Alyssa -incipit-

Creato il 22 maggio 2011 da Tuonolux
Era una buia notte di aprile quella che faceva da sfondo ai numerosi incontri clandestini all'hotel Lux. Era una notte priva di luna. E come se non bastasse, l'impianto elettrico dei lampioni nel parcheggio e sulla tangenziale lì di fronte era andato in cortocircuito, forse a causa del violento temporale di qualche ora prima, lasciando una vasta zona nella più completa oscurità. Ma questo non importava a nessuno, anzi, forse tutta quell'oscurità faceva sentire ancora più al sicuro le coppie clandestine che, mano a mano, nell'arco della notte, con passo felpato e con occhi attenti, raggiungevano l'entrata dell'albergo e proseguivano sulla grigia moquette dei corridoi che guidavano alle loro stanze.Si potevano incontrare molte coppie nei corridoi del Lux: coppie di uomini insospettabili nella vita di tutti i giorni, ragazzi poco più che adolescenti accompagnati da altrettante giovani prostitute rumene, o dalle più economiche nigeriane, panciuti signori eleganti di mezza età a fianco di donne dalle gambe chilometriche e dai vestiti di paillettes. E coppie all'apparenza normali, ma così agitate e imbarazzate da catturare l'attenzione di chiunque.Tra tutte queste coppie, ne esisteva una formata da una giovane ragazza e un uomo sulla quarantina dagli occhi gonfi e scuri. Si chiamavano Eric e Alyssa, e regolarmente, da diversi mesi, per due volte a settimana, occupavano la stanza numero sessantasei.
Alyssa, come entrò in camera, si distese sul talamo e allargò le braccia, rasentò con entrambe le mani il copriletto, compiendo quel tipico gesto che faceva da bambina quando sulla neve disegnava l'angelo. Chiuse gli occhi e inspirò profondamente, un forte profumo di lavanda le entrò nelle narici. Riaprì gli occhi ed osservò il soffitto ingiallito della stanza d'albergo per qualche minuto, sospirò annoiata e si sistemò in posizione seduta.Eric stava qualche metro più in là, in piedi, con la schiena ricurva, con la barba di due giorni. Consumava una sigaretta nel silenzio, di fronte alla finestra aperta quel tanto che bastava da fare fuoriuscire un poco di fumo.La ragazza pensò che Eric si fosse incantato a guardare le luci delle automobili sfrecciare sulla tangenziale, in quella notte stranamente più buia del solito, ed invece l'uomo la stava spiando con discrezione, godendosi l'immagine di lei riflessa nel vetro.“stai cercando l'ispirazione?” chiese Alyssa con tono giocoso.“si. Fai silenzio, tra poco vengo da te. Fumati una sigaretta e fai silenzio...” rispose lui, estremamente serio, quasi da sembrare rabbioso.La ragazza non aggiunse altro e ubbidì. Agguantò la borsetta di finta pelle che aveva poggiato a lato del letto qualche momento prima, estrasse dal suo interno un pacchetto di sigarette e un accendino, si tolse i tacchi, incrociò le gambe nude, e fumò.L'uomo si voltò nella sua direzione, accennò un sorriso di natura incomprensibile, spense la sigaretta nel posacenere di vetro che teneva in una mano, le si avvicinò e glielo poggiò sulle gambe incrociate.“grazie” sussurrò lei, e qualche sottile linea di fumo le fuggì dalla bocca carezzandole il labbro superiore.Eric osservò le mura piene di aloni, ritoccate qua e là con stucco e pennellate di vernice, osservò il mobilio economico in truciolare, il tendaggio senza ricamo.Cominciò a girare su se stesso, come se fosse alla ricerca di qualcosa, come se quella stanza nascondesse una minaccia, un segreto.Era così strano vederlo esaminare ogni centimetro di quelle mura che, Alyssa, ad un certo punto, sentendosi profondamente turbata, decise di rompere quell'inquietante silenzio.“perché ti guardi tanto intorno?”L'uomo all'udire di quelle parole la fulminò con lo sguardo, e lei si pentì subito di aver dato voce al suo pensiero. Abbassò la testa e continuò a fumare osservando il posacenere colmo di filtri anneriti e cenere.“Se tu in questo momento mi chiedessi di chiudere gli occhi e di descriverti questa stanza, io ci riuscirei, ti racconterei ogni singola cosa alla perfezione, dal numero di macchie sui muri e sul tendaggio, al numero di pieghe che si sono formate sul copriletto su cui stai seduta. Io ho bisogno di stamparmi in testa tutti i particolari” disse lui, con il tono fiero di chi aveva appena dimostrato la sua superiorità.