Si sente spesso parlare di Amor platonico ma, chiacchierando con parecchi conoscenti , ho visto che nessuno ha veramente le idee chiare in proposito. Mi sono ripromesso, semmai esistesse una vita ultraterrena ed avessi la fortuna d’incontrarlo nella folla infinita dell’al di là, di chiederlo personalmente a Platone stesso. Credo che dovrebbe accordarmi il privilegio di una risposta se non altro per ripagarmi delle tante ore che ho dedicato a leggere i suoi interessantissimi scritti. Ecco, mettiamo che abbia accettato un invito a pranzo a base di vento ed aromi fluttuanti nel tempo. Gli chiederei subito di esporre la sua opinione sull’amore, sulla libertà nell’amore, considerato soprattutto che spesso si ricorre al termine “amor platonico” per definire un sentimento gentile ed immacolato verso una fanciulla casta e pudica o, quanto meno, ad una sublimazione dello stesso che ne escluda la parte istintiva e passionale. E che mi risponderebbe Platone? Mi direbbe che ai suoi tempi le donne erano poco più che merce di scambio, le definirebbe superficiali, facili da eccitarsi ed amoreggiare, inclini all’insulto, titubanti e superstiziose, asserirebbe inoltre che la peggiore iattura per un uomo è rinascere nel corpo di una donna e concluderebbe che l’unico motivo per cui devono convivere con l’uomo è procreare, sfamare i figli e badare alla loro educazione. Mi direbbe probabilmente di rileggermi il “Simposio” per apprendere come l’amore, EROS, sia figlio di POROS, la ricchezza e PENIA, la povertà, introducendo un nuovo mito il cui significato assiologico è da interpretarsi così: Eros, ossia la molla che muove il mondo, ha due nature contraddittorie ma presenti entrambe in esso: quello che sottende alla bellezza esteriore ed al soddisfacimento della concupiscenza e quella che porta alla conoscenza ed alla beatitudine. Parole insospettabili poi egli riserverebbe all’amore degli adulti verso i fanciulli e tali che oggi subirebbe almeno un processo per pedofilia! Parlando come sempre del suo maestro Socrate, gli metterebbe in bocca frasi d’amore e d’ammirazione per il bell’Alcibiade così come già scrisse nel “Simposio” dove tratteggiò con maestria la differenza fra la caducità della bellezza fisica e l’eternità della bellezza interiore ed introdusse il difficile, importante argomento sulla “Teoria delle Idee” proprio passando dall’ammirazione del bello come soggetto singolo alla pluralità del bello e quindi, attraverso lo studio e la conoscenza, all’Idea del Bello, all’amore per il Bello che, in definitiva, è l’amore per la conoscenza e la Verità. Mi farebbe poi notare come il mondo classico fosse meno severo verso i piaceri del corpo di quanto non lo sia la morale odierna, ma anche come la meditazione e l’Idea dell’Amore ne sublimasse le fisicità e come non si mortificasse la carne ma, attraverso un piacere trascendente la mera sessualità, si giungesse alfine all’amore che ora sappiamo non potersi fregiare del titolo di platonico o socraticus, come lo definisce Marsilio Ficino, se non quando è diretto verso le qualità morali ed intellettuali di una persona piuttosto che verso le qualità fisiche e squisitamente carnali . E così sfaterebbe un altro luogo comune. Non me ne vogliano le donne. Io non sono Platone. Sono soltanto Dino Licci
Si sente spesso parlare di Amor platonico ma, chiacchierando con parecchi conoscenti , ho visto che nessuno ha veramente le idee chiare in proposito. Mi sono ripromesso, semmai esistesse una vita ultraterrena ed avessi la fortuna d’incontrarlo nella folla infinita dell’al di là, di chiederlo personalmente a Platone stesso. Credo che dovrebbe accordarmi il privilegio di una risposta se non altro per ripagarmi delle tante ore che ho dedicato a leggere i suoi interessantissimi scritti. Ecco, mettiamo che abbia accettato un invito a pranzo a base di vento ed aromi fluttuanti nel tempo. Gli chiederei subito di esporre la sua opinione sull’amore, sulla libertà nell’amore, considerato soprattutto che spesso si ricorre al termine “amor platonico” per definire un sentimento gentile ed immacolato verso una fanciulla casta e pudica o, quanto meno, ad una sublimazione dello stesso che ne escluda la parte istintiva e passionale. E che mi risponderebbe Platone? Mi direbbe che ai suoi tempi le donne erano poco più che merce di scambio, le definirebbe superficiali, facili da eccitarsi ed amoreggiare, inclini all’insulto, titubanti e superstiziose, asserirebbe inoltre che la peggiore iattura per un uomo è rinascere nel corpo di una donna e concluderebbe che l’unico motivo per cui devono convivere con l’uomo è procreare, sfamare i figli e badare alla loro educazione. Mi direbbe probabilmente di rileggermi il “Simposio” per apprendere come l’amore, EROS, sia figlio di POROS, la ricchezza e PENIA, la povertà, introducendo un nuovo mito il cui significato assiologico è da interpretarsi così: Eros, ossia la molla che muove il mondo, ha due nature contraddittorie ma presenti entrambe in esso: quello che sottende alla bellezza esteriore ed al soddisfacimento della concupiscenza e quella che porta alla conoscenza ed alla beatitudine. Parole insospettabili poi egli riserverebbe all’amore degli adulti verso i fanciulli e tali che oggi subirebbe almeno un processo per pedofilia! Parlando come sempre del suo maestro Socrate, gli metterebbe in bocca frasi d’amore e d’ammirazione per il bell’Alcibiade così come già scrisse nel “Simposio” dove tratteggiò con maestria la differenza fra la caducità della bellezza fisica e l’eternità della bellezza interiore ed introdusse il difficile, importante argomento sulla “Teoria delle Idee” proprio passando dall’ammirazione del bello come soggetto singolo alla pluralità del bello e quindi, attraverso lo studio e la conoscenza, all’Idea del Bello, all’amore per il Bello che, in definitiva, è l’amore per la conoscenza e la Verità. Mi farebbe poi notare come il mondo classico fosse meno severo verso i piaceri del corpo di quanto non lo sia la morale odierna, ma anche come la meditazione e l’Idea dell’Amore ne sublimasse le fisicità e come non si mortificasse la carne ma, attraverso un piacere trascendente la mera sessualità, si giungesse alfine all’amore che ora sappiamo non potersi fregiare del titolo di platonico o socraticus, come lo definisce Marsilio Ficino, se non quando è diretto verso le qualità morali ed intellettuali di una persona piuttosto che verso le qualità fisiche e squisitamente carnali . E così sfaterebbe un altro luogo comune. Non me ne vogliano le donne. Io non sono Platone. Sono soltanto Dino Licci
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