Analisi del Sei Nazioni di rugby: work in progress per l'Italia

Creato il 20 marzo 2012 da Olimpiazzurra Federicomilitello @olimpiazzurra

Sam Warburton solleva il "Trofeo delle Sei Nazioni" ( foto Getty Images)

A Sei Nazioni concluso, alcune considerazioni sulle nazionali partecipanti e, soprattutto, sulla nostra Italia.
Partiamo dai vincitori, il Galles.
La nazionale dei Dragoni ottiene con grande merito il terzo grande slam in otto anni: squadra giovane, di grande talento.
Terza linea monumentale, trequarti cingolati come Jamie Roberts e North e Cuthbert, un estremo quale Leight Halfpenny e Mike Phillips nel ruolo di mediano di mischia a far girare l'intero giocattolo.
L'Inghilterra arriva seconda. Il quindici della Rosa ha cambiato allenatore e giocatori.
Via i “baronetti”, la nazionale di Lancaster si è dimostrata la sorpresa del torneo, concluso con una sola sconfitta patita in casa per mano del Galles, dopo un finale al cardiopalma.
Il punto tattico di questo successo è lo spostamento del giovanissimo Owen Farrell da "12" (tre quarti centro) in apertura, avvenuto proprio in occasione della sfida persa con i ragazzi di Gatland.
La Francia, in compenso, ha la faccina all'ingiù, per usare una terminologia da social network.
Anche la nazionale transalpina si era presentata ai blocchi di partenza con il cambio in panchina, il nuovo allenatore Saint-André dovrà ancora lavorare molto per rendere squadra la pletora di stelle che si ritrova nel roster.
Passiamo ora all'Irlanda. I verdi, a differenza dei cugini d'oltremanica, si affidano ancora alla vecchia guardia.
Quasi riuscito lo scherzetto in apertura contro il Galles, risentono dell'infortunio occorso al capitano Paul O'Connell nella partita pareggiata con la Francia. Fra l'altro in quella stessa occasione perdono anche il mediano di mischia Conor Murray.
Risultato? Senza l'apporto del capitano irlandese la mischia non regge più ed al ssuccesso contro la Scozia, fanalino del torneo, segue la batosta a Twickenham con la nuova Inghileterra.
Abbandonando l'ordine di classifica, in maniera da lasciare gli Azzurri in chiusura, eccoci alla Scozia.
Formazione questa che risente terribilmente dell'addio di Paterson, senza un calciatore ed anche una mediana di livello è quasi impossibile fare meglio di quanto fatto.
C'è però una base giovane, il cantiere è aperto e non potrà che migliorare.
Last, but non least, arriviamo all'Italia.
Che non decolla, come nel caso della Scozia forse il primo problema è individuare un calciatore affidabile. E' alquanto curioso che in un Paese in cui il mondo del pallone tende ad accentrare quasi tutte le attenzioni, non sia ancora stato trovato il successore di Diego Dominguez, guarda caso di natali argentini. Misteri.
La mano di Brunel comunque già si vede: il numero di mischie si è ridotto, le azioni manovrate aumentate (l'Italia, statistiche alla mano, è la nazionale che ha passato la palla più di tutte), così come il ricorso agli offloads. 
Manca però quell'abitudine a giocare ad alti livelli che solo con qualche altro anno in Celtic League ed una sempre maggior competitività nelle competizioni per club europee, compresa naturalmente la Heineken Cup (la Champions League del rugby), può garantire.
Intanto il successo nell'ultima giornata contro gli scozzesi ci permette di superarli nel ranking ed issarci all'11.mo posto.
Il nuovo corso è appena iniziato: aspettiamo, ed incorciamo fiduciosi le dita.
I prossimi impegni per gli azzurri saranno la tournéè estiva in Sud e Nord America ed i tradizionali test match di Novembre, il giorno 24 del quale assisteremo anche ad un Galles - All Blacks che preannunicia scintille.

Andrea Skarabot

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