“so che sei un grande osservatore Eric, so che hai bisogno di farlo, so che hai bisogno del tuo tempo... ma è da quasi una settimana che non ci vediamo, e io desidero ardentemente che tu mi faccia tua, non riesco più ad aspettarti...”Eric sorrise ancora, con quella sua tipica espressione piena di significati contrastanti.Le tolse la sigaretta di bocca e gliela spense nel posacenere che poggiò sul comodino lì vicino, poi avvicinò il viso a quello della ragazza e la baciò sulle labbra con estrema delicatezza, lei aprì la bocca per ottenere di più, ma lui allontanò il viso e disse:“spogliati prima, fallo lentamente, cerca di essere aggraziata, e lascia solo il reggiseno, quello lo voglio togliere io”Alyssa accennò un sorriso, era così bagnata che avrebbe rischiato di spogliarsi troppo in fretta, doveva stare attenta, sapeva che se non avesse eseguito gli ordini in modo corretto avrebbe dovuto ricominciare da capo. Se avesse dimostrato troppa fretta nello spogliarsi, Eric l'avrebbe fatta rivestire e spogliare nuovamente. Eric pretendeva il massimo dell'impegno da parte di lei, l'avrebbe fatta ripetere fino alla sfinimento se non avesse eseguito gli ordini in modo corretto, glielo avrebbe fatto fare anche cento volte, anche a costo di essere duri, di passare alle minacce o, nel peggiore dei casi, di passare alle mani.Era già successo qualche mese prima: aveva alzato le mani Eric, l'aveva schiaffeggiata un paio di volte. Alyssa pianse molto quel giorno, si sentì stupida, e pensò che sarebbe stato meglio non doverlo vedere più quell'uomo misterioso e dalle espressioni maligne, ma poi, dopo qualche giorno, decise di sorvolare sopra a quel fatto, in fin dei conti Eric pagava, e anche tanto, e lei doveva ubbidire. Doveva ubbidire fino allo scadere dell'ultima banconota. Era una regola che non doveva essere infranta.Alyssa si alzò dal letto e cominciò a spogliarsi, lui la guardò con una faccia di cera, restando in piedi di fronte a quel bellissimo e giovane corpo al latte. Lei si fece scivolare la gonna alle caviglie e, con la punta del piede dalle unghie luminose lanciò l'indumento qualche metro più avanti. Si sbottonò la camicetta con molta calma e se la fece cadere da dietro le spalle con un movimento forse troppo veloce. Calò le mutandine di pochi centimetri, poi con un impercettibile movimento dei fianchi le fece scivolare a terra, le scavalcò, si mise seduta sul letto, ed infine allargò le gambe e mostrò il suo sesso umido e implume. Eric le si avvicinò e le sorrise con lo sguardo, come per complimentarsi dell'ottima prestazione.“Ora slacciami i pantaloni e prendilo in bocca. Mettici il massimo dell'impegno, e fai attenzione a non essere troppo veloce, e nemmeno volgare. Devi usare molta delicatezza, devi ammirarlo, devi contemplarlo, e deve sembrare che tu abbia quasi paura di romperlo. E' fatto di cristallo...”Alyssa gli slacciò i pantaloni senza dire nulla, era abituata alle parole strambe di quell'uomo. Glielo tirò fuori e lo baciò ai lati, poi fece scivolare la punta della lingua su tutta la lunghezza dell'affare di Eric, ed infine quando si accorse di avergli fatto raggiungere la giusta rigidità se lo poggiò in bocca e lo succhiò con ritmi molto lenti e precisi.Eric la spinse sul letto con uno scatto veloce e la penetrò. Lei subito sorrise divertita, poi, presa dal piacere mischiato ad una fitta di dolore strinse i denti e si avvinghiò a lui incrociando le caviglie sopra la sua schiena. Eric era silenzioso, si sentiva solo un po' di affanno provenire dalla sua bocca lievemente aperta, lei invece ululava e la sua voce si mischiava con i cigolii delle molle metalliche sotto di loro.L'uomo si mise a pancia in su e si fece cavalcare, le scostò le spalline del reggiseno fino a farle cadere di lato e poi glielo fece scivolare giù fino a scoprire metà dei capezzoli, e lì lo lasciò per tutta la durata del rapporto.Quando i due finirono restarono sdraiati sul letto, distanti qualche centimetro, entrambi a pancia in su a guardare il soffitto. Rimasero immobili senza scambiarsi nemmeno una parola per un quarto d'ora circa.“Ho finito le sigarette, mi daresti una delle tue?” Chiese Eric, voltando la testa in direzione del viso della ragazza, interrompendo così quel lungo silenzio.“Si” e il suono di quella risposta sembrò essere soffocato da un imminente colpo di tosse.Alyssa prese due sigarette, se le infilò in bocca e le accese entrambe, ne passò una ad Eric senza voltarsi nella sua direzione.La ragazza stava piangendo, per qualche motivo i suoi occhi stavano buttando fuori una grande quantità di lacrime, il suo labbro inferiore tremava, e le guance erano diventate rosse e lucenti.Eric sapeva che Alyssa stava piangendo in silenzio, capitava già da diversi incontri, soprattutto dopo il sesso.Eric fumò la sigaretta facendo cadere la cenere a lato del letto, e senza mai distogliere lo sguardo dal bianco ingiallito del soffitto.“Vorrei stare con te fino a mattina” disse Alyssa.Eric piegò nuovamente la testa in direzione di lei, vide solo la schiena nuda e i lunghi capelli neri disposti a ventaglio sopra al cuscino, il tutto contornato da bianche linee di fumo immobili.