Le regole monastiche non sono, almeno a prima vista, opere giuridiche, sebbene pretendano di regolare, spesso nei minimi dettagli e attraverso precise sanzioni, la vita di un gruppo di individui. Non sono nemmeno narrazioni storiche, anche se qualche volta sembrano trascrivere il modo di vita e le consuetudini dei membri di una comunità. Non sono agiografie, malgrado si confondano a volte a tal punto con la vita del santo o dei Padri fondatori, da presentarsi come la sua registrazione in forma di exemplum o forma vitae della vita monacale in forma narrativa.
Nonostante il loro scopo ultimo sia indubbiamente la salvezza dell’anima secondo i precetti del Vangelo e la celebrazione dell’ufficio divino, le regole non appartengono alla letteratura e alla pratica ecclesiastica, da cui prendono, senza polemica, ma in modo fermo, le distanze. Non sono, insomma, hypomneumata oppure esercizi di etica…
A dispetto di tutto ciò la loro preoccupazione più urgente è proprio quella di governare la vita e i costumi degli uomini, tanto singolarmente che in modo collettivo…
Forse la forma di vita francescana è il fine di ogni vita, il modus ultimo. E l’altissima povertà, col suo uso delle cose, è la forma-di-vita che inizia quando ogni forma di vita dell’Occidente è giunta alla sua consumazione storica…
Esplicativo e brillante Giorgio Agamben.
Twitter:@marcoliber
Giorgio Agamben
Altissima povertà
Collana La quarta prosa
Neri Pozza
2011