Altre note

Creato il 30 novembre 2011 da Antonio
In quello che segue intendo aggiungere qualche chiarimento a quello che scrivevo in questo post e dare risposta ai commenti ricevuti. Poiché il testo supera le dimensioni di un commento preferisco dedicare un post a sé.
Chiariamo subito un paio di punti. In un sistema democratico i valori non negoziabili sono quelli sanciti nei principi fondamentali delle Costituzioni, risultato a loro volta di una negoziazione storica circa la non negoziabilità degli stessi o le modalità di negoziazione. Il resto discende da quei principi. Qui la negoziazione assume valore più ampio del banale mercanteggiare e include il faticoso e continuo processo di riconoscimento della comune esperienza umana. Per usare le parole di Zagrebelsky “La democrazia è relativistica, non assolutistica. Essa, come istituzione d’insieme e come potere che da essa promana, non ha fedi o valori assoluti da difendere, a eccezione di quelli sui quali essa stessa si basa: nei confronti dei principi democratici, la pratica democratica non può essere relativistica.”, Imparare democrazia, Einaudi, 2007.
Per quanto riguarda il relativismo etico, io lo rivendico come la più grande conquista della coscienza politica e sociale, innanzitutto perché quello che intendo io non ha nulla a che fare con le caricature domenicali delle omelie da balcone e con il “faccio quello che mi pare”, è qualcosa di molto più complesso e impegnativo, e poi perché il contraltare al relativismo è l’assolutismo che porta inevitabilmente alle degenerazioni di uno stato etico. Se ci sono valori non negoziabili, chi sarà l’interprete di tali valori? Quale autorità si assumerà l’incarico di dettarli e renderli obbligatori per tutti? Rispondere a queste domande prescindendo da quella forma di governo discutidora che è la democrazia porta inevitabilmente all’assolutismo etico. Se il freno alla degenerazione del relativismo etico è esattamente quella negoziazione che si vuole negare io non vedo freno all'assolutismo etico che non sia il rovesciamento violento di chi si arroga la prerogativa di ergersi a guida.
Quindi, per farla breve, invece di essere una soluzione la proposta che arriva dai quattro intellettuali per affrontare l’emergenza antropologica che sta alla radice della crisi della democrazia si candida ad essere un raffinatissimo colpo di grazia alla democrazia oltre a sancire la fine della sinistra. Spero di sbagliarmi.
Simone, ha ragione - magari successivamente se mi da del tu lo scambio sarà meno formale! - quando dice che la democrazia è in crisi perche è in crisi lo Stato nazionale di stampo ottocentesco, sebbene io non l’abbia detto esplicitamente citavo il libro di Crouch in cui quella tesi è esposta. Da questo punto di vista meritano attenzione quei fattori transnazionali di natura economica che caratterizzano la globalizzazione, per intendersi, le attività commerciali e finanziarie che sfuggono al controllo politico degli Stati nazionali. Considerato questo lo Stato nazionale ottocentesco, una volta privato del valore che dava ai confini nazionali e di quanto di deleterio discendeva da questo, potrebbe essere preso a modello per costruire una politica mondiale che abbia il primato sull’economia.
Rispondo alla domanda su “chiesa , papi e teologi”. Io considero il dialogo un valore imprescindibile, purché si svolga su temi e con modalità che non neghino il dialogo stesso, quindi sì, sono convinto che i nomi che ho fatto siano interlocutori credibili per uno stato laico. Questo è cosa diversa dal pensare o, peggio, desiderare che quelle persone la pensino esattamente come me riguardo a temi scientifici o etici. So benissimo cosa Küng o lo stesso Mancuso dicano dell’evoluzionismo darwiniano ma nel loro caso, poiché la loro presenza nel panorama culturale non si limita a questo, posso semplicemente sospendere il mio giudizio riguardo questi temi soffermandomi invece sul resto del loro pensiero. Ancor meno posso pretendere che Giovanni XXIII avesse le stesse posizioni in tema di morale sessuale che ho io ma questo nulla toglie al Papa che ha dato avvio al Concilio Vaticano II. Non è una faccenda di “carisma”, non so proprio che farmene del carisma, si dice che il precedente pontefice ne fosse un campione ma non penso certamente a lui quando penso ad un Chiesa che vuole essere voce davvero ecumenica, al di là dei raduni oceanici di giovani inneggianti ai sacri valori della Chiesa e che il giorno dopo lasciano distese di preservativi a imperitura testimonianza del rigore del loro pensiero.
