Alpha Centauri B, così lontano, così vicino

Creato il 06 febbraio 2014 da Media Inaf

Un gruppo di ricercatori ha utilizzato diversi indici, come l'indice di similarità terrestre e un modello matematico di produttività biologica, per studiare i pianeti attorno alla stella più vicino al Sole: esisterebbero 11 pianeti nella zona abitabile. Due di loro sono in linea o, addirittura, hanno condizioni migliori rispetto alla Terra per la vita fotosintetica.

di Eleonora Ferroni

Gli astronomi sono sempre alla ricerca di nuove prove che confermino la remota possibilità che su altri pianeti sia possibile vivere. Quasi ogni giorno vengono pubblicati studi sulla scoperta di nuovi esopianeti, nuovi mondi al fuori del nostro Sistema solare che fanno sognare i ricercatori e non solo. Da quando, però, nel 2012 è stato scoperto il pianeta roccioso più vicino alla Terra attorno alla stella Alpha Centauri B, a soli 4,3 anni luce da noi, tutto è cambiato. È talmente vicino e simile alla Terra che i ricercatori credono ci siano le potenzialità per ospitare la vita.

Mentre la maggior parte degli astronomi rimane ancora scettica sulla presenza di questo pianeta (che ha effettivamente acceso un dibattito acceso in ambito accademico) e si continua ancora a studiare questo sistema, sono state effettuate simulazioni al computer a partire dal 2008 che in realtà hanno mostrato l’esistenza (almeno potenziale) di 11 pianeti simili alla Terra nella zona abitabile di Alpha Centauri B. Una recente ricerca suggerisce che cinque di questi pianeti avrebbero un elevato potenziale per la vita fotosintetica. Lo studio del 2008 ha calcolato il possibile numero di pianeti intorno ad Alpha Centauri B prevedendo l’esistenza di un disco protoplanetario che inizialmente poteva essere popolato da 400-900 rocce, o protopianeti, dalle dimensioni simili alla Luna. I ricercatori hanno poi monitorato il disco nel corso di 200 milioni di anni, studiando come gli oggetti interagiscono gravitazionalmente tra loro nel tempo per determinare il numero totale dei pianeti che si sarebbe formato dal disco.

Un team di ricercatori ha poi utilizzato queste simulazioni per misurare i parametri di vita fotosintetica. Il livello di somiglianza tra un esopianeta e la Terra è un parametro che viene preso in considerazione e esamina (in una scala da zero a uno, dove zero significa scarsa somiglianza e uno indica la Terra) come i pianeti siano simili alla Terra in base alla temperatura superficiale, alla velocità di fuga, al raggio e  alla densità media. Pianeti con un indice di similarità terrestre tra 0,8 e 1 sono probabilmente dei candidati a ospitare la vita. Per esempio Marte ha un indice di similarità pari a 0,6-0,8,  troppo basso per sostenere la vita. Questo fattore da solo, però, non è un parametro obiettivo per studiare l’abitabilità di un pianeta. Gli studiosi hanno valutato il cosiddetto modello P per la produttività biologica, per cui si deve studiare anche la quantità di anidride carbonica presente sul pianeta.  Con gli strumenti a disposizione “non c’è modo di prevedere, almeno approssimativamente, la pressione parziale di anidride carbonica o le variazioni da un pianeta all’altro”, ha detto Antolin Gonzalez, primo autore dello studio. Invece “abbiamo ipotizzato una costante pressione parziale dell’anidride carbonica per tutti i pianeti semplificaando il modello in funzione della temperatura”.

La squadra di Gonzalez ha scoperto che dei 11 pianeti studiati nelle simulazioni al computer nella zona abitabile, cinque sono inclini alla vita fotosintetica. I loro indici di similarità terrestre sono 0.92, 0.93, 0.87, 0.91 e 0.86. Se prendiamo in considerazione i loro corrispondenti valori del modello P, troviamo che due di loro hanno addirittura condizioni migliori rispetto alla Terra per la vita. Lo studio è, ovviamente, altamente teorico ma potrebbe condurre, un giorno, a scoprire davvero, magari proprio su Alpha Centauri B, tracce di vita fotosintetica.

Per saperne di più:

Leggi lo studio pubblicato sulla Revista Cubana de Fisica:  “Possibilities of life around Alpha Centauri B”, di Antolin Gonzalez, Rolando Cardenas e John Hearnshaw

Fonte: Media INAF | Scritto da Eleonora Ferroni