AMORE E PSICHE. La favola dell’anima.

Creato il 24 gennaio 2014 da Eneadiomede

24 GENNAIO – 4 MAGGIO 2014
Serrone della  Reggia di Monza e Rotonda Appiani
Reggia di Monza Viale Brianza, 1 come arrivare

Orari:
Lunedì chiuso; da martedì a domenica 10.00 – 20.00
Biglietti: intero € 10,00; ridotto € 8.00; scuole € 5,00
Info: 0392312185 – info@fondazionednart.it
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https://www.facebook.com/ReggiaDiMonza

LA MOSTRA
La mostra approfondisce la favola di Apuleio grazie a capolavori archeologici della Magna Grecia e dell’arte romana, per arrivare a Tiepolo, Tintoretto ad Auguste Rodin a Salvador Dalì.
La tappa monzese permetterà il confronto con la Rotonda dell’Appiani, edificio realizzato da Giuseppe Piermarini nel complesso della Villa Reale che conserva all’interno gli affreschi di Andrea Appiani del 1791 che rappresentano proprio i vari episodi della favola narrata nell’asino d’oro di Apuleio. 

L’iniziativa, curata da Elena Fontanella, organizzata dalla Fondazione DNArt in collaborazione con il Consorzio Villa Reale e Parco di Monza, promossa dal Comune di Monza, con il Patrocinio del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, della Provincia di Monza e della Brianza, della Regione Lombardia, di EXPO 2015 e della Camera di Commercio di Monza e Brianza  presenta alla Villa Reale di Monza reperti archeologici della Magna Grecia e dell’età imperiale romana, provenienti dal Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria, dal Museo Archeologico Nazionale di Venezia, dalla Pinacoteca Civica di Teramo e da altri importanti Musei, Istituzioni pubbliche e private. A essi vengono accostate opere d’arte classiche di maestri quali Tiepolo, Tintoretto, Palma il Vecchio, Auguste Rodin, Salvador Dalì, Lucio Fontana, Tamara de Lempicka solo per citare i più importanti.

Una particolare attenzione va posta sul simbolo della mostra, il gesso di “Amore e Psiche” di Antonio Canova, di proprietà della Veneto Banca, che costituisce il modello per la realizzazione delle note sculture conservate al Louvre di Parigi e all’Hermitage di San Pietroburgo. L’opera rappresenta una riflessione filosofica sul concetto di anima espresso dalla farfalla che Psiche appoggia sulle mani di Amore, il modellato ricorda l’idealità formale delle sculture antiche che Canova riesce a rendere moderne nell’ideazione e nell’iconografia.

Le opere archeologiche e artistiche collocate negli spazi del Serrone della residenza neoclassica accompagnano il visitatore alla riscoperta dell’antichissimo mito di Amore e Psiche, ripreso da Apuleio nel II secolo d.C., che narra le vicende di Psiche, mortale dalla bellezza eguale a Venere, che diventa sposa di Amore senza mai poterne vedere il viso. Una notte, istigata dalle invidiose sorelle, riesce a scoprirne il volto ma viene immediatamente abbandonata dal dio. Psiche dovrà quindi affrontare una serie di prove, al termine delle quali otterrà l'immortalità e potrà ricongiungersi al suo sposo.

Il progetto acquista a Monza un ulteriore valore simbolico perché proprio nella Reggia di Monza si trova la Rotonda dell’Appiani. Costruita nel 1790 dal Piermarini, la Rotonda è l'unico elemento architettonico di forma circolare presente in questa struttura rigidamente lineare e squadrata. L’architetto folignate la concepì come una specie di dépendance scenografica dove l'Arciduca Ferdinando d’Asburgo potesse intrattenere gli ospiti e stupirli, mostrando delle porte che sparivano o delle fontane che zampillavano a suon di musica, facendo inoltre apprezzare le favolose piante esotiche fatte giungere da ogni parte del mondo.

La Rotonda nel 1791 venne affrescata da Andrea Appiani, in occasione del ventennale di nozze degli Arciduchi d'Asburgo. E' proprio su consiglio del letterato milanese Giuseppe Parini che l'Appiani affrontò il tema mitologico di Amore e Psiche per gli affreschi della Rotonda.

Gli affreschi sono collocati in posizioni diversificate per meglio comprendere la favola tratta dall'Asino d'oro di Apuleio: quattro affreschi curvi, di forma rettangolare, posti sopra le finte porte che scandiscono la circolarità della struttura.

