo giorno.
Nel corso della settimana, tra lezioni teoriche e uscite didattiche nel regno del Culatello di Zibello (Azienda Pallavicina), del Parmigiano Reggiano e dell'Aceto Balsamico Tradizionale (Acetaia Medici), il rapporto tra noi e i ragazzi è andato consolidandosi. Come fosse un team building culinario.
E ho scoperto Luca, Andrea, Giacomo, Davide, Ilaria, Iaccarino, e altre decine di giovani entusiasti. Chi in partenza per il Texas per l'esperienza della vita, chi incerto sul proprio futuro, chi pronto per diventare il pasticcere di un grande stellato, chi semplicemente curioso e quindi consapevole di avere la qualità con cui si cresce, nella vita.
E ora, mentre scrivo, quasi mi mancano, quei giovani cuochi.
E il loro entusiasmo, la loro umiltà, la loro voglia di imparare, i loro diciotto anni e la loro complessa semplicità.
E poi i laboratori di cucina. Il lavoro di team per eccellenza. L'unione delle forze per creare un meraviglioso tiramisù con la chef Anna Ciccarone, sorridente e meravigliosa insegnante.
La divisione in partite per creare il menu della cena di gala, cucinato interamente da noi, sotto il controllo dello chef Tona.
Su di lui potrei scrivere per giorni, eppure è l'unico di cui non riesco a parlare. Perché è il maestro. Perché comanda con dolce fermezza. Perchè spaventa e incute timore, ma sorride e con aria quasi paterna, insegna.
E se sbagli, ricominci. E se sbagli nuovamente, ricominci ancora.
Perché la cucina è anche questo. E' imparare che non si smette mai di imparare.
E' l'umiltà davanti allo chef che ti insegna come si crea un burro acido quando tu vorresti dirgli che fai risotti da anni, ma non hai mai usato un burro acido. E' accettare che il tiramisù si può creare anche con meringa all'italiana e pàte à bombe, quando tu hai sempre fatto banalmente mascarpone + tuorli e zucchero + albumi montati a neve. E' guardare un pezzo di carne e non sapere come si chiami quel taglio ed è pulire l'insalata in modo completamente diverso da come hai sempre fatto nella tua vita quotidiana.
E non vuol dire aver sbagliato. Vuol dire, semplicemente, non aver avuto un metodo. Perché il metodo è quello che, una volta imparato, ti permette di semplificarti la vita e di cucinare con più facilità.
Senza mettere mai da parte il cuore, si intende.
Un altro capitolo intero si potrebbe scrivere su di lui, Gualtiero Marchesi.
Avevo avuto il piacere di conoscerlo lo scorso anno, all'Alma. Ma quest'anno è stato diverso. La sua lezione sul Codice Marchesi, i suoi consigli di cucina e le sue massime di vita. La sua storia a partire dalla Nouvelle Cousine, i suoi sorrisi, i suoi piatti e le sue posate dorate, i suoi menu, l'introduzione di Escoffier, i panini del McDonald's.
Il diploma della Summer School e le battute sul mio tatuaggio al piede.
Ho scritto decine di righe, io che sostengo che i post non devono durare troppo, perché dopo un po', si perde di attenzione. Eppure, vorrei scrivervi cose che andrebbero solo viste. I mal di testa, le facce stanche, i sorrisi dei ragazzi, l'accento romagnolo di Giacomo, le scuse dei ragazzi alla reazione del primo giorno, gli abbracci tra me e Angela, la bravura di Eliana, responsabile comunicazione ed eventi Alma, e di Diana, coordinatrice di tutta la Summer School, la pazienza di Davide, ufficio stampa Alma, la cortesia di Marchesi, il sorriso sotto i baffi di Tona, il ballo del cavallo di Sinigaglia, la cena di gala unica.
Vi lascio gli scatti di Alessandro Carra. Lui ha colto quello di cui vi ho parlato. Guardate i nostri occhi. Guardate le nostre mani. Guardate la nostra Alma. E capirete l'esperienza della Vera Scuola di Cucina.
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