“Infine ma siamo veramente sicuri che sia insopprimibile il senso del trascendente nell’uomo?” Io direi che diversi millenni di storia umana, e non parlo solo degli ultimi due, mi dicono che è così. Tra l’altro ultimamente il tentativo di sopprimere quel bisogno è stato piuttosto fallimentare, lei che ne dice Simone? Qui non c’entrano le mie personali posizioni, non ho alcuna intenzione di fare del mio ateismo una religione, già ne vedo troppe in giro e questa sarebbe la più stupida. Parlando con una mia amica di questi argomenti mi ha consigliato un libro, Del buon uso della religione. Una guida per i non credenti di Alain De Botton, consiglio che rigiro volentieri.
In quanto al trascendente intendiamoci, c’è una trascendenza pre-umana, ovvero un trascendente che precede l’umano, e una trascendenza post-umana, che origina dall’umano. Per quanto io guardi con molto sospetto la prima, di cui ahimè non colgo traccia, ho una enorme considerazione della seconda nella quale ci metto l’arte, la poesia, la stessa religione, il bisogno di conoscere il passato e l’ansia di conoscere il futuro, insomma tutto quello che fa dell’uomo colui che desidera il desiderio, come diceva Hegel. Per cui se qualcuno mi chiedesse se credo in Dio, io risponderei come quel Rubinstein citato in Il pendolo di Foucault di U. Eco “Oh no, io credo... in qualcosa di molto più grande...”, come già ebbi modo di dire qui.
Andrea Petrocchi, molto spesso parlare di morte delle ideologie rivela una sofferenza delle idee davvero sconcertante. Sono d’accordo con te, la cosiddetta morte delle ideologie dell’89 è stato uno spartiacque non ancora del tutto elaborato a sinistra, e si tratta dell'elaborazione di un lutto. La sinistra europea si è fatta cucire addosso un vestito di Medea del quale non si è ancora liberata ed è sulla scia di questa operazione assurda che agisce uno psicopatico ormai rancido che blatera ancora di comunisti all'assalto dei beni privati di cui l'Italia sarebbe a questo punto l'ultimo covo! Nel tentativo di togliersi quel vestito la sinistra ha fatto di tutto per abdicare da sé stessa e quell'abdicazione continua ancora. Io la vedo all'opera anche in questi giorni, almeno in Italia, con quel provvedimento assurdo che è il pareggio di bilancio in Costituzione di cui si discute in questi giorni alla Camera dei Deputati. Per sommo paradosso della storia la peggiore crisi economica che si ricordi, provocata dalle dissennate politiche neoliberiste, si tenta di risolverla spuntando gli strumenti delle politiche keynesiane! Ho il sospetto che questo provvedimento costituirà un'ulteriore mannaia per il pensiero di sinistra, e data la sagacia di molti attuali esponenti ci vorranno vent'anni prima che si rendano conto di quello che stanno facendo, anche se qualcuno ha già lanciato qualche segnale di allarme. Ad ogni modo le mie competenze in questo campo non mi consentono di andare oltre il sospetto e l'intervento di qualche esperto in economia sarebbe gradito.
Che l’IdV sia un partito anche lontanamente da considerare a sinistra è la più grossa bufala della cosiddetta seconda repubblica. L’IdV e i partiti di sinistra o centro-sinistra si sono trovati insieme per la necessità di fare fronte comune alla degenerazione del berlusconismo. Fossero altri tempi direi che l’alleanza è il risultato di una lotta comune, come fu tra PCI e DC immediatamente dopo la liberazione d’Italia dal fascismo, siccome i nostri tempi sono quelli che sono direi che si tratta di una amicizia come quelle che nascono in galera, per necessità. Non che in quei contesti non sorgano sodalizi molto forti ma è difficile capire quanto siano caratterizzati dalla gratuità dell’amicizia o dalla necessità dettata dalla contingenza. L’esperienza del Pd continuerà nella misura in cui non si applichi anche alla nascita di quel partito la stessa spiegazione!
Tornare all’ideologia la vedo dura, e forse neanche troppo auspicabile, visto il materiale a disposizione io mi accontenterei di lavorare su alcune idee ben chiare!

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