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Analisi di crescita in Marocco: quando la pioggia vince.

Creato il 23 gennaio 2014 da Paolo

MediMichbalIn Marocco, a governare, è la pioggia“. Questa frase di Théodore Steeg, il generale residente che sostituì il maresciallo Lyautey, è sempre d’attualità. Sorprendente, anche desolante. Questo significa che il Marocco non è cambiato. Possiamo pure vendere i nostri discorsi sull’industrializzazione del paese, sull’obiettivo di 20 milioni di turisti, sui nuovi mestieri mondiali del Marocco, il reame è in primis un paese rurale. E la sua economia, forzatamente agricola. Quando piove, va tutto bene Se no, è la fellah, il “difensore del trono”, secondo l’espressione celebre di Rémy Le Veau, che trancia, ed è tutta la macchina politico-economica che si ingrippa. Le cifre lo provano: l’agricoltura è il primo impiego del paese con 4 milioni di addetti, primo contributore alla crescita del PIL con un bel 4%. Il settore fa vivere qualcosa come 18 milioni di persone stabilite nelle zone rurali, quindi la metà della popolazione. Non per niente, il dipartimento di Aziz Akhannouch è diventato un ministero sovrano…E’ bastato che la pioggia tardasse di qualche settimana (con preghiere ovunque nelle moschee del paese – n.d.r.) perchè tutti gli oracoli del paese rivedessero le ambizioni di crescita in ribasso. Sul 4,8% previsto dal governo, il Centro marocchino di congiuntura di Habib El Maki ha pronosticato solo il 2,7%. Così come l’HJCP di Amedh Lahlimi, che prevede un 2,4 % di crescita. Una bufera di cifre difficili da contraddire e che ci sbatte in faccia il limite del nostro modello di crescita; un modello fondato sull’aleatorietà, sulla ciclicità. Dimentichiamo allora il piano McKinsey, la visione verde, blu, azzurra, e accontentiamoci di pregare.

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