C’era una volta – Quando la psicologia diventa fiaba
C’erano una volta tre civette. Le conoscerete già tutti. Dai, sono proprio loro. Quelle tre che facevano l’amore con la figlia del dottore.
E’ una filastrocca che ci insegnano da bambini e che ci resta nella testa per tutta la vita. Da piccoli la usavamo per fare la conta, quando si trattava di decidere chi dovesse rincorrere gli altri ad “acchiapparella” o a chi toccasse scontare una penitenza. “Amba-raba-cicci-coccò”: e l’ultimo su cui si puntava il dito era l’eletto.
Quando cresciamo il gioco della conta non ci serve più e anche la filastrocca viene accantonata.
L’altro giorno riflettevo sul suo significato. Ci sono domande che da piccola non ti fai, perché “chi se ne frega, io voglio giocare”, e che da grande qualche curiosità la stimolano.
Per esempio, mi domando cosa ci facciano tre civette sul comò. Di certo la stanza deve essere buia, perché a loro la luce non piace.
E, proprio nel buio, si divertono a fare l’amore… ma non tra di loro: con la figlia del dottore!
Allora mi chiedo ancora come possano degli animali organizzare sesso di gruppo con un umano, tra l’altro donna.
Senza entrare nei particolari, mi è sorto poi l’interrogativo più scompigliato. Cosa importa alle civette, mentre fanno l’amore con la figlia del dottore, che il dottore si ammali? Voglio dire… il dottore in questa filastrocca non ha ruoli per interferire. Eppure ce la fa comunque: appena si ammala, la filastrocca si chiude.
Così è anche nella vita. Capita che iniziamo a fare qualcosa, che ci sembra insensata ma che ci fa davvero piacere, quando all’improvviso qualcosa di esterno mette in subbuglio tutto. Qualcosa di assurdo, come la malattia di un dottore. Che sembra il colmo e che ti mette a terra.
Le cose accadono perché devono accadere e, quando accadono, lo fanno per bene.
E aggiungo. Non c’era un finale per quella filastrocca ma, se ci fosse stato, probabilmente le civette sarebbero rimaste sul comò ad aspettare che il dottore guarisse o a sperare che decedesse quanto prima, per riprendere ciò che stavano facendo.
Qualche imprevisto ogni tanto ci fa anche bene, per fermarci e chiederci se vogliamo continuare. O se vale la pena andarsene, trasformando il subbuglio in un’occasione di cambiamento.
Il mio comò è comunque pieno di roba, civette. Andate altrove.
Lucrezia Holly Paci