Alla fine degli anni ottanta, al confine tra Cecoslovacchia e Polonia, la vita di un guardiano ferroviere tra i fantasmi del passato e la storia del suo Paese attraverso fatti cruciali ed epocali.
Il film è liberamente tratto dalla trilogia in graphic novel di Jaroslav Rudiš e Jaromír 99, dalla quale il regista ceco Lunák ricalca lo spirito e l’aspetto fumettistico della composizione grafica, impiegando, per una maggiore verosimiglianza del movimento, la tecnica del rotoscopio. La scelta di utilizzare il rotoscopio è molto valida, anche per rilevare in modo più marcato i contrasti del buio e della luce. Alois Nebel, infatti, è stato realizzato con un primordiale bianco e nero, simbolo dello spirito dualistico del cinema, essenza rivelatrice del nostro più nascosto inconscio. L’animazione appare rigida e immobile in una grafica senza colore, che racconta i chiaroscuri dell’inquietudine e dell’ambiguità, senza mai registrare le sfumature delle emozioni.
Alois Nebel è un uomo solitario, di poche parole, amante instancabile della pacifica solitudine. La sua unica passione è quella di memorizzare gli orari dei treni limitrofi al paese dove vive e lavora. Alois è un uomo stanco, un uomo con un mistero nel passato, che gli ha tolto la giovinezza e la spensieratezza. I suoi fantasmi non sono esseri spaventosi, non sono demoni pronti alla frantumazione del presente, ma visioni notturne e luccicanti di un passato da riavere, da riabbracciare e ricordare. La principale apparizione è quella di una donna, Dorothe, la bambinaia tedesca, cacciata bruscamente dopo la conclusione del secondo conflitto mondiale. Quel lontano giorno appare varie volte sotto le sembianze di treni antichi e luminosi, circondati da una nebbia junghiana carica di emozioni.
Alois, dopo l’ennesima ricaduta nella luce del passato, è costretto ad un momentaneo internamento in un piccolo ospedale psichiatrico. Questa breve permanenza gli permette di conoscere l’altro rilevante personaggio del film: il Muto. Un uomo misterioso, che ha in comune con Alois l’essere stato testimone di quell’episodio così tanto sognato e ricordato. L’impenetrabile personaggio, dopo vari tentativi da parte dei medici ospedalieri di farlo parlare con l’elettroshock, riuscirà a fuggire per il bosco tornando momentaneamente nel proprio passato storico.
Il vecchio ferroviere, in concomitanza con la sua uscita, non troverà più la propria nazione: il Muro è finalmente cascato e con esso anche il regime comunista cecoslovacco.
Senza un lavoro e una casa, l’uomo decide di andarsene a Praga in cerca d’aiuto e certezze presso la sede centrale ferroviaria. Dopo molteplici vicissitudini incontrerà una donna, Kveta, una custode dei bagni pubblici, che lo farà complice consapevole dell’amore.
Al suo ritorno nella piccola Bílý Potok, ritroverà il vecchio lavoro e il perturbante Muto che, in un finale vendicativo e rivelatore, riotterrà la pace così tanto agognata.
La struttura cinematografica da noir classico – con l’immancabile colpo di scena finale – permette a Lunák di rievocare due momenti storici di capitale importanza per la Repubblica Ceca e la Slovacchia: infatti Alois Nebel non è soltanto il racconto di una vendetta personale, ma è l’accettazione e il recupero della Storia collettiva.
Raffaello Ruggeri