Per chiudere il circolo e cercare di conoscere meglio lo sceneggiatore Steven Knight, l'ultima tappa disponibile era vedersi anche questo film in costume di qualche anno fa, che faceva luce sulla difficile questione schiavista in Inghilterra.
Se si parla di negrieri, catene e sfruttamento non si può non pensare all'America, alle atrocità e al sadismo riportato in immagini anche da Tarantino e il suo Django e da Steve McQueen e il suo 12 anni schiavo, fresco vincitore dell'Oscar.
Ma sebbene in Gran Bretagna la tratta e le barbarie compiute ai danni di uomini dapprima liberi non fosse sotto gli occhi quotidiani della gente, per mantenere le colonie in Giamaica e in India, navi partivano cariche dall'Africa trasportando in condizioni disumane quante più persone possibili.
Pochi uomini del governo cercarono di far finire un simile trattamento, e ostacolati soprattutto dal lato economico della cosa, che sostentava interi villaggi portuali oltre che il commercio dello zucchero, la loro battaglia fu aspra e difficile.
L'uomo al centro di questa presa di coscienza è William Wilberforce, giovane e intrepido deputato che si batte fin da subito per abolire la tratta degli schiavi, in una lotta che durò 30 anni portandolo più volte a vacillare sulla sua vita politica, ad ammalarsi e a ritrovare nella fede e in una moglie moderna le forze per non mollare.
I lunghi dibattiti all'interno del parlamento, le discussioni in piazza, l'amicizia e l'alleanza con il giovane primo ministro William Pitt ci vengono raccontate come un lungo flashback che ci riporta ad un presente dove finalmente la speranza per vedere approvato il disegno di legge di Wilbeforce, una volta conclusasi la guerra contro la Francia, torna a splendere.
Il biopic, già così presentato, sembra davvero distante anni luce dai temi violenti e cupi spesso raccontati da Knight. Che sia un film storico non è il vero e proprio problema, visto che anche Peaky Blinders, ambientato negli anni dopo la I Guerra Mondiale, riesce a portare a testa altissima il segno e la bravura dello sceneggiatore.
Quello che non convince in Amazing Grace è la tradizionalità con cui la Storia ci viene raccontata, come in un lunga e a volte lenta fiction carica di frasi ad effetto, manca di quel brio, di quell'artisticità che potrebbero rendere più sostanzioso e interessante il film, che si ferma così nel classico filone biografico buono per intrattenere ed evitare all'insegnate due ore di lezione.
Non me ne vogliano gli attori Ioan Gruffudd e Benedict Cumberbatch che se la cavano alla grande mostrando tutta la loro passione nel ricoprire i ruoli del deputato protagonista e del Primo Ministro, ma Amazing Grace non è certo il film sorprendente che con un nome come Knight alla sceneggiatura potrebbe essere.
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