Crane sarà un amore eterno per Bloom che, ancora oggi, a più di ottanta anni, lo legge, lo ri-legge, assaporando ogni riverbero di emozione che la raccolta di poesie The Bridge (Black Sun Press, 1930) lo sorprende a catalogare. Fu proprio in quell’estate di settanta anni fa che il giovane Harold conobbe il Bloom lettore a cui si sarebbe affiancato poi il Bloom critico. Tutti e tre legati dall’instancabile ricerca del (raro) sublime racchiuso nelle parole degli scrittori.
Quasi quaranta libri dividono l’estate del 1940 dalla primavera del 2012, quelli che Harold Bloom ha ideato e scritto per analizzare, comprendere e condividere la sua idea di letteratura con i lettori degli scrittori che ha più amato. Tutto parte e deriva dal concetto d’influenza (parola simbolo per Bloom, che già la inseriva nel titolo del suo testo l’Angoscia dell’influenza, Feltrinelli, 1983) che avvolge, inebria e confonde gli scrittori, inevitabilmente suggestionati (loro malgrado?) dal lavoro dei loro precursori; soprattutto dal lavoro dei grandi precursori (e quando Bloom parla di “grandi” si riferisce esclusivamente a scrittori sublimi come Dante, Shakespeare, Dickinson o Whitman), pronti a amplificare i sentieri narrativi dei loro successori, anche se questi li avranno attaccati, distrutti o peggio ignorati.
La fine del 2011 ci ha concesso un altro tassello dell’opera bloomiana:Anatomia dell’influenza. La letteratura come stile di vita(Rizzoli), in cui il Bloom critico, spietato, sagace e costantemente teso alla ricerca del genio scrittorio, sembra cedere il passo al Bloom lettore, quello che personalmente apprezzo di più. Quello che racconta i tremori della scoperta, le passioni travolgenti e le cocenti delusioni, per gli autori e soprattutto per i loro libri. Perché ciò che non può essere negato, indipendentemente dal vostro approccio con la letteratura e con la sua “necessaria catalogazione e canonizzazione”, è la passione di Harold Bloom, il suo amore incondizionato per la lettura e la letteratura, per i loro cavalier serventi (gli scrittori) e per le loro armi di conquista, di difesa o di paura (i libri); ciò che traspare dalle 439 pagine di questo saggio è la consapevolezza che l’emozione che un buon libro può scatenare nel suo lettore è la ragione stessa non soltanto del libro in sé, ma anche dei libri a venire, che di quella emozione si nutriranno o da essa tenteranno di fuggire. L’anatomia che Bloom ci traccia con mano esperta è quella di un unicum che si espande a partire da alcuni fulcri inviolabili, che a loro volta si dipanano (avanti e indietro nel tempo) per arrivare (pur di arrivare) al genio dei geni secondo il “Bloom pensiero”. Parliamo di William Shakespeare, che ci ha insegnato a non fuggire dalla meraviglia inquieta, ma a fermarci a contemplarla, per tentare di “origliare noi stessi”, creando (primo e solo per Bloom) non personaggi ma esseri umani, forse più umani di noi. Con Anatomia dell’influenza Harold Bloom ripercorre con il lettore i labirintici viali delle sue idee e delle sue emozioni, regalandoci la possibilità di smettere di fuggire e prestare ascolto.
Harold Bloom – Anatomia dell’influenza. La letteratura come stile di vita (Rizzoli).
Titolo originale: Anatomy of influence. Literature as a way of life.
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