La magistratura amministrativa ha confermato la sentenza del Tar del Lazio che già aveva dato ragione a Sky.
La Rai sia per il contratto di servizio 2007-2009 sia per quello relativo al triennio 2010-2012, appoggiandosi a una delibera dell'Agcom, è intervenuta talvolta per criptare i propri programmi sulla piattaforma di Murdoch in concomitanza con esclusive importanti come le partite della Nazionale. Una pratica messa in atto anche da Mediaset che però non offre un servizio pubblico. Peraltro Sky si era dotata di una "digital key" che ricollegandosi al digitale terrestre dribblava il problema.
Sia il Tar sia il Consiglio di Stato hanno però rimarcato che, essendo il canone obbligatorio e il servizio pubblico, la Rai deve attuare un atteggiamento neutrale nei confronti delle diverse piattaforme in quanto "come in precedenza posto in rilievo, la cessione gratuita dei servizi non conferisce alcun vantaggio patrimoniale apprezzabile a Sky Italia, poiché in realtà nel 2007 Rai era tenuta a cedere gratuitamente la propria programmazione alle varie piattaforme non per avvantaggiare altri operatori, ma per garantire, in tal modo, l'accessibilità al servizio pubblico agli utenti che ricevevano il segnale Rai via satellite o per propria scelta o perché residenti in aree non coperte dal segnale terrestre".
Insomma, distribuire i contenuti su TivùSat non è sufficiente. Il contratto di servizio in essere (che la sentenza definisce errato) è ancora quello del triennio passato e ora la sentenza potrebbe influenzare il nuovo.