Anche se vai di fretta e continui a voler incastrare imperterrita mille cose in giornate la cui durata non muta. Anche se ci sono sempre le sedute di fisioterapia e tu devi continuare ad entrare ed uscire dal lavoro come una zoppicante trottola impazzita e tutti ti chiedono se adesso ti hanno dato il part time. Anche se, in detto lavoro, la gente fino a domani a mezzogiorno ti scaricherà sulla scrivania problemi capitali che pretendono soluzioni immediate e poi, dal pomeriggio, passerà a salutare, ilare e svagata, mentre a te toccherà mantenere la concentrazione per risolverli, questi benedetti problemi, visto che sei uno degli anelli finali della catena dello scaricabarile. Anche se hai ancora le ore riempite da riunioni, audit interni, colleghi stranieri in cerca di risposte che orbitano intorno alla su citata scrivania – gli stessi colleghi con cui ieri ridevi e scherzavi ad una felicemente riuscita cena aziendale e che oggi pretendono serissimi il tuo tempo, dato che tra poche ore decolla l’aereo e c’è ancora tanto da fare – ma tu sei in cronica carenza di sonno e ti ingarbugli tra inglese e francese e poi ti ritrovi a parlare in dialetto. Anche se la settimana prossima lavorerai ancora, a far quadrare gli inventari semestrali, a rispiegare per la milionesima volta ai fornitori perché è fondamentale che i conti tornino e a sorbirti per la milionesima volta i loro mugugni. Anche se tra dieci giorni te ne vai in un posto che desideri vedere da secoli ma l’unica cosa che ti preoccupa adesso è scoprire quanta distanza c’è tra una panchina e l’altra in Inghilterra perché dopo 500 metri a piedi ogni passo in più é ancora agonia e ti chiedi come diamine farai a gestirla, questa vacanza, ma non ci vuoi rinunciare. Anche se ti devi fare 120 km, incastrandoli in pausa pranzo, perché per avere un appuntamento per rx e risonanza, dove vivi, bisogna aspettare novembre mentre in città te la sbrighi dopo due giorni dall’impegnativa e non puoi aspettare perché vuoi sapere se sei tu che frigni troppo o c’è qualcosa che non va, in questo benedetto ginocchio che proprio non vuole saperne di collaborare. Anche se poi sabato te ne devi fare altri 120, di km, per recuperare i risultati così avrai tempo tutta la settimana prossima per meditarci su e ti chiedi a cosa servano la carta dei servizi e la tua cartella sanitaria on line se poi devi sempre andare a recuperare e portarti appresso tonnellate di carta e lastre. Anche se domani sera ti aspetta un’altra cena tra colleghi, perché la stagione degli spiedi è in piena fioritura e poi ci si saluta per tre settimane ma tu desideri solo dormire una notte per otto ore filate dato che appena a scrivere questo post ti stanchi a pensare a quanto è lontana la domenica di nulla e meno male che a casa c’è qualcuno che si occupa di tutto, altrimenti vivresti di espedienti tra polveri ataviche. Anche se ti è toccato arrenderti alla suadente persuasione dell’ibuprofene, proprio a te che eviti come la peste tutti i farmaci che non siano la propoli e il vicks vaporub perché dovevi attutirlo, anche solo per qualche ora, questo dolorino continuo che ti fa compagnia da tre mesi e mezzo ormai e che, evidentemente, ti si è affezionato. Anche se ci sono almeno tre email a cui hai una voglia matta di rispondere e cinque libri, accanto al letto, che ti stanno aspettando impazienti da giorni e tu ti addormenti dopo nove righe. Anche se la settimana prossima c’è un’altra lezione di tedesco e gli esercizi con le preposizioni bireggenti mica li hai finiti, figuriamoci.
Anche se tutte queste cose e altre ancora, oggi, però, un minuto l’hai trovato, per riempirti gli occhi della gloria splendida e immota del lago, lassù verso il nord. (E naturalmente non avevi una macchina fotografica decente con te…)