“Amici per la pelle” è la storia di un'amicizia giovanile tra due scolari italiani nella Roma di metà anni '50, e possiede echi di “Sciuscià” di Vittorio De Sica meno il dramma sociale. I nostri giovani "amici per la pelle", cioè "amici per sempre" sono Mario (Geronimo Meynier) e Franco (interpretato con grande sensibilità da Andrea Scirè).
Mario vive una felice vita famigliare con i suoi amorevoli genitori. Franco è un sensibile, ricco ragazzo, che ha perso sua madre e ora vive in una elegante suite d'albergo con il padre diplomatico e altrettanto premuroso. Il padre di Franco convince quello di Mario ad avere il ragazzo a vivere con loro, mentre egli è via in missione diplomatica. L'amicizia tra i ragazzi cresce. Il timido Franco confida i suoi sentimenti di solitudine che lo accompagnano dopo la morte di sua madre. Mentre lui sta con Mario, egli è ben consapevole dell'affetto materno donatogli a Mario dalla madre e di cui lui non può avere più esperienza. Dopo una visita all'antica residenza del suo papà e della mamma ormai morta, Franco mostra a Mario il ritratto di sua madre. Il film è pieno di tante vignette affascinanti: le attività sportive assieme dei ragazzi, i goffi incontri con le ragazze a una festa di compleanno da adolescenti, altre avventure da ragazzini. Ma quando Mario, che contava di vincere un concorso sportivo a scuola, subisce invece una umiliante sconfitta da parte di Franco, diventa invidioso e sconsideratamente imbratta la memoria della madre del suo amico, scarabocchiandovi sopra e sfregiandogli il ritratto della madre, senza avere realmente la dimensione del danno arrecato. Terribilmente ferito e tradito, Franco decide di lasciare di Roma insieme al padre, lasciando il suo amico. Nel rimorso Mario va all'aeroporto quando i due stanno per andarsene.
Il film ha avuto due finali diversi. Il finale americano (cambiato dalla distribuzione) è più infelice. Mario non riesce ad arrivare all'aeroporto in tempo, e non è quindi in grado di chiedere perdono come così disperatamente avrebbe voluto, non restandogli altro che rimanere a guardare l'aereo decollare con il suo amico per sempre perduto. In Europa il finale è più ottimista, nel quale i due ragazzi sono in grado di abbracciarsi l'un l'altro scusandosi e perdonandosi, con la promessa di restare amici anche se lontani.
Pochissimi film hanno ritratto le delicate relazioni e i sentimenti che costituiscono gli affetti della fanciullezza, come quella tra Franco e Mario, con tanta sensibilità, calore, e vera saggezza. Merito va al regista Franco Rossi per il suo ammirevole lavoro con i ragazzi, gli attori meravigliosi che interpretano i loro genitori, e al gruppo di ottimi sceneggiatori che hanno creato le situazioni, i dialoghi e la drammatica storia. La musica è di Nino Rota, che proprio in quegli anni componeva fra le sue tante colonne sonore, quelle dei più grandi film di Federico Fellini. All'epoca il film non ebbe una distribuzione al livello che avrebbe meritato, ragion per cui non fu visto da molte persone. Eppure se avete avuto la possibilità di recuperarlo, fin dai suoi passaggi televisivi dalla RAI degli anni '70, scoprirete una vera gemma, un film delicato e sensibile come è sempre stato nella sensibilità di Franco Rossi, che oltre ai suoi fulgidi lavori per la RAI come la sua celeberrima “Odissea” (1968), nel 1969 dirigerà un altro film molto bello e struggente su tematiche consimili, “Giovinezza, giovinezza”.
In questo suo commovente racconto sull'amicizia tra due ragazzi di diversa estrazione e carattere, Rossi sa sempre tenersi in efficace equilibrio tra una storia molto intelligente e i toni più leggeri della commedia, ma anche toccanti, dell'importanza dell'amore, della fiducia, della comprensione e dell'amicizia. Ambientato in una Roma splendidamente fotografata in bianco e nero da Otello Colangeli, il film dimostra come i grandi eventi come anche le piccole cose possano influenzare un rapporto -un'amicizia che, almeno nella versione europea, durerà tutta la vita- anche se i due ragazzi probabilmente non potranno più incontrarsi di nuovo.
Questa è anche la storia dell'amicizia di due scolari italiani, nell'Italia degli anni '50, -quindi inevitabilmente ancora piena di riflessi e accenti post-neorealisti-, mirabilmente interpretati da Geronimo Maynier (Mario) e dal su menzionato Andrea Scirè (Franco). Mario è un estroverso vivace che vive in una casa felice, Franco è un solitario, un ragazzo più introverso e che si sposta da hotel a hotel con il padre diplomatico. In una serie di intermezzi presso le loro case e a scuola si assiste allo sviluppo di una felice amicizia. Segue una spaccatura di questa amicizia e infine, vi è una separazione. Il film è come detto brillantemente diretto da Franco Rossi. E anche visto nel 2011, e non più nel 1955, il film è sempre molto commovente. Riuscendo ad occuparsi in modo semplice e non melodrammatico delle forti emozioni che comportano le amicizie adolescenziali, tali e quali abbiamo visto in anni molto più successivi in film bellissimi e dal grande successo sui medesimi argomenti e ricordi, e persino da Stephen King come l'americano “Stand by Me-Ricordo di un'estate” ('86) di Rob Reiner.
Nominato per l'anno 1957 dal Sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici per il 1956.
Ha Vinto il Nastro d'Argento come Miglior Produzione (Cines).
Festival Cinematografico di Venezia Anno 1955 ha Vinto il premio OCIC (Office Catholique International du Cinema) a Franco Rossi.
Nominato al Leone d'Oro per Franco Rossi.
Napoleone Wilson