ANCE ; La tassazione immobiliare non puo' essere usata per risanare i conti

Da Maurizio Picinali @blogagenzie

La soluzione alle “mancate entrate” nelle casse dello Stato derivanti dalla crisi immobiliare non può però essere, secondo l’Ance, quella di aumentare le imposte legate al possesso degli immobili, come l’Imu e l’imminente Tares, bensì occorrono interventi mirati a riattivare il mercato delle costruzioni, che è l’unico in grado di rimettere in moto l’economia del Paese nel suo complesso: 1 euro investito nell’edilizia genera sul sistema economico una ricaduta positiva di 3,4 euro, distribuiti tra settore delle costruzioni, settori collegati e settori attivati dalla spesa.
Insomma, sostiene l’Associazione dei costruttori edili, la fiscalità immobiliare non può essere utilizzata come strumento di risanamento dei conti pubblici, ma va attivata per riaccendere il motore dell’edilizia: maggiori investimenti, maggiore occupazione, maggiori consumi, maggior gettito.
In particolare, l’associazione dei costruttori edili ha evidenziato tre linee guida che dovrebbero ispirare la riforma della tassazione immobiliare: ogni forma di incentivazione non deve essere valutata come “costo secco” per l’Erario, quanto piuttosto come leva propulsiva per lo sviluppo economico e per la creazione di nuovi posti di lavoro; il regime fiscale sugli immobili non deve incidere sui costi di produzione né disincentivare l’investimento; il gettito derivante dalla tassazione degli immobili deve essere destinato integralmente all’ente locale competente sul territorio in cui l’immobile è localizzato.

L’Ance ha poi evidenziato la necessità di affrontare tutte le criticità fiscali del ciclo economico dell’edilizia: produzione, trasferimento e possesso degli immobili. Sin dalla fase di produzione - che inizia dall’acquisto delle materie prime e termina con la vendita del manufatto realizzato -, l’impresa edile si espone considerevolmente a fronte di un risultato che arriva solo dopo diversi anni. Nel frattempo, il “costo fiscale” da sostenere assume livelli molto elevati: basti pensare alle imposte che gravano sull’acquisto di materie prime, aree e fabbricati su cui intervenire, all’indeducibilità degli interessi passivi e all’Imu sul “magazzino”.

Ad avviso dell’associazione una riforma dovrebbe, quindi, razionalizzare l’intero prelievo che grava oggi sull’attività produttiva immobiliare, prevedendo: l’applicazione di imposte fisse (registro, ipotecarie e catastali) per l’acquisto di aree, fabbricati e diritti edificatori, finalizzati a interventi di riqualificazione urbana; la piena deducibilità degli interessi passivi relativi ai “beni merce”, dall’acquisto dell’area sino ai 5 anni successivi all’ultimazione dei lavori; l’esclusione dei “beni merce” dall’Imu.

Riguardo alla fase del trasferimento degli immobili, l’Ance ha ricordato che con il precedente Governo era stata avviata una riflessione e formulata una proposta di detrazione Irpef a favore di chi acquista una casa anche per investimento, correlata alle imposte da questi dovute per un massimo di 100.000 euro.

In merito alle detrazioni per le ristrutturazioni edilizie e per la riqualificazione energetica degli edifici, l’Ance ha sottolineato che occorre fare un passo ulteriore, rendendo stabile il potenziamento al 50% della detrazione per le ristrutturazioni abitative, estendendone nel contempo l’applicabilità anche agli interventi di vera e propria “sostituzione edilizia” e confermando stabilmente la detrazione del 55%, magari scegliendo di mantenerla solo per gli interventi più incisivi, compresi quelli finalizzati alla sicurezza statica ed antisismica.

In merito alla locazione di abitazioni, occorre individuare meccanismi fiscali in grado di incrementare l’offerta, finalità non raggiunta con l’introduzione della “cedolare secca”, che non ha dato i risultati attesi, anche perché non affiancata da corrispondenti agevolazioni per gli inquilini, che avrebbero anche contribuito a far emergere gli affitti in nero. Ulteriore disincentivo alla locazione è legato all’Imu che, di fatto, agevola chi tiene sfitto l’immobile, mentre disincentiva completamente chi lo vuole affittare.

Ecco le proposte dell’Ance su questo fronte: affiancare alla “cedolare secca”, prevista per i locatori persone fisiche, specifiche agevolazioni anche a favore degli inquilini; introdurre forme di tassazione separata anche per il reddito da affitto delle imprese; ridurre l’Imu per gli immobili locati, specie per le abitazioni affittate a canone concordato.

In tema di tassazione locale, emerge l’esigenza di riformulare complessivamente il prelievo comunale. In particolare, Per l’Imu, occorrerebbe un complessivo ripensamento della struttura dell’imposta, che comprenda l’introduzione di criteri reddituali che la riducano - o escludano - per l’abitazione principale, una riduzione “automatica” per gli immobili locati e l’esclusione dei “beni merce” delle imprese edili.

Riguardo alla Tares, andrebbe considerata l’ipotesi di un integrale ripensamento, che, in un’ottica di semplificazione del prelievo, potrebbe essere accorpato all’Imu, non come addizionale ma in qualità di vera e propria “tassa di scopo”, diretta al finanziamento di servizi e opere di pubblica utilità legate al territorio. Riguardo, infine, al previsto aumento dell'Iva dal 21% al 22% dal prossimo luglio, l’Ance ha auspicato che tale eventualità sia scongiurata, anche per i conseguenti effetti depressivi sui consumi.


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