Ognuno di noi si sarà chiesto almeno una volta quale sia il valore delle amicizie su FB. Nel meditare sul significato e sulle caratteristiche dell'amicizia che siamo soliti ritenere vera anche nella contrapposizione reale-virtuale è parsa cosa utile rileggere il Trattato "Laelius sive de amicitia" di Cicerone per cercarvi una qualche parola che possa illuminare tale problema.
Il sommo oratore in uno dei passi più significativi sostiene:"Io vi posso soltanto esortare a preferire l'amicizia sopra ogni altro bene, ché nulla è più conforme alla nostra natura, o è più utile tanto nella buona quanto nella cattiva fortuna. D'una cosa nondimeno sono innanzitutto persuaso, che non può darsi amicizia se non tra buoni; coloro i quali si comportano, vivendo, così da meritarsi lode d'uomini leali, integri, coerenti e liberali e sono scevri da ogni cupidigia o libidine o impudenza, e sono forniti al contrario di grande costanza, costoro si debbono chiamare buoni. Fra uomini siffatti l'amicizia offre vantaggi, quanti appena sarei capace di ricordare. E, primieramente, come la vita potrebbe, secondo la parola di Ennio, chiamarsi "vitale" se non avesse da confidare nella benevolenza reciproca di un amico? C'è dolcezza maggiore che avere uno con cui parlare di ogni cosa, come faresti con te medesimo? E che grande gioia ci sarebbe nella felicità, se mancassi di chi ne gode al pari di te? E quanto difficile sarebbe sopportare le sventure senza chi ne sentisse maggior rincrescimento di noi!...L'amicizia porta con sé moltissimi beni. Dovunque tu ti volga, essa è con te; non c'è luogo in cui non ti segua; non riesce mai importuna o molesta. Né io parlo di quella comune o mezzana, quantunque anch'essa piacevole e utile, ma della vera e perfetta i cui vantaggi sono molti e grandissimi ma uno li supera tutti: la buona speranza che ci fa splendere innanzi nell'avvenire e l'impossibilità in cui ci mette di avvilirci o perderci d'animo. Perché chi possiede un vero amico possiede un altro se stesso. Onde avviene che, assente, è presente; povero, è ricco; malato, è sano; e, cosa ancor più incredibile a dirsi, morto, continua a vivere: tanto grande è la venerazione, il ricordo e il desiderio con cui seguita a tenersi unito con l'amico”.
Ma da dove nasce il bisogno di amicizia?
"Questo mi sembra innanzitutto da doversi considerare, se il desiderio di essa nasca da debolezza o povertà nostra, sì che facendo e ricevendo benefici, si venga ad avere da altri ciò che da noi medesimi non saremmo in grado di procurarci, ovvero, a sua volta, di contraccambiare; o se questo sia bensì proprio dell'amicizia, ma essa abbia un'origine più remota e più bella e più direttamente derivata dalla stessa natura. L'amore, infatti, da cui l'amicizia ha preso il nome, dà il primo impulso al formarsi della benevolenza. perché l'utile si ricava anche da coloro verso i quali con atti di rispetto e di ossequio per ragioni di opportunità simuliamo amicizia; ma in questa nulla di finto, nulla di simulato, e quanto in essa si trova, tutto è vero e liberamente voluto. Sì che l'amicizia a me sembra esser nata piuttosto dalla natura che dal bisogno, più dall'inclinazione dell'animo unita a un sentimento di amore, che dal calcolo delle utilità più o meno grandi che potranno derivarne. E che forza abbia questa inclinazione si può rilevare anche in certi animali, i quali fino a un dato tempo amano così i loro figli e ne sono amati, da dimostrare chiaro questo loro sentimento.La medesima tendenza negli uomini appare molto più evidente, prima in virtù dell'affezione tra figliuoli e genitori, la quale non si può sopprimere se non per qualche esecrabile scelleratezza, poi dal fatto che, non appena quel sentimento di benevolenza sia nato, per esserci incontrati in qualcuno a noi conforme per indole e costumi, allora in costui ci sembra di scoprire un certo splendore di probità e di virtù. Niente invero è più amabile di questa, niente che alletti di più alla benevolenza; perché in grazia della virtù e della probità noi in qualche modo ci affezioniamo anche a coloro che non abbiamo mai veduti.Senza dubbio la benevolenza (velle bene) si rinsalda con i benefici che si ricevono, con l'affetto che ci dimostriamo e con il conversare che vi si aggiunge; ma quando vi siano anche codesti incentivi, quel moto primo dell'animo divampa in un ardore di mirabile carità.” (versione di L. Pietrobono)
Dunque, si può essere veri amici anche se ci separano lunghe distanze, se l'immagine che poniamo sui nostri profili è l'unica conoscenza reciproca che possediamo. E talvolta succede anche il “miracolo”. Come nel caso di sette amiche, scrittrici per hobby, conosciutesi tramite Facebook, quasi tutte nonne e professioniste impegnate in vari campi, che hanno iniziato per gioco, che ora è diventato un impegno serio, una sorta di romanzo d’appendice le cui puntate di volta in volta vengono pubblicate sulla bacheca del gruppo “Le mie migliori amiche di Facebook”, a guisa dei romanzi ottocenteschi, di cui ricordiamo titoli famosi come I miserabili, I tre moschettieri ed altri, che venivano anch’essi pubblicati a puntate sui quotidiani dell’epoca…si parva licet componere magnis!
Nell’era tecnologica sempre più si utilizza il web per qualunque cosa, senza nulla togliere al fascino della carta stampata, e dunque esso è la sede adatta, anzi più adatta, ad unire per un comune impegno o interesse anche persone che non si conoscono ma in qualche modo sono affini.Il titolo del romanzo, che è in gestazione e non si prevede come e quando finirà è: Cielo rossoblu, del quale ha recentemente parlato sia nella versione on line che cartacea anche il quotidiano il Tirreno di Livorno, città in cui vive e lavora la nostra coordinatrice, Patrizia Poli, che ha il gravoso compito di amalgamare gli apporti delle altre sei.Dimostrazione, dunque, che quando c’è unità di intenti si possono realizzare progetti fino a poco tempo fa impensabili, a meno che non si vivesse nello stesso luogo. E soprattutto coltivare intense amicizie anche grazie a Facebook.
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