Amore e Psiche. La favola dell’anima si basa sull’interpretazione del mito in chiave neoplatonica che venne data nell’Umanesimo, per la quale l’errore di Psiche consiste nel ritenere il divino come una realtà tangibile e verificabile con i sensi, mentre è solo il cuore che può percepirne pienamente la presenza.

Siamo molto soddisfatti, dichiara il Sindaco di Monza e Presidente del Consorzio della Villa Reale e Parco di Monza Roberto Scanagatti, perché si tratta di una mostra di livello internazionale inserita in un progetto espositivo affascinante, collegato alla storia dell'arte monzese. L’antico mito di “Amore e Psiche” rivivrà anche nella Rotonda dipinta da Andrea Appiani nel 1791, una delle sue più alte rappresentazioni pittoriche.

Si tratta di un ottimo biglietto da visita per la città e per la Villa Reale in vista della fine degli importanti lavori di restauro e di Expo 2015.

La Fondazione DNArt che ho l’onore di presiedere - sostiene Elena Fontanella - ha come modello di sviluppo quello di costruire progetti che possano dialogare con gli spazi che li dovranno ospitare. E le due tappe lombarde di questa mostra lo confermano. A Mantova, il percorso era arricchito dagli affreschi di Giulio Romano dedicati ad Amore e Psiche. A Monza, il pubblico potrà ammirare quelli sulle stesso tema realizzati da Andrea Appiani. Continua la collaborazione con il Consorzio della Villa Reale, dopo l’importante e significativa mostra “Regina Margherita”, in uno spirito di alta progettualità e di visione, rafforzando la proposta culturale del territorio brianzolo nel rispetto del principio di sussidiarietà che è alla base del nostro lavoro.

La mostra segue le diverse fasi del racconto di Apuleio - dalla passione alla serenità raggiunta attraverso la speranza. Il racconto prende le mosse dalla rivalità nel nome della bellezza. Psiche, nuova Afrodite terrestre, crea inconsapevolmente un sovvertimento dell’ordine cosmico che mette in grave rischio l’armonia stessa delle antiche regole del mondo degli dei. Dall’altro canto, Afrodite - dea della bellezza e dell’amore, che presiede alla fertilità del cosmo su cui agisce la potenza creatrice di Eros - è indignata per l’umana superbia di una mortale che vuole competere con il suo fascino.

Si prosegue quindi con il tema delle nozze ferali di Psiche, prologo del dramma che sta per consumarsi. Una profezia vede infatti Psiche unita in matrimonio con un mostro; proprio per questo motivo, Eros ordina a Zefiro di rapirla per condurla nel suo palazzo dove, con l’ausilio della notte e del buio, potrà incontrare la sua amata. Psiche, felice nella sua nuova casa, subisce tuttavia l’invidia delle sorelle - simbolo della coscienza femminile, ovvero della voce interiore che determina l’evoluzione necessaria per attuare il superamento del semplice amore passionale - che le suggeriscono di uccidere l’amato.

Psiche, in quello che rappresenta il più antico modello di atto sacrificale, attende che Eros si sia assopito per sollevare su di lui la lucerna e vederne l’aspetto animalesco: una goccia di olio bollente colpisce però il suo corpo disteso, facendolo sobbalzare e fuggire. Mentre Psiche, con l’illuminazione, determina la conoscenza del proprio amore, Eros si trova a essere sopraffatto dall’amore totalizzante della donna, che impone non l’oscurità dell’inconscio ma la luminosità della coscienza e della consapevolezza, creando un percorso che inevitabilmente conduce anche al dolore e alla separazione.

Privata dell’amante, Psiche cade nella più cupa disperazione e si consegna ad Afrodite, sperando di poterne placare l’ira. La dea decide di sottoporla a una serie di quattro prove, l’ultima delle quali prevede di scendere agli inferi per chiedere a Persefone l’elisir della giovinezza perenne. Sarà una torre, simbolo del sapere umano, ad aiutarla in questa impresa; sulla strada del ritorno tuttavia la curiosità vince nuovamente la fanciulla che, inalando il fluido, cade in un sonno profondo simile alla morte. Solo Eros, che non si era mai rassegnato a vivere senza Psiche, riuscirà a risvegliare l’amata con le sue frecce amorose, assicurando al racconto il lieto fine e il tenero abbraccio.
Il mito porta così alla luce uno snodo epocale nello sviluppo della religiosità antica e della concezione dell’anima: la capacità di amare è una scintilla divina, e la trasformazione dell’anima attraverso l’amore è un mistero che avvicina a Dio.


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