“Fino a mattina? No, mi dispiace, non ho energia bambina, sono molto stanco, voglio tornare a casa mia, entrare nel mio vero letto, e provare a riposare, devo solo fare ordine nei miei pensieri prima di andarmene da qui.”-“Non mi importa se non hai energia, non mi importa se non vuoi parlarmi, vorrei solo poterti dormire accanto e svegliarmi con te. Questo albergo non mi piace più, è un luogo squallido per coppie clandestine, puttanieri, puttane e...”“E' questo che siamo” disse l'uomo interrompendola.“Possiamo cambiare...”“Tu se vuoi puoi cambiare, sei molto giovane, io no, non ne ho voglia, e poi a me piace così, voglio avere la mia puttana ubbidiente sempre disponibile, nulla di più...”“Smettila di chiamarmi così” disse lei, con la voce spezzata dal peso delle ultime gelide parole di lui.“Sei una sciocca puttanella viziata che mente a se stessa, cominci ad infastidirmi lo sai? Vestiti, prendi dal mio portafoglio quello che ti spetta e vattene da qui. Non voglio più vederti” sibilò, e nella voce non si riconobbe nessun sentimento, e nemmeno nel suo sguardo che, ancora puntava verso il soffitto, come se quelle parole non fossero state pronunciate da lui.La ragazza si alzò dal letto con uno scatto violento, nervoso, si rivestì di fretta, in modo meccanico, come una ragazzina di mattina presto alle prese con un ritardo capace di poterle far perdere l'autobus della scuola. Un paragone peraltro, che sicuramente sarebbe potuto calzarle a pennello data la sua giovane età: una splendida ragazza appena ventenne matura nel corpo ma non nella gestualità e nel pensiero. Probabilmente mattine così le aveva già vissute in tempi non troppo lontani.Eric sentì sbattere la porta della stanza, e allora decise di smettere di guardare il soffitto e di affrontare l'immagine della porta chiusa che lo aveva appena diviso da quella che era diventata nei mesi, una delle poche fonti d'ispirazione e di piacere. Con grande stupore però, scoprì che Alyssa era ancora dentro quella stanza, con il suo odore dolce, con i suoi lunghi capelli neri come piume di corvo. E con occhi tagliati dal sentimento dell'odio. Eric si sentì stranamente sopraffatto da quello sguardo capace di perforare, uno sguardo che non sarebbe mai riuscito ad immaginare sul viso di quella ragazza fino a quell'istante. L'uomo aprì la bocca per dire qualcosa, ma stranamente quegli occhi gli tolsero voce e coraggio. Alyssa corse verso l'uomo e gli saltò addosso roteando la borsetta, lo colpì in pieno volto. Eric le strappò la borsetta dalle mani e la gettò via facendone fuoriuscire parecchi oggetti, ma la ragazza prese a colpirlo con le mani, con una serie di veloci pugni sul petto e graffi sul viso. Ci vollero un paio di minuti prima che Eric riuscisse a bloccarla stringendola per i polsi e puntellandole le ginocchia contro il ventre. E passò ancora qualche minuto, prima che alla ragazza svanisse quella scarica elettrica che la faceva dimenare come una tarantolata.L'uomo la guardò nuovamente negli occhi, e li vide pieni d'acqua e d'odio.L'amore rende coraggiosi, l'amore fa combattere, fa odiare, sa rendere rabbiosi, ed Eric lo aveva capito, e sprofondò nell'odio di Alyssa, sopraffatto annegò nei sensi di colpa e nel dispiacere procurato dai suoi comportamenti recenti. Eric si era accorto di essere diventato come la persona che più al mondo odiava. Perché Eric, in un altro tempo, in un altro contesto, con un'altra persona, aveva vissuto lo stesso dolore di Alyssa. Un dolore nero che fa bruciare il sangue e lo spirito. Un dolore che pulsa nella testa rendendo la percezione delle immagini veloce e poco fluida. Un dolore che Eric aveva letto in quegli occhi che gli stavano lapidando ogni sicurezza costruita dopo il suo oramai antico tormento. Ed allora anche i suoi occhi si fecero d'acqua, ed una goccia di quell'acqua si unì agli altri occhi pulsanti d'odio, così mollò la presa, e si fece graffiare il viso, si fece colpire dai pugni.Un rivolo di sangue gli uscì dalla bocca, e lei, vedendolo, colpì con meno rabbia, con sempre meno rabbia, fino a fermarsi, fino a rimanere immobile, con il viso di lui che lentamente si poggiò sul seno di lei.
Dopo qualche minuto le lacrime smisero di rendere i visi lucidi, ma gli occhi rimasero sempre d'acqua, e l'unico rumore che nella stanza si percepiva era quello di una piccola falena che sbatteva contro il vetro della lampadina. Sbatté contro la lampadina numerose volte, fino a quando, esausta e ferita, cadde a terra morente, accanto ad un lucida labbra, dove mosse le ali ancora un paio di volte prima di rimanere completamente inerte.