Amo insegnare eppure....

Da Chef Pepì

Qualcuno sostiene che insegnare

sia il mestiere più bello del mondo.

Sarà perché forse, come tutte le cose, inizialmente è tutto rose e fiori; sarà forse questione di fortuna o sarà perché ho iniziato molto presto (22 anni) ma credo che sia vero: insegnare è bello!

In principio come tutti i giovani, vieni catapultato in una realtà lavorativa composta da tanti meccanismi burocratici che non fanno altro che trasmettere timori ed incertezze, tutti sintomi di una forte inesperienza ingigantita ed appesantita dalla convivenza con persone che l'esperienza dovrebbero averla e trasmetterla (colleghi) ma che il più delle volte non fanno altro che alimentare dubbi e far sorgere conflitti interni che danneggiano e non portano a nulla.

La mia prima esperienza d'insegnamento è stata nel campo lavorativo di settore; la ristorazione come tutti i mestieri tecnici che mirano ad un senso estetico e logistico studiato e già definito tempo prima, mi ha permesso di approcciarmi all'insegnamento. Come un taglialegna insegna al proprio aiutante a scegliere l'albero migliore, io venivo educato da chi il lavoro già lo conosceva.

La cucina e la sala sono i due rami della ristorazione fondamentali, dove è indispensabile sapere cosa si fa. Ai tempi della scuola (2002) frequentavo un istituto alberghiero ed il pomeriggio andavo a lavorare; lavoravo in sala e dopo essere stato per anni un semplice cameriere, con il tempo divenni responsabile banqueting all'interno di una grande azienda ristorativa. Questa responsabilità mi permise di riscoprire me stesso: mi resi conto che sapevo spiegare ai miei colleghi determinate dinamiche, gestire le azioni per una perfetta esecuzione e limitare gli errori studiando attentamente il modo per un corretto andamento dell'evento. Ero capace di insegnare ( capace è un termine forte, che ho voluto volontariamente utilizzare perché non tutti, parer mio, sono adatti per insegnare).

Più tardi, due anno dopo il diploma venni catapultato ad Udine: avevo scelto il percorso dell'insegnante e per iniziare dovevo obbligatoriamente vivere a più di 800 km. di distanza dagli affetti familiari. Capii ben presto che il contesto scolastico era molto diverso da quello aziendale: nel secondo se non produci dopo poco tempo rischi giustamente di essere licenziato mentre nel primo, purtroppo, si pensa molto di più a concludere l'anno scolastico e si vive "l'azienda dell'istruzione" in maniera superficiale. Per fortuna non tutti sono così, fortunatamente la scuola è anche altro ed è composta anche da insegnanti che amano il proprio lavoro e non lo eseguono solo per lo stipendio ma perché amano quello che fanno. Frequentando l'ambiente scolastico, quello dall'altro lato della cattedra, sono riuscito a condividere idee, interessi e problemi con persone eccezionali che porterò sempre nel cuore ed ho anche capito come affrontare gli inetti e gli incapaci imparando a dividerli tra chi vuole migliorarsi e chi invece è solo un ladro che sfrutta un posto statale per i propri scopi e danneggia la figura professionale che ricopre.

Giuseppe Alfredo Ruggi

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